Riflessioni sul sistema degli ammortizzatori sociali dopo la Legge di Bilancio 2022

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di Maurizio Centra*

Dopo sei anni dalla riforma degli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro (Jobs Act 2015) e una pandemia che ha causato al nostro Paese oltre 12 milioni di contagiati nonché 150 mila morti, il Legislatore ha accolto la richiesta di gran parte della società civile e, con la legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022), ha ampliato le tutele dei lavoratori in caso di sospensione dell’attività lavorativa. La tecnica adottata a tal fine è apprezzabile, in pratica, ha apportato al decreto legislativo 14 settembre 2015, 148 le integrazioni e modifiche ritenute necessarie, senza “stravolgere” il sistema né crearne uno parallelo. Nel corso dei lavori preparatori, le Commissioni parlamentari competenti hanno ascoltato i pareri e le indicazioni di professionisti, associazioni datoriali e organizzazioni sindacali dei lavoratori che, in massima parte, convenivano sulla necessità di ampliare le tutele in discorso, anche se con modalità diverse.

Considerate le difficolta che negli ultimi due anni hanno incontrato imprenditori e professionisti per gestire le conseguenze di un evento imprevisto e imprevedibile come la diffusione del virus da Covid-19, che ha messo in luce anche le carenze del sistema degli ammortizzatori sociali del nostro Paese, l’intervento legislativo va accolto con soddisfazione, anche se – in prima lettura – non appare universale, così come è stato “presentato” né esente da margini di miglioramento, tanto che il primo intervento correttivo è stato effettuato con il decreto legge 27 gennaio 2022, n. 4.

Ricordando che il termine ammortizzatori sociali è utilizzato per denominare i vari strumenti di legge per “sostenere” economicamente i lavoratori subordinati nei casi di sospensione o riduzione della prestazione lavorativa, dovuti a cause non imputabili a una delle parti del rapporto di lavoro (lavoratore o datore di lavoro), credo che possa essere utile un’analisi sintetica delle principali novità e rinviare a successivi interventi gli approfondimenti del caso.

Ampliamento dell’area dei lavoratori beneficiari e riduzione dell’anzianità

(cfr. art. 1 e 2 del d.lgs. 148/2015)

Per periodi di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa decorrenti dal 1° gennaio 2022, rientrano tra i lavoratori subordinati “coperti” dagli ammortizzatori sociali anche i lavoratori a domicilio e gli apprendisti di qualunque tipo. Inprecedenzavi rientravano solo quelli con contratto di apprendistato professionalizzante.

Dalla stessa data, l’anzianità minima di effettivo lavoro che i lavoratori devono possedere alla data di presentazione della domanda del trattamento di integrazione salariale scende da 90 (novanta) a 30 (trenta) giorni.

Tutela dello scopo formativo dell’apprendistato

(cfr. art. 2 del d.lgs. 148/2015)

Affinché i periodi di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa non pregiudichino lo scopo formativo dell’apprendistato, al comma 4 dell’art. 2 del d.lgs. 148/2015 è stato aggiunto in fine, il seguente periodo: “In caso di apprendistato per la qualifica e  il  diploma  professionale,  il  diploma  di  istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore e di apprendistato di alta formazione e ricerca, la sospensione o riduzione dell’orario di lavoro non deve pregiudicare, in ogni caso, il completamento del percorso formativo come eventualmente ridefinito ai sensi degli articoli 43, comma 3, e 45, comma 4, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”.

In tal modo il Legislatore ha voluto “rafforzare” il principio di proroga automatica del periodo di apprendistato in misura pari all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite.

Computo dei dipendenti

(cfr. art. 2-bis del d.lgs. 148/2015)

Allo scopo di evitare dubbi sul criterio di calcolo dei limiti previsti dal decreto legislativo 148/2015, il Legislatore ha introdotto nella stessa norma l’articolo 2-bis, in base al quale sono da comprendere nel calcolo tutti i lavoratori, inclusi i dirigenti, i lavoratori a domicilio e gli apprendisti, che prestano la propria opera con vincolo di subordinazione sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Questo intervento è quasi un’interpretazione autentica del medesimo criterio e la precisazione che nel computo dei lavoratori subordinati rientrino anche quelli che operano all’esterno dell’azienda, è quantomeno prudente, in considerazione anche del crescente ricorso a prestazioni in modalità di lavoro agile (smart working).

Trattamenti di integrazione salariale

(cfr. art. 3 del d.lgs. 148/2015)

Per periodi di sospensione o di riduzione dell’attività lavorativa decorrenti dal 1° gennaio 2022, i trattamenti di integrazione salariale saranno calcolati con riferimento a un solo massimale, attualmente pari a euro 1.199,72 e soggetto a rivalutazione annuale. In pratica sono state abolite le due distinte fasce retributive precedenti.

 

Contribuzione addizionale ridotta in caso di mancato utilizzo degli ammortizzatori sociali per 24 mesi

(cfr. art. 5 del d.lgs. 148/2015)

Il ricorso agli ammortizzatori sociali comporta un onere a carico del datore di lavoro, che l’art. 5 del d.lgs. 148/2015 ha denominato contributo addizionale e stabilito nel seguente modo:

a. 9 (nove) per cento della retribuzione globale

che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all’interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;

b. 12 (dodici) per cento oltre il limite di cui alla lettera e sino a 104 settimane in un quinquennio mobile

c. 15 (quindici) per cento oltre il limite di cui alla lettera b), in un quinquennio mobile.

