LE PROCEDURE DI SISTEMA NEI CONTRATTI D’APPALTO: la riunione di accoglienza.

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Ezio Marasi*      

Nell’ambito degli appalti, la Committente dei lavori ha il compito di saggiare l’idoneità tecnico professionale delle imprese in gara, sia accertando la veridicità delle dichiarazioni relative all’organizzazione d’impresa, sia verificando l’esistenza di una serie di documenti che la norma ha indicato come condizione necessaria e sufficiente per permettere di espletare questa verifica. In realtà non è sufficiente ed efficace la sola verifica documentale al fine di accertare le reali capacità dell’impresa in gara per realizzare l’opera.

L’impresa in fase di gara dichiara e autocertifica che è in grado di costruire quella particolare opera, perché ha le risorse, i mezzi e la capacità produttiva per eseguire i lavori. Se alla scarsità di contenuti concreti sui quali l’impresa dichiara la propria capacità tecnico professionale è aggiunto il ribasso d’asta, spesso consistente, è facile immaginare quali problematiche è possibile dover affrontare durante l’esecuzione dei lavori.

Questo “gap” tra la Committente e l’impresa che partecipa alla gara d’appalto lascia alla stessa ampio margine per “lascare” la propria organizzazione  durante  l’esecuzione  dell’opera. Appare evidente che la committente o il responsabile dei lavori (se nominato) non può avere alcuna certezza sull’attendibilità delle dichiarazioni derivate dalla qualifica tecnico professionale dell’impresa. È necessario affidarsi, quindi, alla linea contrattuale che, relativamente agli aspetti per la sicurezza, deve contenere clausole chiare che impegnano l’appaltatore e i suoi subappaltatori a rispettare la “politica del committente”.

Tuttavia,  nel  contratto  generale  d’appalto questa incisività non è sempre ben espressa. Il coordinatore in progettazione e anche quello in esecuzione (spesso è lo stesso soggetto) devono considerare, quindi, nella valutazione dei rischi, quelli derivanti da comportamenti dell’impresa in deroga alle regole contrattuali che l’impresa appaltatrice potrebbe mettere in atto durante il periodo di esecuzione dei lavori.

Il PSC (Piano Sicurezza e Coordinamento), lo ricordiamo, è da ritenersi estensione della linea contrattuale. Quindi è opportuno che questa integrazione contrattuale venga espressa e valorizzata non solo dalla Committente, ma soprattutto dal Coordinatore. Da qui nasce la necessità di introdurre nelle prime fasi del coordinamento nuovi strumenti di governo della sicurezza del cantiere. Le “procedure di sistema” sono uno degli strumenti che il coordinatore può adottare per promuovere e condividere buone prassi operative, volte a prevenire rischi nel sito produttivo.

Le procedure di sistema sono cinque e di seguito elencate:

  • La riunione di accoglienza
  • La gestione dello stato di pericolo grave ed imminente
  • Lo sviluppo del tavolo tecnico
  • La gestione dello stato di emergenza da infortunio grave e incendio
  • La squadra per la sicurezza

Con questa espressione “procedure di sistema” si sono identificate tutte le procedure assolutamente necessarie per un’efficace gestione della sicurezza del cantiere. Il risultato raggiunto è frutto di un’attenta analisi di problematiche sulla sicurezza affrontate dal coordinatore durante l’attività di coordinamento di cantieri piccoli, medi e di grande dimensione.

Queste procedure, verificate sul campo “respirando la polvere di cantiere”, rappresentano un modo diretto e chiaro per trasferire i principi più importanti di un PSC nella pratica operativa del sito produttivo.

Durante la redazione del PSC è necessario introdurre un capitolo che richiami i punti più importanti della politica di coordinamento in esecuzione, introducendo regole comportamentali che disciplinino e promuovano accordi tra i vari attori di cantiere.

