Gestione degli esuberi all’epoca del Covid: quello che c’è da sapere

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di Marialuisa De Cia* e Stefano Lapponi**

Crisi aziendale e fattore produttivo “lavoro”

In un momento di sfavorevole congiuntura economica, è innegabile che uno dei primi fattori produttivi cui le imprese rivolgono  l’attenzione per fronteggiare una manifestazione negativa degli indicatori di crisi, sia il fattore lavoro. Prima che gli indicatori della crisi si manifestino, l’imprenditore può cogliere segnali di malessere che prescindono dai valori numerici o da quelli indicati in bilancio ma che, se risolti, possono migliorare l’organizzazione del lavoro e ridurne, anche indirettamente, i costi con un incremento della produttività.

È altresì corretto affermare che, quando gli indicatori della crisi si manifestano, si riduce la gamma delle misure a cui poter fare ricorso. È il caso, per esempio, della cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) che può essere chiesta solo a fronte di: a) situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali; b) situazioni temporanee di mercato.

Il concetto di “evento oggettivamente non evitabile” è riconosciuto a quelle causali determinate da casi fortuiti, improvvisi, non prevedibili e non rientranti nel rischio di impresa, per i quali risulti evidente la forza maggiore. È quindi palese che difficilmente si potrà ravvisare la temporaneità e la transitorietà degli eventi a fronte di una conclamata situazione di crisi.

Uno degli strumenti cui ricorrere per fronteggiare necessità di carattere strutturale è invece la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria che può essere chiesta a fronte di:

  • riorganizzazione aziendale, con durata massima, per ciascuna unità produttiva, di 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio Dovrà essere presentato un piano di interventi volto a fronteggiare le inefficienze gestionali e produttive ed essere in ogni caso finalizzato ad un “consistente” recupero occupazionale;
  • crisi aziendale, con durata massima, per ciascuna unità produttiva, di 12 mesi che possono essere Il piano deve essere teso a fronteggiare gli squilibri anche eventualmente derivanti  da fattori esterni e deve contenere gli interventi utili al proseguimento dell’attività ed alla salvaguardia occupazionale;
  • stipula di un contratto di solidarietà d. difensivo, volto ad evitare in tutto o in parte la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale anche attraverso un suo più razionale impiego. Il contratto di solidarietà non si applica nei casi di fine lavoro e fine fase lavorativa nei cantieri edili.

L’art. 44 del decreto legge 28 settembre 2018, n. 109 ha reintrodotto altresì, la possibilità di accedere alla Cigs anche da parte delle imprese che cessano l’attività, causale non più prevista dal d.lgs. n. 148/2015. Peraltro, l’art. 21, comma 4 di detto Decreto consentiva una fase transitoria per gli anni 2016, 2017, 2018 durante la quale era possibile ottenere rispettivamente 12, 9, e 6 mesi di Cigs in caso di concrete possibilità di cessione dell’attività a nuovo acquirente, previo accordo stipulato in sede governativa.

Il trattamento di Cigs può essere richiesto quale sostegno al reddito dei lavoratori in esubero coinvolti in specifici percorsi di politica attiva del lavoro presentati dalla Regione interessata o dalle Regioni nei cui territori sono dislocate le unità produttive in cessazione.

In tale ipotesi, è richiesta la condivisione dell’accordo da parte della Regione. Per poter beneficiare del trattamento di Cigs, l’impresa cessata o in cessazione deve stipulare con le parti sociali uno specifico accordo in sede governativa. A tale accordo possono partecipare il Ministero dello Sviluppo Economico laddove sia stato coinvolto nelle fasi di avvio del piano aziendale di cessione dell’attività e la Regione o le Regioni ove ha sede l’azienda. Costituiscono oggetto dell’accordo:

  • il piano delle sospensioni dei lavoratori motivatamente ricollegabile, nei tempi e nelle modalità, alla prospettata cessione di attività ovvero al piano di reindustrializzazione ovvero al programma di politiche attive regionale;
  • il piano di trasferimento e/o riassorbimento dei lavoratori sospesi e  le misure di  gestione per le eventuali eccedenze di personale. L’impresa è tenuta, in tale sede, ad esibire idonea documentazione che comprovi la cessione dell’azienda con finalità di continuazione dell’attività ovvero di ripresa della stessa, indicando gli obiettivi finalizzati anche alla ripresa dell’attività.

