Corte di Cassazione – Ordinanza 13 ottobre 2021, N. 27934, Pres. Raimondi, Rel. Pagetta

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di Bernardina Calafiori e Simone Brusa*

Il preavviso non ha efficacia reale, ma ha efficacia obbligatoria, con la conseguenza che nel caso in cui una delle parti eserciti la facoltà di recedere con effetto immediato, la parte non recedente, che abbia rinunciato al preavviso, nulla deve alla controparte

 

Una società, a fronte delle dimissioni volontarie comunicate da un dipendente, lo esonerava dal lavorare il periodo di preavviso. Il dipendente presentava ricorso per decreto ingiuntivo per richiedere comunque la relativa indennità sostitutiva in quanto sebbene non avesse lavorato il periodo di preavviso, egli non avrebbe espresso alcuna volontà di rinunzia alla relativa indennità.

Veniva emesso decreto ingiuntivo in favore del dipendente a cui la società si opponeva con ricorso in opposizione. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello respingevano il ricorso della società, sul presupposto che la rinuncia al periodo di preavviso da parte della società, non esonera la stessa dal pagamento della relativa indennità sostitutiva. La società ricorreva pertanto in Cassazione.

La Suprema Corte richiamava in primo luogo la ratio del preavviso ossia “attenuare per la parte che subisce il recesso – che è atto unilaterale recettizio di esercizio di un diritto potestativo – le conseguenze pregiudizievoli della cessazione del contratto”.

In secondo luogo, la Corte richiamava l’orientamento oramai consolidato secondo cui il preavviso avrebbe natura “obbligatoria” e non “reale”.

Infatti, è principio oramai consolidato che la parte recedente (in questo caso il lavoratore dimissionario) “è libera di optare tra la prosecuzione del rapporto durante il periodo di preavviso e la corresponsione a controparte dell’indennità (con immediato effetto risolutivo del recesso)”.

Allo stesso modo, nel caso di scelta del lavoratore per l’interruzione immediata si configura un diritto di credito in favore della Società, dalla stessa liberamente rinunziabile.

Sulla base di tali premesse la Corte è quindi arrivata ad affermare (cassando la sentenza di appello) che “dalla natura obbligatoria dell’istituto in esame discende che la parte non recedente, che abbia – come nel caso di specie

– rinunziato al preavviso, nulla deve alla controparte, la quale non può vantare alcun diritto alla prosecuzione del rapporto di lavoro fino a termine del preavviso; alcun interesse giuridicamente qualificato è, infatti, configurabile in favore della parte recedente”.

Il principio risulta innovativo ma ciò potrebbe tuttavia essere in contrasto con alcune disposizioni specifiche prevista dai contratti collettivi.

* Avvocato Studio Legale Daverio & Florio

 

 

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