REGIME IMPATRIATI: NORMATIVA E APPLICAZIONI PRATICHE

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di Paolo Soro* 

Il regime agevolativo dei lavoratori impatriati per le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia ha visto la sua iniziale formulazione il 14 settembre 2015 con l’art. 16 del d.lgs. 147/2015 (c. d. Decreto Internazionalizzazione), ma solo di recente, anche a seguito di talune modifiche apportate dal Legislatore e degli indispensabili chiarimenti diramati dall’Agenzia delle entrate, sembra aver preso piede in maniera particolarmente rilevante.

Più nello specifico, in ottica normativa, l’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147 è stato oggetto di modifiche operate dall’articolo 5 del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (convertito dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), in vigore dal 1° maggio 2019. Tali modifiche hanno trovato applicazione ai sensi del comma 2 del citato articolo 5 del Decreto Crescita, in funzione delle variazioni stabilite dall’articolo 13-ter, comma 1, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito in legge 19 dicembre 2019, n. 157.

La composita normativa in parola è stata inoltre oggetto di intervento da parte dell’Amministrazione finanziaria, dapprima con la circolare 17/E del 23 maggio 2017 (che però concerneva in generale tutti i regimi agevolativi per le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia – non solo i lavoratori impatriati), e successivamente con la circolare 33/E del 28 dicembre 2020 (specificamente emanata per fornire chiarimenti soltanto sul regime dei lavoratori impatriati). Oltre a ciò, l’Ufficio si è poi naturalmente espresso in numerosissime ulteriori occasioni con svariate risoluzioni relative a talune particolari fattispecie pratiche.

Il regime qui oggetto di analisi rientra dunque tra quelle misure di favore previste per le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia per svolgervi un’attività lavorativa subordinata o autonoma. Con precipuo riguardo a quanto di interesse in questa sede, verrà analizzato esclusivamente il caso del lavoro dipendente.

In ossequio alla sopra richiamata normativa, occorre preliminarmente differenziare tra coloro che hanno trasferito la residenza in Italia entro il 29 aprile 2019 e chi invece è arrivato in data successiva.

Trasferimenti avvenuti entro il 29 aprile 2019

I) Manager e lavoratori con elevata qualificazione e specializzazione

Per tali posizioni devono intendersi dirigenti, quadri o anche impiegati con funzioni direttive. Tra i lavoratori beneficiari dell’agevolazione con elevata qualificazione o  specializzazione  (a  differenza  dei  manager propriamente detti), rientrano peraltro anche coloro che non necessariamente ricoprono ruoli direttivi o svolgono mansioni afferenti all’alta specializzazione. Tali requisiti di elevata qualificazione e specializzazione si verificano invero nelle ipotesi di conseguimento di un titolo di istruzione superiore, rilasciato da autorità competenti nel Paese dove è stato conseguito, che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale e della relativa qualifica professionale superiore, rientrante nei livelli 1 (legislatori, imprenditori e alta dirigenza), 2 (professioni intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione) e 3 (professioni tecniche) della classificazione Istat delle professioni CP 2011, attestata dal Paese di provenienza e riconosciuta in Italia.

Il reddito imponibile su cui viene calcolata l’imposizione fiscale è pari al 50%. Detta agevolazione è applicabile per un massimo di 5 anni decorrenti dall’anno di trasferimento della residenza fiscale in Italia ed è rivolta a tutte le persone fisiche, cittadini e non dell’UE, che trasferiscono in Italia la residenza fiscale. Nel dettaglio, l’agevolazione:

  1. Riguarda anche lavoratori non laureati (manager)
  2. Non è ammessa per il lavoro presso le Pubbliche Amministrazioni
  3. Decade se non permane la residenza per 2 anni in Italia.

Più in dettaglio, quanto ai requisiti di accesso, è necessario:

  1. Non essere stati residenti in Italia nei 5 periodi d’imposta precedenti l’impatrio
  2. Trasferire la residenza fiscale in Italia ai sensi dell’art. 2 del TUIR
  3. Impegnarsi a permanere per minimo 2 anni in Italia
  4. Prestare l’attività lavorativa nel territorio italiano per la maggior parte dell’anno d’imposta (oltre 183 giorni)
  5. Se dipendenti,  lavorare  presso  un’impresa residente, anche in forza di distacco da impresa estera e rivestire ruoli direttivi o essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione

In particolare, con riguardo al punto 4, in caso di successivi rapporti di lavoro, la verifica circa la prevalenza dello svolgimento dell’attività in Italia dev’essere  effettuata  tenendo  conto  dell’attività lavorativa svolta nell’intero periodo d’imposta. Nel computo rientrano, non solo i giorni lavorativi, ma anche le ferie, le festività, i riposi settimanali e altri giorni non lavorativi. Viceversa, non possono essere conteggiati i giorni di trasferta di durata superiore a 183 giorni, o il distacco all’estero. Se il requisito sussiste solo per alcuni periodi d’imposta compresi nel quinquennio per il quale è possibile fruire del beneficio, il lavoratore potrà fruirne per i soli anni in cui il requisito sarà soddisfatto, fermo restando che gli altri anni concorreranno comunque al computo del quinquennio.