Se  la  Cigs  è  richiesta  con  la  causale  di  crisi  o  di riorganizzazione aziendale possono essere autorizzate sospensioni  soltanto  nel  limite  dell’80%  delle  ore lavorabili nell’unità produttiva, nell’arco di tempo del programma autorizzato, e in base ai criteri stabiliti dal D.M. 13 gennaio 2016, n. 94033.

Occorre sottolineare che è in corso un ampio riordino dei trattamenti di integrazione salariale iniziato con la legge 30 dicembre 2021, n. 234 volto ad aumentare la platea dei soggetti che possono fruire della integrazione salariale in periodi emergenziali e non.

Incentivi all’esodo in epoca emergenziale – tutele per i lavoratori – pensionamento anticipato

Il legislatore, in deroga al blocco dei licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo in epoca covid, ha statuito la possibilità di stipulare un accordo collettivo aziendale finalizzato alla incentivazione all’esodo su base volontaria per i lavoratori Questi debbono sottoscrivere un accordo individuale specifico con l’azienda per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro nel quale si preveda l’erogazione di una determinata somma di denaro.

Questo strumento consente alle aziende di gestire gli esuberi soprattutto in relazione alla forza lavoro più prossima all’accesso ad un trattamento pensionistico ma può essere utilizzato anche per una riorganizzazione aziendale volta al ringiovanimento della forza lavoro fruendo delle agevolazioni per nuove assunzioni così da consentire il contenimento dei costi del personale.

Da un punto di vista aziendale, la stima di una proposta transattiva potrebbe essere fatta tenendo conto del costo globale di fatto del lavoratore “in uscita” includendo tutti gli elementi retributivi, normativi e contrattuali ricorrenti e periodici. Oltre alla retribuzione, andrebbero considerati tutti quegli elementi di spesa riconducibili al lavoratore (ticket/mensa, welfare, previdenza complementare, assistenza sanitaria, trasferte, premi di risultato, ore straordinarie, incidenza ferie/permessi, costi relativi alla malattia, aumenti contrattuali, scatti, premi di anzianità…) proiettati per il periodo intercorrente dalla data desiderata di cessazione del rapporto alla data utile per l’accesso al trattamento di pensione. La differenza tra il  costo del lavoro  e l’incentivo determinato, sarà il risparmio effettivo dell’azienda a fronte della risoluzione anticipata del rapporto.

La verifica degli accessi a pensione è il punto di partenza per le negoziazioni.

L’analisi puntuale dell’estratto conto contributivo consente di individuare il momento in cui il lavoratore potrà accedere ad un trattamento di pensione e conseguentemente «organizzare» una uscita anticipata dal mondo del lavoro.

Il differenziale tra la data di accesso a pensione e l’uscita anticipata è la base sulla quale verte la negoziazione per la gestione degli esuberi.

Ma quali sono gli strumenti a disposizione del lavoratore per l’accesso ad una pensione anticipata? Le soluzioni per accedere alla pensione anticipata, da parte del lavoratore, sono molteplici e devono essere valutate ad personam.

Alcuni esempi:

  • Riscatto laurea per incrementare l’anzianità ai fini del Il valore corrispondente potrebbe diventare la somma oggetto di negoziazione.
  • Versamenti Il calcolo del costo va fatto prendendo a base l’imponibile contributivo delle ultime 52 settimane e moltiplicandolo per l’aliquota del 33% o del 34% (per le quote eccedenti E 48.279,00 per l’anno 2022). Il valore annuo dovrà poi essere rapportato al periodo che necessita di copertura.
  • Corresponsione di un incentivo equivalente  al trattamento netto mensile percepito in costanza di rapporto per il periodo intercorrente tra la cessazione del rapporto e l’accesso alla pensione eventualmente decurtato dalla quota di Naspi
  • Licenziamento per GMO. Il lavoratore avrà diritto al preavviso utile ai fini della maturazione del diritto e della misura della pensione. Decorsa la copertura prevista dal preavviso, il lavoratore avrà accesso alla Naspi che, oltre a prevedere una erogazione economica, garantisce la copertura previdenziale per tutta la durata della erogazione.