Non bisogna dare per scontato che, in esecuzione, il lavoro del coordinatore si concluda nell’analisi delle interferenze tra lavorazioni e nella relativa gestione. Così come non è sufficiente redigere e trasmettere i cosiddetti “verbali di sopralluogo” per dare evidenza al Committente del proprio operato.

Un buon coordinamento richiede un‘azione più ampia e sinergica che si attua con strategia, autorevolezza e una buona dose di coraggio.

La strategia è d’obbligo in quanto la mutevolezza dei parametri al contorno di un processo costruttivo di cantiere impone al coordinatore di carpire i momenti più favorevoli per promuovere discipline di prevenzione dei rischi da riproporre agli attori di cantiere attraverso il coordinamento.

L’autorevolezza è un aspetto della personalità del coordinatore che si matura stando in cantiere, attraverso un confronto quotidiano con le problematiche del lavoro, con i comportamenti delle maestranze, con le figure gerarchiche d’impresa e della Committente.

Il coraggio per il coordinatore è alla base del buon risultato operativo e anche questo aspetto si matura con l’esperienza in cantiere. Infatti, il coordinatore della sicurezza è sempre visto come un soggetto disturbatore, un “testimone scomodo” che interferisce con le “buone abitudini” d’impresa. Questo giudizio, di un qualunquismo oramai scontato, è la diretta conseguenza della mancanza di collegamento tra la linea contrattuale del contratto d’appalto e la linea contrattuale del PSC Art. 100, comma 2 – Titolo IV del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81. Infatti, è frequente che la Committente tenda a non esaltare gli aspetti della sicurezza valorizzando la figura del Coordinatore (seppure suo nominato), ma affida e confida che le problematiche derivate dall’insufficiente verifica della qualifica tecnico professionale (posta dal Legislatore a carico della Committente Art. 90, comma 9, lettere a,b,c – Titolo IV Allegato XVII del D.Lgs. 81/08) possano passare in carico al Coordinatore, almeno per gli aspetti afferenti la sicurezza. I colleghi coordinatori, ne sono certo, confermeranno quanto detto.

Bisogna ricordare che le imprese non sanno che il coordinatore assume un ruolo fondamentale nel processo esecutivo delle opere e pensano che meno lo si coinvolge e meglio si potrà operare. In realtà sappiamo bene che non è così che devono andare le cose. Per smarcarsi da questi problemi, considerate le interessanti premesse, passiamo ad enunciare la prima procedura di sistema la “riunione di accoglienza”.

Il termine “accoglienza” non sembra essere usato nel linguaggio tipico di cantiere. Verrebbe da pensare che il termine risulti inadatto se introdotto in un contesto “dantesco” come il cantiere dove rumore, polvere, vibrazioni, cattivi odori, temperature disagevoli e altro ancora, prevalgano su tutto il contesto coreografico del sito produttivo.

La riunione di accoglienza è la prima procedura di sistema che si può attivare nel processo di coordinamento in fase di esecuzione.

La riunione di accoglienza è obbligatoria ed è rivolta a tutti gli attori del cantiere. La eroga il CSE (Coordinatore di Sicurezza in fase di Esecuzione) e i suoi assistenti.

La riunione ha il seguente fine:

  • Informare le imprese sui rischi generali di cantiere e sui rischi relativi allo stato di avanzamento delle opere
  • Fornire agli accolti i nominativi, i ruoli, le competenze, le responsabilità di tutto lo staff del Committente e dell’impresa esecutrice.
  • Trasmettere i numeri di telefono dei referenti di cantiere per la rintracciabilità dei “soggetti sensibili”.
  • Accertare che quanto dichiarato nel POS (Piano Operativo di Sicurezza), redatto dal datore di lavoro dell’impresa accolta, corrisponda a quanto riscontrato dal diretto confronto con gli attori dell’impresa stessa durante la riunione di accoglienza con il Comunicare agli  accolti  la  “politica  di coordinamento” del CSE, volta a prevenire e ridurre i rischi attraverso l’attivazione delle procedure di sistema, da condividere con tutti gli attori di cantiere.
  • Individuare i dipendenti dell’impresa abilitati ad intervenire e operare in caso di
  • Rilasciare istruzioni su come attivarsi in “stato di emergenza” ovvero, trasmettere specifiche istruzioni su come intervenire in caso di emergenza da infortunio grave o incendio;
  • Spiegare come recepire le procedure di sistema e quali vantaggi trarre dalla loro attivazione in cantiere in quanto promosse e condivise con il CSE.
  • Promuovere l’interscambio di dati personali per favorire la rintracciabilità di ogni soggetto all’interno del sito produttivo.