Esempio: il periodo concerne gli anni 2020, 2021, 2022, 2023, 2024; nel 2021 e nel 2023 il dipendente è mandato in distacco all’estero per 7 mesi; l’agevolazione spetta solo per 3 anni: 2020, 2022 e 2024.

Inoltre, a chiarimento di quanto indicato nel punto 5, la circolare 17/E-2017 dell’Agenzia ha precisato che la nozione d’impresa residente comprende qualsiasi soggetto giuridico che eserciti attività economica consistente nell’offerta di beni e servizi sul mercato, a prescindere dallo status giuridico, dalla forma organizzativa e dalle modalità di finanziamento, ed escluse le PA. Rilevano sia i rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato che quelli a tempo indeterminato, nonché i rapporti di lavoro fiscalmente assimilati a quelli di lavoro dipendente.

II) Impatriati in possesso di laurea

La specifica disciplina concernente i lavoratori in possesso di laurea (ferma restando entità e durata dell’agevolazione: 50% per 5 anni) prevede talune differenze.

L’agevolazione è infatti rivolta a tutte le persone fisiche cittadini UE e cittadini di Stati extra UE (solo però quegli Stati con i quali sia in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni fiscali), che trasferiscono in Italia la residenza fiscale. Nello specifico, la misura agevolativa:

  • Riguarda solo lavoratori laureati
  • È ammessa per il lavoro presso le Pubbliche Amministrazioni
  • Decade se non permane la residenza per 2 anni in Italia

Relativamente ai requisiti di accesso, occorre:

  • Essere – ovviamente – laureati
  • Aver svolto continuativamente attività di lavoro dipendente all’estero negli ultimi 24 mesi, oppure, aver continuativamente  studiato  all’estero negli ultimi 24 mesi e aver conseguito un titolo accademico di laurea o di specializzazione post- laurea
  • Trasferire la residenza fiscale in Italia
  • Impegnarsi a permanere per 2 anni in Italia Peraltro, l’oggetto dell’attività lavorativa da svolgere in Italia può anche non essere coerente con il titolo di studio Se derivante da rapporto di lavoro dipendente, essa può essere svolta indifferentemente presso imprese o enti pubblici o privati, e non necessariamente presso enti che esercitano attività commerciale (come previsto invece per i manager e per i lavoratori qualificati o specializzati).

 

Proroga alla durata dell’agevolazione

L’articolo 1, comma 50 della L 178/2020 (Legge di Bilancio 2021) ha inserito il comma 2-bis nell’art. 5 del DL 34/2019 prevedendo la possibilità, per i lavoratori impatriati fino al 29 aprile 2019, di prolungare il beneficio per ulteriori 5 periodi d’imposta. A tale proposito, la disposizione prevede il possesso dei seguenti tre requisiti in capo ai lavoratori impatriati:

  1. Siano stati iscritti all’AIRE oppure, alternativamente, siano cittadini di Stati membri dell’UE

2. Abbiano trasferito la residenza in Italia prima del 30 aprile 2019

3. Al 31 dicembre 2019 risultino beneficiari del regime dei lavoratori impatriati

L’opzione si esercita entro il 30 agosto dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione (esempio: se il periodo si è concluso il 31 dicembre 2020, entro il 30 agosto 2021), mediante il versamento di:

  • Un importo pari al 10% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia, oggetto dell’agevolazione (nella loro misura effettiva, quindi non solo per la parte imponibile), relativi al periodo d’imposta precedente a quello d’esercizio dell’opzione, se, a tale ultima data, il soggetto:
  • Ha almeno 1 figlio minorenne (anche in affido preadottivo)

Oppure

  • È diventato o diventerà proprietario di almeno un’unità immobiliare residenziale in Italia
  • Un importo pari al 5%, conteggiato con le medesime modalità di cui sopra, se:
  • Ha almeno 3 figli minorenni (anche in affido preadottivo)

In entrambi i casi, il requisito di essere o diventare proprietario  di  almeno  un’unità  immobiliare residenziale in Italia è soddisfatto se l’acquisto, alternativamente:

