L’ONERE CONTRIBUTIVO DEL LICENZIAMENTO

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di Pietro Alosi Masella*

Spesso i datori di lavoro restano “sorpresi” dall’obbligo del versamento di una quota contributiva aggiuntiva dovuta in caso di licenziamento. Difatti, la disposizione suscita perplessità, prevedendo tale contributo anche per i licenziamenti per giusta causa o altre motivazioni che, nei fatti, violano in modo evidente i patti contrattuali.

Ai sensi della legge numero 92/2012 (“Legge Fornero”) articolo 4 comma 31, nei casi di “interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all’ASpI” è dovuta dall’azienda una “somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni”.

Il contributo è strettamente correlato all’anzianità aziendale del lavoratore cessato, ma scollegato dall’importo della prestazione individuale e, conseguentemente, lo stesso è dovuto in misura identica a prescindere dalla tipologia di lavoro, che esso sia part-time o full-time.

Questo è uno dei chiarimenti dell’Inps contenuti nella circolare n. 40 del 2020, che fornisce un quadro riepilogativo delle tipologie di cessazione del rapporto di lavoro per le quali è obbligatorio il versamento del ticket, compresa l’ipotesi di risoluzione per scivolo pensionistico nell’ambito del contratto di espansione. Il contributo è interamente a carico del datore di lavoro e va calcolato in proporzione ai mesi di anzianità aziendale. Come abbiamo visto, il calcolo del ticket deve essere effettuato tenendo conto dell’anzianità del lavoratore e, nel caso di trasformazione a tempo indeterminato di un precedente rapporto a termine, dovrà essere considerata per intero la durata del rapporto comprendendo dunque anche il periodo di vigenza del contratto a termine.

Tutte le tipologie di licenziamento ricadono nell’obbligo del cosiddetto ticket NASpI. Parliamo di:

  • licenziamento per giustificato motivo soggettivo;
  • licenziamento per giusta causa;
  • licenziamento per giustificato motivo oggettivo;
  • licenziamento durante o al termine del periodo di prova;
  • licenziamento per superamento del periodo di comporto;
  • licenziamento del lavoratore intermittente (esclusivamente per i periodi lavorati che concorrono al computo dell’anzianità aziendale);
  • recesso, del datore, dal rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo;

Oltre che per i licenziamenti di cui sopra, il contributo è dovuto in caso di:

  • dimissioni per giusta causa (per mancato pagamento dello stipendio, o in taluni casi ritardato pagamento delle retribuzioni; omesso versamento dei contributi previdenziali; molestie sessuali da parte del datore; mobbing; pretesa del datore affinché il dipendente compia atti o condotte illecite; ingiurie del superiore gerarchico nei confronti del sottoposto; modificazioni particolarmente peggiorative delle mansioni, al di fuori dei casi di demansionamento consentiti dalla legge);
  • dimissioni nel periodo tutelato per maternità;
  • risoluzione consensuale  a  seguito  della conciliazione obbligatoria presso la Direzione Territoriale del Lavoro nei casi in cui il datore voglia  licenziare  per  giustificato  motivo oggettivo;
  • risoluzione consensuale del rapporto a seguito del rifiuto del lavoratore al trasferimento ad altra unità produttiva distante oltre 50 km dalla sua residenza, o mediamente raggiungibile in oltre 80 minuti con i mezzi di trasporto

Come si calcola il contributo

Il valore è pari al 41% del massimale mensile di NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto alla NASpI. In particolare, l’Istituto precisa che i mesi di lavoro diversi  dal  primo  e  dall’ultimo  devono  essere considerati mesi interi, indipendentemente dal numero di giornate lavorate, fermo restando che nel computo dell’anzianità aziendale non si deve tener conto dei periodi di congedo richiesti dal coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata (articolo 42, comma 5, del decreto legislativo n. 151/2001), né dei periodi richiesti per aspettativa non retribuita.

