CASS. CIV., SEZ. LAV., 25.10.2022 N. 31508 – VERSAMENTO IN ECCESSO DI CONTRIBUTI PREVIDENZIALI: A CHI SPETTA L’AZIONE DI RIPETIZIONE?

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di Bernardina Calafiori e Alessandro Montagna*

La Corte di Cassazione, con la pronunzia in commento, ha dettato una serie di principi importanti in tema di azione di legittimazione all’azione di ripetizione dei contributi previdenziali versati in eccesso.

Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte scaturiva dalla rivendicazione di un dipendente il quale lamentava la lesione del suo diritto alla corresponsione di una retribuzione adeguata, sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista qualitativo, alla prestazione svolta, in quanto il datore di lavoro – operando una trattenuta, a fini previdenziali, maggiore di quella dovuta – gli avrebbe, in definitiva, corrisposto una retribuzione inferiore rispetto a quella a lui spettante.

Investita della questione, la Suprema Corte ha, anzitutto, rilevato che, in tema di obbligazione contributiva nelle assicurazioni obbligatorie, il datore di lavoro – che, ai sensi della legge n. 218 del 1952, art. 19, è responsabile del pagamento dei contributi anche per la parte a carico dei lavoratori che egli trattiene sulla retribuzione corrisposta ai medesimi – è direttamente obbligato verso l’ente previdenziale anche per la parte a carico dei lavoratori dei quali non è rappresentante ex lege.

Il tenore letterale della suddetta norma – che, ai fini che qui rilevano, prevede testualmente che “il contributo a carico del lavoratore è trattenuto dal datore di lavoro sulla retribuzione corrisposta al lavoratore stesso alla scadenza del periodo di paga cui il contributo si riferisce” – depone inequivocabilmente in tal senso.

Alla luce di ciò, dunque, il datore di lavoro deve ritenersi quale unico soggetto legittimato all’azione di ripetizione nei confronti dell’ente, anche con riguardo alla quota predetta, fermo restando il diritto del lavoratore che abbia subito l’indebita trattenuta all’azione nei confronti del datore di lavoro che abbia eseguito la trattenuta stessa.

Proprio in merito a tale ultima eventualità, la Suprema Corte ha puntualizzato che il credito azionato dal lavoratore ha natura retributiva sicché, da un lato, ad esso si applicano la prescrizione quinquennale ex art. 2948 c.c., n. 4, e l’art. 429 c.p.c., in materia di interessi e rivalutazione e, dall’altro, esso può essere fatto valere indipendentemente dall’avvenuto rimborso in favore del datore di lavoro dei contributi indebitamente versati.

Proprio sotto tale profilo, poi, la Suprema Corte, richiamando una serie di precedenti pronunzie di analogotenore(Cass. civ., sez. lav. 16.6.2001, n. 8175; Cass., sez. lav., 25.9.2002, 13936) ha specificato che il rapporto retributivo si instaura solo tra datore e prestatore di lavoro, ed all’interno di esso hanno natura retributiva anche le somme trattenute dal datore di lavoro e relative alla quota di contributi a carico del lavoratore; con la conseguenza, in definitiva, che legittimato passivo nell’azione di adempimento proposta dal lavoratore al quale siano state indebitamente trattenute sulla retribuzione è solo il datore di lavoro, al quale il lavoratore può richiedere direttamente il pagamento della percentuale di retribuzione non corrisposta, perché indebitamente trattenuta, posto che il diritto alla integrità della retribuzione non è decurtabile, se non nei rigorosi limiti imposti dalla necessità, a carico del datore di lavoro, di adempiere all’obbligazione contributiva

* Avvocato Studio Legale Daverio & Florio

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