  • È avvenuto nei 12 mesi precedenti il trasferimento in Italia
  • È avvenuto successivamente al trasferimento in Italia
  • Avverrà entro 18 mesi dalla data d’esercizio dell’opzione (pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza applicazione di sanzioni)

L’unità  immobiliare  può  essere  acquistata  dal lavoratore, oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà (deve comunque trattarsi dell’acquisizione del diritto di proprietà). Oltre al versamento di cui sopra, è necessario poi presentare apposita richiesta scritta al sostituto d’imposta, il quale applica l’agevolazione dal periodo di paga successivo. Nell’ipotesi in cui il lavoratore non fruisse (in tutto o in parte) dell’agevolazione spettante, farà valere tale credito in sede di dichiarazione annuale personale dei redditi.

Trasferimenti avvenuti dopo il 29 aprile 2019  L’articolo 5 del DL 34/2019 (Decreto Crescita) ha modificato i requisiti di accesso e la misura dell’agevolazione, ampliando e rendendo ancora più conveniente il regime fiscale per i soggetti che trasferiscono dal 2020 la residenza fiscale in Italia.

La nuova agevolazione decorre:

  • Dal periodo d’imposta 2019, per i soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia tra il 30 aprile 2019 e il 2 luglio 2019
  • Dal periodo d’imposta 2020 (o successivi), per i soggetti che hanno trasferito la residenza in Italia a partire dal 3 luglio 2019

Con riferimento ai requisiti richiesti, i lavoratori:

  • Non devono essere stati residenti in Italia nei 2 periodi d’imposta precedenti il trasferimento
  • S’impegnano a risiedere per almeno 2 anni in Italia

Inoltre, l’attività lavorativa dev’essere effettivamente prestata prevalentemente nel territorio italiano, requisito da accertare in concreto soprattutto nelle ipotesi di telelavoro, lavoro agile e smart working (sparisce,  invece,  qualsivoglia  requisito  relativo all’elevata qualificazione e/o specializzazione).

Infine, per espressa previsione dell’art. 16, comma 5-ter, D.lgs. 147/2015, possono accedere all’agevolazione anche i cittadini italiani non iscritti all’AIRE, rientrati in Italia dal 1° gennaio 2020, purché abbiano avuto, nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento, la residenza in un altro Stato ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi.

I redditi ammessi all’agevolazione concorrono alla formazione del reddito imponibile IRPEF, nella misura del 30% (quindi, con un’esenzione pari al 70% del loro ammontare). Per i contribuenti che trasferiscono la residenza in una delle regioni del mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia), l’esenzione sale fino al 90%, ossia con la parte imponibile pari soltanto al 10% del reddito prodotto.

A tale ultimo proposito, si ricorda che il Decreto Fiscale ha esteso le maggiori agevolazioni già disposte nei confronti dei lavoratori che trasferiscono la residenza nel Paese dal periodo d’imposta 2020, anche con riguardo a quei lavoratori rientrati in Italia a partire dal 30 aprile 2019, i quali, in assenza della suddetta previsione normativa, avrebbero comunque goduto dell’agevolazione in parola ma nella versione meno favorevole (detassazione del 50% e non del 70% del reddito prodotto in Italia), correggendo così l’evidente disparità di trattamento tra i soggetti che sarebbero rientrati dal 2020 e quelli già rientrati a decorrere dal 30 aprile 2019. Ne consegue che, come indicato nella circolare 33/E dell’Agenzia delle entrate:

“In presenza dei requisiti e delle condizioni previste dalla normativa, i contribuenti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia a partire dal 30 aprile 2019 possono beneficiare del regime agevolativo in questione, secondo le novellate disposizioni in vigore dal 1° maggio 2019”.

Vale a dire:

  • A partire dal periodo d’imposta 2019, laddove abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia con decorrenza dal 30 aprile ed entro il 2 luglio 2019
  • Ovvero
  • A partire dal periodo d’imposta 2020, laddove abbiano trasferito la residenza fiscale in Italia a decorrere dal 3 luglio 2019

Esempio, in presenza di tutti i requisiti richiesti dalla norma, un soggetto che ha trasferito la residenza fiscale in Italia:

  1. II10 marzo 2019 (ossia, prima del 30 aprile 2019), potrà beneficiare del regime agevolato nella versione in vigore fino al 29 aprile 2019 (detassazione del reddito al 50% per tutto il quinquennio), a decorrere dal periodo d’imposta 2019
  2. Il 16 giugno 2019, potrà beneficiare del regime agevolato nella versione in vigore dal 1° maggio 2019 (detassazione del reddito al 70% per tutto il quinquennio), a decorrere dal periodo d’imposta 2019
  3. Il 7 luglio 2019, potrà beneficiare del regime agevolato nella versione in vigore dal 1° maggio 2019 (detassazione del reddito al 70% per tutto il quinquennio), a decorrere dal periodo d’imposta 2020

