LA STABILITA’ REALE E LA PRESCRIZIONE DEI CREDITI DI LAVORO: QUANDO LA CURA È PEGGIORE DEL MALE

, ,
di Andrea Sella*

Sono balzate agli onori delle cronache giudiziarie, almeno per gli addetti ai lavori, due recenti sentenze della Corte di Cassazione – Cass. Sez. lav. del 6 settembre 2022, n. 26246 e Cass. Sez. lav. del 20 ottobre 2022, n.30957 – sulla decorrenza del termine prescrizionale dei crediti di lavoro, argomento che sembrava, almeno fino al 2012, solidamente attestato nella netta distinzione tra aziende al di sotto della soglia di applicazione dell’art. 18 Statuto Lavoratori, per le quali la prescrizione decorreva dal termine del rapporto di lavoro, e aziende al di sopra di tale soglia, per le quali la prescrizione decorreva in corso di rapporto di lavoro, essendo l’art. 18 considerato una garanzia sufficiente per permettere al lavoratore una serena rivendicazione dei propri diritti senza tema di ritorsione.

Tutto ciò sulla scorta di un’elaborazione della giurisprudenza costituzionale pre e post Statuto dei Lavoratori (Corte cost. n. 63/1966; Corte cost. 143/1969, Corte cost. n. 86/1971, Corte cost. n. 174/1972), che aveva costituzionalmente interpretato la normativa portando ad affermare che il decorso della prescrizione iniziava dal giorno della cessazione del rapporto di lavoro nelle ipotesi di rapporto non assistito da c.d. stabilità reale contro i licenziamenti. Dopo le riforme dell’art. 18 St. Lav. ad opera della c.d. Legge Fornero e a maggior ragione dopo il c.d. Jobs

Act, tale elaborazione giurisprudenziale, a partire da quella costituzionale, ha avuto nuovi spunti per riaprire il dibattito ormai sopito da anni.

Il ragionamento si è fatto largo, con alterne fortune nell’ambito della giurisprudenza di merito, a partire da alcune sentenze del Tribunale di Torino e Milano negli anni 2016 e 2017, ma con una certa resistenza e una dicotomia marcata tra i due orientamenti, favorevoli e contrari, alla decorrenza della prescrizione in corso di rapporto per i lavoratori di aziende soggette all’applicazione dell’art. 18 St. Lav. Per un approfondimento si rinvia ai numerosi e autorevoli interventi sull’argomento (Sulla prescrizione dei crediti retributivi in Il lavoro nella giurisprudenza, 11, del novembre 2022, p. 1097 a cura di Francesco Rotondi, Filippo Collia; Decorrenza prescrizione crediti retributivi del lavoratore: il ritorno all’instabilità del rapporto di lavoro? Nota a: Cassazione civile sez. lav, 06 settembre 2022 n.26246 di Teresa Zappia in Ilgiuslavorista.it fasc. 9 settembre 2022; La prescrizione dei crediti di lavoro decorre sempre dal termine del rapporto di Donato Apollonio in Altalex.it ht tps: //ww w. altale x .com /do cument s/2022 /0 9/0 9/ p res cri z i o n e – credit i – lav o ro- d e c o r re- t e r m ine – rapporto).

In sintesi occorre premettere che secondo tali sentenze il quadro normativo, introdotto dalla Legge Fornero e a maggior ragione dal Jobs Act,

non garantisce più il lavoratore in modo pieno e tale da permettergli di rivendicare le proprie ragioni in costanza di rapporto,

precisando che tale quadro normativo non è stato modificato neppure dalle recenti pronunce della Corte costituzionale con le quali è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del nuovo testo dell’articolo 18, settimo comma, nelle parti in cui prevedeva, ai fini di reintegrazione del lavoratore licenziato per giustificato motivo oggettivo, l’insussistenza “manifesta” del fatto posto alla base del recesso (Corte cost. n. 125/2022) e la mera possibilità (anziché l’obbligo) per il Giudice di disporre la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro invece dell’indennità risarcitoria (Corte cost. n. 59/2021).