La Naspi, introdotta dal d.lgs. 22/2015 ha sostituito le indennità di disoccupazione (Aspi e mini Aspi) ed è una indennità a sostegno del reddito che viene riconosciuta a chi ha perso involontariamente il lavoro sia per effetto di licenziamenti per motivi oggettivi, soggettivi o disciplinari sia in caso di recesso per giusta causa da parte dei lavoratori. Non spetta in caso di dimissioni volontarie o per risoluzione consensuale salvo che nell’ambito delle procedure conciliative obbligatorie di cui alla legge 92/2012. Ha una durata variabile calcolata nella misura della metà delle settimane di contribuzione negli ultimi quattro anni, quindi per un massimo di 24 mesi. L’erogazione economica è decrescente. É utile ai fini della maturazione del diritto al trattamento di pensione e se valorizzata all’importo massimo, viene neutralizzata al fine del calcolo delle quote retributive di pensione.

La legge 234/2021 (legge di bilancio) ha introdotto alcune novità in tema di indennità NASPI (Art. 1 co. 221-222) con modifiche agli artt. 2-4 del d.lgs. 4.3.2015 n. 22.

In sintesi, le novità riguardano:

  • i soggetti beneficiari. A partire dall’1.1.2022 viene ampliato il novero dei destinatari del trattamento di NASPI estendendo l’indennità di disoccupazione anche agli operai agricoli a tempo indeterminato delle cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci ex 240/84;
  • i requisiti di accesso. Per gli eventi di disoccupazione decorrenti dal 1.2022 viene disapplicato il requisito delle 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti l’inizio della disoccupazione, previsto dall’art. 3 co. 1 del d.lgs. 22/2015 ai fini della maturazione del diritto. Ne consegue che i soggetti disoccupati a partire da tale data, potranno accedere alla NASPI a condizione che siano in stato di disoccupazione e possano far valere, nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione, almeno 13 settimane di contribuzione.
  • il meccanismo di riduzione dell’indennità (decalage). Il meccanismo di riduzione previsto dall’art. 4 3 del d.lgs. 22/2015, viene modificato stabilendo che per gli eventi di disoccupazione verificatesi dall’1.1.2022, l’indennità di NASPI si riduca del 3% ogni mese a decorrere:
    • dal primo giorno del sesto mese di fruizione;
    • dal primo giorno dell’ottavo mese di fruizione per i beneficiari di NASPI che abbiano compiuto il 55° anno di età alla data di presentazione della domanda.

Le novità – conferme introdotte dalla Legge di bilancio in tema di pensionamenti anticipati.

In vista di una più ampia ed organica riforma delle pensioni, la legge di bilancio, legge 234 del 30 dicembre 2021, è intervenuta su alcuni provvedimenti finalizzati all’accesso a pensione, alcuni non ancora strutturali nel nostro ordinamento seppur già più volte prorogati, altri volti a colmare, anche se temporaneamente, il vuoto lasciato da quota 100. In particolare:

  • Modifiche al   trattamento  pensionistico anticipato “quota 100” Art. 1 co. 87:

Sulla scorta delle nuove disposizioni, l’agevolazione pensionistica, introdotta in via sperimentale per il triennio 2019-2021 dall’art. 14 del d.l. 28.1.2019 n. 4 originariamente definita pensione Quota 100, viene prorogata anche per l’anno 2022, rideterminando i requisiti anagrafici in 64 anni di età (quindi più propriamente quota 102), anziché 62 come da disposizione previgente, lasciando invariati i requisiti contributivi minimi richiesti di 38 anni di anzianità contributiva. In realtà si tratta di un provvedimento di scarsa rilevanza perché può interessare solo lavoratori nati entro il 31 dicembre 1958, quindi già beneficiari di quota 100, che maturano la contribuzione utile (38 anni) non più entro il 31 dicembre 2021 (come previsto dal citato d.l. 4/2019) ma possono maturarla entro il 31 dicembre 2022.