Tenuto conto del tenore letterale della legge, a giudizio dell’Agenzia delle entrate, la misura della detassazione del  reddito  dev’essere  applicata  uniformemente in maniera costante per l’intero arco temporale. Conseguentemente,  se  il  contribuente  usufruiva del regime di detassazione del reddito nella misura del 50%, non potrà usufruire del maggior regime di vantaggio (detassazione al 70%) per i residui periodi d’imposta del quinquennio agevolabile.

Proroga alla durata dell’agevolazione

Attenzione a non fare confusione: decorso il primo quinquennio con l’agevolazione spettante di diritto in base alla data di trasferimento della residenza in Italia, è evidentemente possibile godere del regime agevolato per ulteriori 5 periodi d’imposta (laddove ne sussistano le altre condizioni), applicando la diversa percentuale d’esenzione all’uopo prevista:

I)Esenzione al 50% del reddito prodotto, in presenza di:

  • Almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo

Oppure

  • Nel caso in cui venga acquistata un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, sia dopo il trasferimento che nei 12 mesi precedenti al trasferimento (l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore, oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà)

II) Esenzione al 90% del reddito prodotto, se:

  • I figli minorenni o a carico o in affido sono almeno 3

Ovviamente, le condizioni sopra citate (al verificarsi delle quali è riconosciuto l’ampliamento dei periodi d’imposta agevolabili) non sono tra loro cumulabili, e pertanto l’ampliamento è possibile solo per ulteriori 5 periodi di imposta. Al di là di questo, la detassazione del reddito, fermi e impregiudicati tutti gli altri specifici requisiti di legge, potrebbe essere comunque fruibile complessivamente su un arco temporale massimo di 10 anni.

L’estensione del beneficio temporale in presenza di almeno un figlio minorenne o a carico, anche in affido preadottivo, è riconosciuta sia qualora il figlio sia nato prima del trasferimento in Italia, sia successivamente, a condizione che tale presupposto sussista entro la scadenza del primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione. Ne consegue che, per un soggetto che sia fiscalmente rientrato in Italia nel 2020, il primo figlio (ovvero il terzo figlio) devono essere nati entro il 31 dicembre 2024, ai fini dell’estensione dell’agevolazione per un totale complessivo di dieci periodi d’imposta. Inoltre, la circostanza che, successivamente al rientro, i figli diventino maggiorenni (ovvero fiscalmente non più a carico), non determina la perdita dei benefici fiscali relativamente all’ulteriore quinquennio. La circolare citata specifica altresì che:

“Si ritiene che l’impatriato abbia diritto all’agevolazione anche nell’ipotesi in cui i figli minorenni o a carico non siano residenti nel territorio dello Stato al momento del rientro, a condizione che gli stessi trasferiscano la residenza fiscale in Italia entro il primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione da parte del genitore”.

Per quanto riguarda, invece, l’estensione del beneficio temporale in presenza di acquisto di unità immobiliare, la stessa è riconosciuta in tutti i casi in cui l’impatriato acquisti un’unità immobiliare di tipo residenziale nel territorio dello Stato nei dodici mesi precedenti al rientro. La disposizione prevede, inoltre, che l’acquisto possa avvenire anche «successivamente» al rientro; questo significa che l’impatriato ai fini dell’agevolazione, deve acquistare l’unità immobiliare entro e non oltre i primi 5 periodi d’imposta di fruizione del regime e permanere per tutto il periodo agevolato. Inoltre, nell’ipotesi di acquisto di un’unità immobiliare di tipo residenziale, la circostanza di essere già proprietario di un altro immobile (sempre di tipo residenziale) sul territorio dello Stato non impedisce l’accesso all’estensione dell’agevolazione, non essendo previste in tal senso delle esclusioni specifiche nella norma.

Viceversa, il predetto requisito relativo alla proprietà dell’unità immobiliare non risulta soddisfatto se l’acquisto riguarda la sola nuda proprietà o il solo diritto di usufrutto.

Infine, anche la mera sottoscrizione di un preliminare di compravendita non è sufficiente a integrare il presupposto per l’estensione del regime agevolato, in quanto tale atto produce, unicamente, effetti obbligatori in capo alle parti che si impegnano a stipulare in un secondo momento un contratto definitivo, senza peraltro produrre il necessario effetto traslativo tipico della compravendita.

*Odcec Roma

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