Inoltre, sempre ai fini del computo dell’anzianità lavorativa, oltre ai periodi di lavoro a tempo indeterminato, devono essere considerati periodi utili anche quelli in cui il lavoratore sia stato assunto alle dipendenze dello stesso datore con tipologia di contratto a termine, qualora il datore di lavoro abbia beneficiato della restituzione del contributo addizionale (articolo 2, comma 30, della legge n. 92/2012).

Infine, nel periodo di lavoro va computata anche la parte di rapporto svolta alle dipendenze dell’azienda cedente, in caso di operazioni societarie disciplinate dagli articoli 2112 o 1406 del codice civile.

Una volta calcolato, il contributo va versato in unica soluzione entro e non oltre il termine di versamento della denuncia successiva a quella del mese in cui si verifica l’interruzione del rapporto di lavoro.

L’Inps, ogni anno, con apposita circolare, aggiorna l’importo da versare relativo al ticket licenziamento. Per l’anno 2022, mediante la circolare n. 26 del 16 febbraio 2022, ha aggiornato tale contributo:

considerato che per il 2022 il massimale è pari ad euro 1.360,77, per ogni 12 mesi di anzianità aziendale è dovuto un contributo di 1.360,77 * 41% = 557,92 euro; per chi ha un’anzianità pari o superiore a 36 mesi il contributo è pari a: 557,92 * 3 = 1.673,76 euro;

se il rapporto ha avuto una durata inferiore all’anno, il contributo è riproporzionato in mesi: 557,92 / 12 = 46,49 euro mensili.

Esonero Ticket di licenziamento per le imprese in fallimento

Con il messaggio n. 1400 del 29 marzo 2022, l’Inps ha comunicato che le società sottoposte a procedura fallimentare  o  in  amministrazione  straordinaria destinatarie negli anni 2019, 2020 e 2021 di CIG straordinaria, limitatamente ai lavoratori ammessi all’integrazione salariale, sono esonerate anche per il 2022 dal pagamento delle quote di accantonamento del trattamento di fine rapporto maturate sulla retribuzione persa e dal versamento del contributo di licenziamento in oggetto.

Cosa è accaduto di grave con la circolare 137/2021? L’Inps  ha  ribaltato  le  modalità  di  calcolo precedentemente illustrate.

Infatti, mentre nella circolare 44/2013, l’Istituto aveva affermato, in contrasto con quanto stabilito dall’articolo 2, c.7 della legge n.92/2012, che il parametro su cui calcolare la NASpI fosse la soglia di riferimento per determinare l’importo della prestazione mensile spettante al lavoratore, ora, nella circolare 137 del 17/09/2021, afferma invece che il parametro corretto è il massimale annuale NASpI.

L’importo del massimale è naturalmente maggiore della soglia di riferimento, pertanto scaturisce un maggiore importo dovuto dai datori di lavoro, i quali, fino all’emissione della circolare 137/2021 non avevano fatto altro che applicare pedissequamente le disposizioni contenute nella circolare 44/2013.

Cosa rischiano le aziende?

L’Inps provvederà con successivo messaggio a fornire istruzioni per recuperare le differenze.

Per fare un esempio, in caso di licenziamento di un lavoratore a tempo indeterminato in forza 3 anni, avvenuto a dicembre 2020, il contributo versato è stato di € 1.509,90. Alla luce di quanto esposto dalla circolare 137/2021, l’importo corretto è invece di € 1.642,54, con una differenza dovuta di € 132,64. Considerando che l’importo è dovuto in misura doppia in caso di licenziamento collettivo, e addirittura tripla in caso di licenziamento collettivo senza accordo, si intuisce facilmente la portata di tale cambiamento di rotta, con possibili ulteriori aggravi di interessi e sanzioni.

Dal  momento  che  i  datori  di  lavoro  hanno correttamente versato seguendo le istruzioni che lo stesso Istituto ha diramato, sarebbe auspicabile mettere un punto fermo a quanto accaduto prima della circolare 137/2021, senza recuperare alcunché, dato anche il delicato momento storico nel quale operano le aziende che, dopo il blocco causato dal Covid, cercano di riprendersi dalla crisi con tutte le limitazioni ancora in vigore.

*Odcec Roma

 

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