  • Proroga dell’APE sociale – 1 co. 91-93 L’accesso all’APE sociale, ossia all’anticipo pensionistico a carico dello Stato ex art. 1 co. 179 della legge 11.12.2016 n. 232, è oggetto di intervento da parte della legge di bilancio 2022. In particolare le nuove disposizioni prevedono la proroga del trattamento anche per il 2022 nonché l’eliminazione, ai fini dell’accesso, della condizione che siano passati 3 mesi dalla fine del godimento dell’intera prestazione previdenziale di disoccupazione (NASPI) di cui all’art.1 co.179 lett a) della legge 232/2016. Inoltre sono state ampliate le categorie professionali che possono accedere all’Ape Sociale prevedendo un apposito elenco allegato alla legge di bilancio in questione.

Per alcune specifiche categorie di lavoratori, riduce da 36 a 32 anni il requisito di anzianità contributiva previsto dall’art. 1 co. 179 lett d) della legge 232/2016 per accedere al beneficio.

Si tratta in particolare degli operai edili indicati nel contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti delle imprese edili e affini, dei ceramisti (classificazione ISTAT 6.3.2.1.2) e dei conduttori di impianti per la formatura di articoli in ceramica e terracotta (classificazione ISTAT 7.1.3.3).

  • Proroga Opzione Donna – 1 co. 94

È stato prorogato l’accesso al trattamento pensionistico anticipato c.d. Opzione Donna di cui all’art. 16 del d.l. 28.1.2019 n. 4 estendendolo alle lavoratrici che matureranno i requisiti richiesti entro il 31.12.2021. Pertanto, il diritto al trattamento pensionistico anticipato potrà essere riconosciuto, secondo le  regole di calcolo del sistema contributivo, nei confronti delle lavoratrici che entro il 31.12.2021 hanno maturato:

o un’anzianità contributiva pari o superiore a 35 anni di contribuzione effettiva;

o un’età anagrafica pari o superiore a 58 anni per le lavoratrici dipendenti (nate entro il 31 dicembre 1963) e 59 anni per le lavoratrici autonome (nate entro il 31 dicembre 1962).

  • Ampliamento contratti di espansione – Art. 1 co. 215

Sino al 31 dicembre 2023 sarà possibile utilizzare tale strumento per riorganizzare l’organico aziendale favorendo l’uscita dei lavoratori per i quali è previsto l’accesso ad un trattamento pensionistico (vecchiaia o anticipato) nei cinque anni successivi con la possibilità di introdurre forza lavoro più giovane e più competitiva economicamente. La legge di bilancio, oltre a prorogare il provvedimento normativo, ha ulteriormente ampliato la platea destinataria consentendone l’accesso ad aziende con organico di almeno 50 dipendenti (contro i 100 precedentemente previsti) anche considerate nell’ambito di un raggruppamento di imprese con medesime finalità produttive o di servizi. E’ indubbiamente uno strumento che merita attenzione e per approfondimenti si rimanda all’articolo di Cinzia Brunazzo al seguente link https://noieillavoro.it/ archivio-storico/contratto-di-espansione/

Conclusioni

Gli strumenti per una riorganizzazione aziendale messi a disposizione del legislatore, anche emergenziale, sono molteplici e vanno valutati in relazione alle specifiche necessità e realtà aziendali. L’analisi delle esigenze della struttura organizzativa dell’impresa con particolare riguardo alla forza lavoro, della loro seniority, sono strumenti che, unitamente alla conoscenza della materia, il professionista deve mettere in campo per contemperare le finalità riorganizzative del proprio cliente con la tutela dei lavoratori, sia nell’ottica della salvaguardia dell’occupazione sia nel facilitare il ritiro dal mondo del lavoro.

*Odcec Milano

**Odcec Macerata & Camerino

 

 

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