LICENZIAMENTO PER RECIDIVA: COME CONTESTARLO?

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di Giada Rossi*

Nel perimetro della procedura per licenziamenti disciplinari di cui all’art. 7 Statuto dei Lavoratori, non sono mancati nella prassi dubbi e contrasti sulla corretta interpretazione dei requisiti necessari fondanti il cosiddetto licenziamento per recidiva, sovente menzionato nei contratti collettivi nazionali, ma non dettagliatamente disciplinato.

Per licenziamento per recidiva si intende un recesso datoriale fondato su un inadempimento del lavoratore, ad obblighi di legge e di contratto, in sé non di tale gravità da legittimare una sanzione espulsiva, ma che può condurre alla risoluzione del rapporto di lavoro in caso di infrazioni contestate e sanzionate nei due anni precedenti o in più brevi periodi individuati dai contratti collettivi.

Atitoloesemplificativo,fraipiùdiffusicontratticollettivi, basti menzionare il Ccnl Terziario Confcommercio, che prevede la sanzione del licenziamento disciplinare in caso di “recidiva nei ritardi ingiustificati oltre la quinta volta nell’anno solare, dopo formale diffida per iscritto”, nonché di “recidiva, oltre la terza volta nell’anno solare, in qualunque delle mancanze che prevedono la sospensione”; o ancora il Ccnl Metalmeccanica Industria, che dispone il licenziamento con preavviso per casi di recidiva in condotte, tipizzate nel Ccnl stesso, in ragione delle quali siano stati precedentemente irrogati due provvedimenti di sospensione.

Come per ogni licenziamento disciplinare, in virtù dell’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, anche il recesso datoriale fondato su un reiterato inadempimento del lavoratore deve essere preceduto da una formale contestazione al lavoratore, contenente la descrizione del fatto contestato e recante un termine per il lavoratore onde fornire eventuali giustificazioni. Solo all’esito del predetto iter, il datore di lavoro potrà irrogare la sanzione disciplinare, eventualmente di natura espulsiva.

Dubbi e problematiche sono tuttavia sorti circa il contenuto minimo della contestazione disciplinare ai fini della legittimità del licenziamento originato dalla recidiva in condotte integranti illecito disciplinare e, nello specifico, la necessità o meno di elencare in dettaglio i precedenti disciplinari ai fini della completezza della contestazione.

Sul punto, è fondamentale tenere a mente il distinguo operato dalla giurisprudenza fra il caso in cui la recidiva sia un elemento costitutivo dell’addebito oggetto di contestazione e quello in cui la recidiva rappresenti meramente un criterio di valutazione della giusta causa del licenziamento, quindi un precedente negativo della condotta, atto a determinare la sanzione proporzionata da irrogare per l’infrazione disciplinare commessa.

La prima ipotesi ha luogo in tutti in casi in cui il Ccnl sanzioni con il “licenziamento” la recidiva in alcune specifiche mancanze; trattasi di infrazioni che, singolarmente considerate, condurrebbero ad una sanzione di natura conservativa ma che, se reiterate, possono comportare la risoluzione del rapporto di lavoro.

In detti casi, è principio consolidato che la preventiva contestazione dell’addebito al lavoratore incolpato debba riguardare, a pena di nullità della sanzione, indi di illegittimità del licenziamento stesso, anche la recidiva o comunque i precedenti disciplinari che la integrano (ex multis Cassazione civile, sez. lav., 25/11/2010 n. 23924, Cassazione civile, sez. lav., 23/12/2002 n. 18294).

La recidiva quivi rappresenta infatti un elemento costitutivo dell’addebito stesso, che necessariamente dovràesserecontenutonellacontestazionedisciplinare mediante precisa indicazione dei precedenti disciplinari, in relazione ai quali il lavoratore sarà dunque messo in condizione di poter argomentare o controdedurre.

Ai fini della completezza della contestazione, è stato invece ritenuto non necessario l’utilizzo dello specifico termine “recidiva”, essendo per contro sufficiente che siano riportati i singoli precedenti disciplinari fondanti la stessa (Tribunale Modena, sez. lav., 3 dicembre 2019, n. 353).

Di segno opposto gli approdi giurisprudenziali nel caso in cui la recidiva non abbia natura costitutiva dell’addebito. Le corti di merito e di legittimità escludono infatti la necessità della preventiva contestazione dei precedenti disciplinari ove la recidiva venga in rilievo non quale elemento costitutivo del complesso addebito formulato, ma quale mero precedente negativo della condotta, rilevante ai fini della determinazione della sanzione proporzionata alla condotta contestata (vedasi ex multis Cassazione civile, sez. lav. nn. 30564 e 1909 anno 2018).