Attraverso l’erogazione della riunione di accoglienza, di fatto, si estende la valutazione del POS delle imprese, accertandone l’organizzazione tramite il diretto confronto con tutti i soggetti dell’impresa. Come tutti i colleghi coordinatori sanno, il rilascio dell’idoneità del POS segue precisi passaggi di verifica del documento stesso. L’acronimo POS contiene la lettera “O” alla quale si riferisce l’operatività dell’impresa nello specifico cantiere. Operatività intesa nel senso di poter leggere all’interno del POS il capitolo che descriva con una certa chiarezza e contestualizzazione al cantiere (dati rilevabili dal PSC) come l’impresa pensa di eseguire l’opera e quali modalità operative pensa di adottare per  raggiungere  l’obiettivo  salvaguardando  la sicurezza dei propri operatori. Facile da dirsi, rarissimo da leggersi.

Se si pensa che alcune imprese subentrano nel processo di cantiere per eseguire opere critiche (lavori in quota, in spazi confinati, in prossimità di linee elettrice, ecc.), esponendosi a rischi prevalenti (caduta dall’alto, elettrocuzione, asfissia, ecc.), è immediato dedurre quanto sia fondamentale per il CSE comprendere dal POS l’organizzazione propria dell’impresa, per rilasciarne l’idoneità a subentrare nel processo produttivo e realizzativo del progetto. Promuovere, quindi, il coordinamento della sicurezza, accertando l’applicazione di buone prassi operative, in coerenza tra il PSC e il POS stesso, lasciando alle imprese la propria autonomia organizzativa (mezzi, risorse e attrezzature).

È opportuno fare una significativa riflessione sul fatto che il progetto dell’opera, ingegnerizzato e asseverato da calcoli e verifiche, deve tradursi in materia attraverso manodopera la cui qualifica è “accertata” tramite atti d’ufficio, eseguiti, indiscutibilmente, da personale che di “attrezzature, risorse e mezzi” non ne comprende nemmeno il significato.

Di fatto, la Committente (soggetto che ha il potere decisionale e di spesa) avvia un processo che autorizza progetto ed esecuzione, affidando ad una scienza esatta una manodopera incerta. Il passaggio tra ingegneria e materia (intesa come risultato di un processo ingegnerizzato) racchiude in sé una molteplicità di dati incerti che si concretizzano proprio attraverso l’intervento dell’uomo “operaio”, esponendolo a rischi non prevedibili. Saremmo in grado noi ingegneri di realizzare direttamente i nostri progetti, rispettando, guarda caso, la sicurezza? La risposta la lascio al lettore, sapendo che ha compreso certamente che non si sta trattando materia da “fai da te”.

La riunione di accoglienza, quindi, offre al CSE un’importante opportunità di confronto con tutti gli attori di cantiere e in particolar modo con le maestranze. L’attivazione di questa procedura ha il vantaggio di attivare relazioni di interesse comune tra il CSE e gli attori di cantiere sulla base di accordi che rispettano ruoli, criticità, responsabilità e valori. Questi ultimi, vengono posti alla base del patto sociale promosso dal CSE verso le maestranze di cantiere. Lavoro, disciplina, accordi sociali e salvaguardia della propria salute.

* Ingegnere Monza e Brianza

 

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