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CORTE DI CASSAZIONE, 17 GENNAIO 2022 N. 1242 – PRES. DORONZO; REL. AMENDOLA

di Bernardina Calafiori e Simone Brusa* 

Massima: la procedura di licenziamento collettivo può, in presenza di oggettive ragioni, essere rivolta a solo alcune unità produttive/sedi aziendali, delimitando così la platea dei “licenziabili”. In tal caso però le ragioni a supporto della delimitazione devono risultare dalla comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, comma 3 della Legge n. 223/1991.

La Corte di Cassazione è recentemente tornata a pronunciarsi (sentenza n. 1242 del 17 gennaio 2022) in materia di licenziamento collettivo e sulla possibilità (o meno) di delimitare la platea dei dipendenti oggetto della procedura.

Nella pronuncia in esame la Suprema Corte – allineandosi a plurime sentenze di Cassazione, anche recenti – riconosce l’astratta possibilità che la procedura di riduzione del personale possa essere limitata “ad un determinato reparto o settore o sede territoriale, delimitando così la platea di lavoratori destinatari della procedura.

Allo stesso tempo, la Suprema Corte ha evidenziato la necessaria correlazione tra una simile scelta datoriale e le ragioni indicate dall’azienda nella comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, comma 3 della Legge n. 223 /1991.

Secondo la Corte, infatti, la comunicazione ex art.

4 deve indicare (ed eventualmente poi provare in giudizio), “le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità lavorative che l’azienda intende concretamente espellere” così come “il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata”, oltre alle ulteriori informazioni da indicare nella comunicazione così come previsto dall’art. 4, comma 3.

Nel caso specifico affrontato dalla Suprema Corte, i Giudici, nonostante vi fossero sedi aziendali distanti centinaia di chilometri, non ritenevano legittima la delimitazione della platea operata dall’azienda. Ciò in quanto la comunicazione di apertura della procedura inviata dalla azienda alle Organizzazioni Sindacali indicava “ragioni strutturali conseguenti alla esigenza di rinnovamento delle strategie aziendali reso necessario per rimanere competitivi sul mercato” ossia esigenze di carattere “generale” – di tutto il complesso aziendale e non di singole sedi – che avrebbero dovuto comportare il coinvolgimento nella procedura dell’intero organico aziendale.

E, sempre secondo la sentenza in esame, il vizio sopra descritto avrebbe comportato non una mera violazione c.d. “procedurale” (che avrebbe comportato una indennità economica a favore dei lavoratori licenziati), ma una violazione sostanziale in merito all’applicazione dei “criteri di scelta” che sarebbero stati erroneamente riferiti “ad una platea di licenziabili illegittimamente  delimitata”,  con  conseguente applicazione dell’art. 18, 4° comma St. Lav. e la relativa tutela reintegratoria dei lavoratori interessati dal provvedimento espulsivo definito illegittimo.

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