La conclusione è stata quindi che in mancanza del vecchio articolo 18 dello Statuto Lavoratori, ormai applicabile solo al pubblico impiego, la reintegrazione non è la forma ordinaria di tutela contro ogni forma illegittima di risoluzione. 

Al di là della condivisibilità o meno del ragionamento, occorre dare atto di un effetto collaterale della stagione “riformatrice” del lavoro in Italia.

È stato acutamente osservato che i tentativi di flessibilizzazione del lavoro hanno prodotto (anche per la “resistenza” del sistema e dei suoi interpreti) effetti “preterintenzionali” di irrigidimento e/o complicazione regolativa (A. Tursi, Le riforme del mercato del lavoro:

«estremismo neo-liberista», «astuzia volpina», o «riformismo preterintenzionale»?, in SM, 2005, n. 74, p. 323 ss., A. Tursi, La prescrizione dei crediti retributivi nei rapporti di lavoro “destabilizzati”: note critiche, in Diritto delle Relazioni Industriali, fasc.1, 2022, pag. 308 nota a Tribunale Napoli, 12 novembre 2019, n.7343).

A tal proposito, la Direzione Centrale Coordinamento Giuridico, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (Inl), ha prontamente emanato la nota n. 1959 del 30 settembre 2022, con la quale fornisce alcuni chiarimenti in merito alla decorrenza del termine quinquennale di prescrizione dei crediti da lavoro, al fine di garantire al personale ispettivo una corretta adozione del provvedimento di diffida accertativa richiamando i principi giurisprudenziali introdotti dalla recente sentenza della Corte di Cassazione.

Da quanto emerge dalla circolare dell’Inl la direttiva fornita agli Ispettori è quella di applicare, anche alle diffide accertative, il nuovo orientamento in tema di prescrizione. Si ritiene però che tale indicazione non tenga conto del fatto che la diffida accertativa abbia presupposti e finalità diverse rispetto a quelle richiamate nelle citate sentenze.

Ora, non può essere affermato che la prescrizione per gli accertamenti dell’Ispettorato possa essere influenzata dal timore di ritorsioni datoriali e da licenziamenti illegittimi, ma tant’è: la circolare prende atto acriticamente dell’orientamento e dà indicazioni ai propri funzionari i quali, ovviamente, saranno tenuti ad osservarla.

Di certo sarà oggetto di dibattito giurisprudenziale. Resta la considerazione che, se l’intento del legislatore era quello di agevolare una maggiore flessibilità in uscita e dare certezze, almeno in termini economici, per i licenziamenti dei lavoratori, non si è tenuto conto delle conseguenze e degli effetti collaterali, probabilmente non voluti, di certo non previsti, che espongono l’azienda ad un rischio economico di rivendicazioni salariali per l’intera durata della vita lavorativa del dipendente e per i cinque anni successivi. Non solo per quanto riguarda l’aspetto strettamente retributivo, ma anche per ogni altro aspetto legato al rapporto di lavoro, vedasi Ilgiuslavorista.it – Prescrizione dei crediti di lavoro dopo “Fornero” e “Jobs Act” secondo la Corte di legittimità (Cass. n. 26246 del 2022) 06 Ottobre 2022 di Vincenzo Di Cerbo – https:// ilg i usla v o r i s t a . i t /a r t i c o l i / f o cus/p res cri z i o n e – d e i – crediti-di-lavoro-dopo-fornero-e-jobs-act-secondo-la- corte-di.

Se è vero che ormai i rapporti di lavoro presso la stessa azienda stanno riducendo la propria durata media, questo aspetto è da tenere bene in considerazione, anche quando si fanno scelte a lungo termine come, ad esempio, il cambio di Ccnl applicato, la scelta di un regime di pagamento degli straordinari e così via, perché il conto potrebbe essere presentato ad anni di distanza e sarebbe particolarmente salato.

*Avvocato in Biella

 

image_pdfimage_print