Quanto sopra si verifica nel caso in cui determinati fatti, disciplinarmente apprezzabili e richiamati nella lettera di licenziamento, possono influire sulla valutazione effettuata dal datore di lavoro, sotto il profilo della gravità della condotta contestata e della proporzionalità della sanzione irrogata.

In altri termini, come ben precisato dalla Corte d’Appello di Milano nella sentenza del 07/02/2020 n. 246, un comportamento che isolatamente considerato ha un certo rilievo, può acquistare un valore peggiorativo se valutato insieme ad altri, espressamente richiamati e presenti nella storia pregressa del lavoratore, al fine di compromettere ulteriormente il vincolo fiduciario la cui violazione è alla base della giusta causa di licenziamento.

In siffatto contesto, non sussiste inoltre alcuna preclusione nel prendere in esame sanzioni disciplinari anteriori al biennio o financo infrazioni in ultimo non sanzionate, trattandosi invero di elementi il cui apprezzamento può consentire una più corretta e completa valutazione del comportamento del lavoratore, sempre nell’ottica dell’applicazione del principio di proporzionalità.

In sintesi, per individuare la natura costitutiva o meno della recidiva, è necessario ricorrere all’applicazione dei criteri ermeneutici codicistici, di cui agli artt. 1362 ss c.c., con riferimento alle previsioni della contrattazione collettiva applicabile.

A fronte di condotte punibili con la sanzione conservativa della sospensione, il datore di lavoro può quindi applicare la più grave sanzione espulsiva solamente in forza dell’operatività della recidiva. In tal caso, rappresentando la recidiva un elemento costitutivo della mancanza addebitata, dovrà essere preventivamente ed espressamente contestata, mediante l’indicazione dei precedenti disciplinari, ai fini della legittimità del recesso.

Esaminato il tema del necessario contenuto della contestazione in caso di recidiva, non può trascurarsi l’ulteriore elemento decisivo per il vaglio di legittimità del licenziamento per recidiva, ovverosia il potere e dovere del giudicante di verificare la gravità in concreto degli addebiti onde verificarne la proporzionalità rispetto alla sanzione irrogata.

Con la recente pronuncia della Suprema Corte n. 15566 del giorno 10.06.2019, che rimanda a autorevoli precedenti conformi quali Cassazione civile, sez. lav., 8098/1992 e 26741/2014, è stato ribadito come la previsione da parte della contrattazione collettiva della recidiva in successive mancanze disciplinari, come ipotesi di giustificato motivo di licenziamento, non esclude il potere del giudice di valutare la gravità in concreto dei singoli fatti addebitati, ancorché connotati dalla recidiva, ai fini dell’accertamento della proporzionalità della sanzione espulsiva.

Nel nostro ordinamento vigono norme inderogabili e protezionistiche a favore del lavoratore, quali l’art. 3 l. 604/66, l’art. 7 l. 300/70, nonché l’art. 2119 c.c., che sanciscono che la sanzione conclusiva di un procedimento disciplinare debba essere sempre proporzionata all’infrazione commessa.

Per la corte di legittimità dunque risulterebbero inapplicabili, per contrasto con norme imperative dello Stato, le ipotesi automatiche di sanzioni disciplinari conservative o espulsive tipizzate dalla contrattazione collettiva ove prescindano dalla valutazione della proporzionalità delle stesse rispetto alle infrazioni commesse dal lavoratore, sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo.

A ciò consegue che la previsione da parte della contrattazione collettiva della recidiva, in relazione a precedenti mancanze, come ipotesi di licenziamento, non esclude il potere-dovere del giudice di valutare la gravità dell’addebito ai fini della proporzionalità della sanzione espulsiva.

In conclusione, di fronte a reiterati inadempimenti del lavoratore, si dovrà procedere ad una attenta analisi della natura di tali precedenti, precisamente se debbano considerarsi elementi costitutivi l’addebito oppure meri elementi rafforzativi nella valutazione della lesione del vincolo fiduciario. Nel primo caso sarà quindi necessario inserire nella contestazione i singoli precedenti disciplinari, essendo i medesimi parte integrante dell’addebito siccome previsto dal Ccnl applicato. In ultimo, tuttavia, il giudicante potrà comunque criticare la sanzione espulsiva e quindi dichiarare illegittimo il licenziamento intimato, laddove ritenga la sanzione, seppur rispettosa dei dettami della contrattazione collettiva, non proporzionata all’infrazione.

*Avvocato in Milano

 

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