La novità introdotta dalla legge 234/2021 è la riduzione del contributo addizionale a partire dal 1° gennaio 2025, a favore delle imprese che facciano scarso ricorso agli ammortizzatori sociali, precisamente a favore dei datori di lavoro che non abbiano fruito di trattamenti di integrazione salariale per almeno ventiquattro mesi

successivi al termine dell’ultimo periodo di fruizione del trattamento, per i quali il contributo addizionale è ridotto:

a) al 6 (sei) per cento della retribuzione globale

che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, relativamente ai periodi di integrazione salariale ordinaria o straordinaria fruiti all’interno di uno o più interventi concessi sino a un limite complessivo di 52 settimane in un quinquennio mobile;

b) al 9 (nove) per cento oltre il limite di cui alla letterae sino a 104 settimane in un quinquennio

Pagamento diretto dei trattamenti di integrazione salariale da parte dell’Inps

(cfr. art. 7 del d.lgs. 148/2015)

L’attuale sistema degli ammortizzatori sociali prevede che il datore di lavoro anticipi ai lavoratori sospesi i trattamenti di integrazione salariale (es. Cassa integrazione guadagni ordinaria), tranne quelli gestiti dai Fondi di solidarietà bilaterali, e recuperi le somme anticipate ponendole a conguaglio con i contributi dovuti mensilmente all’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps). Quando il datore di lavoro si trovi in condizioni di oggettive difficoltà finanziarie, può ricorrere all’istituto del pagamento diretto dei trattamenti ai lavoratori interessati da parte dell’Inps.

La legge 234/2021 stabilisce che in caso di pagamento diretto dei trattamenti in discorso, il datore di lavoro è tenuto, a pena di decadenza, ad inviare all’Inps tutti i dati necessari per il pagamento:

  • entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui è collocato il periodo di integrazione salariale;
  • ovvero, se posteriore, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento di autorizzazione.

Trascorsi inutilmente i suddetti termini, il pagamento della prestazione e gli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.

Novità:

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la circolare n. 3 del 16 febbraio 2022, considerati gli effetti che l’emergenza dovuta alla diffusione del virus Covid-19 sta ancora avendo sull’operatività delle imprese, è intervenuto sull’argomento del pagamento diretto dei trattamenti di integrazione salariale da parte dell’Inps, stabilendo che nel periodo dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022 le difficoltà finanziarie del datore di lavoro, potranno desumersi anche sulla base di una documentazione semplificata, ovvero una relazione che, facendo riferimento al fatto notorio della crisi pandemica in atto, indichi le ricadute negative anche di natura temporanea sulla situazione finanziaria del singolo datore di lavoro che determina le difficoltà che giustificano la richiesta di pagamento diretto.

Svolgimento di attività lavorativa durante il periodo di sospensione

(cfr. art. 8 del d.lgs. 148/2015)

La legge 234/2021 ha modificato il regime di compatibilità dello svolgimento di attività lavorativa durante il periodo di integrazione salariale con la percezione del trattamento di integrazione, che risulta attualmente così regolato:

  1. in caso di svolgimento di attività di lavoro subordinato di durata superiore a sei mesi nonché di lavoro autonomo il lavoratore non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate;
  2. in caso di svolgimento di attività di lavoro subordinato a tempo determinato pari o inferiore a sei mesi, il trattamento è sospeso per la durata del rapporto di lavoro;

In entrambi i casi il lavoratore è tenuto a darne preventiva comunicazione all’Inps pena la decadenza dal diritto al trattamento di integrazione salariale.

 

Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo)

(cfr. articoli 9-18 del d.lgs. 148/2015)

Alla Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) la legge 234/2021 non ha apportato modifiche, oltre quelle illustrate in precedenza, che riguardano tutti i trattamenti di integrazione salariale di cui al Titolo I del d.lgs. 148/2015. Al riguardo, è appena il caso di ricordare:

i datori di lavoro destinatari della Cigo

  1. imprese industriali manifatturiere, di trasporti, estrattive, di installazione di impianti, produzione e distribuzione dell’energia, acqua e
  2. Cooperative di produzione e lavoro che svolgano attività lavorative similari a quella degli operai delle imprese industriali, ad eccezione delle cooperative elencate dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, 602.
  3. Imprese dell’industria boschiva, forestale e del
  4. Cooperative agricole, zootecniche e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli propri per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo
  5. Imprese addette al noleggio e alla distribuzione dei film e di sviluppo e stampa di pellicola
  6. Imprese industriali per la frangitura delle olive per conto
  7. Impreseproduttricidicalcestruzzopreconfezionato;
  8. Imprese addette agli impianti elettrici e telefonici;
  9. Imprese addette all’armamento
  10. Imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà
  11. Impreseindustriali e artigiane dell’edilizia e
  12. imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo.
  • Imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di

le causali di intervento della Cigo

  • situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;
  • situazioni temporanee di mercato;

la Relazione tecnica

  • oltre al verbale di accordo con le organizzazioni sindacali dei lavoratori ovvero il verbale o l’attestazione di esperita consultazione sindacale, il datore di lavoro deve produrre all’Inps assieme alla domanda di integrazione salariale, una Relazione tecnica contenente le ragioni che hanno determinato la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa nell’unità produttiva interessata, precisando che l’evento non ha inciso sulla continuità aziendale.

Contribuzione ordinaria Cigo

(cfr. art. 13 del d.lgs. 148/2015)

L’intervento della legge 234/2021 non ha riguardato il contributo ordinario a carico dei datori di lavoro destinatari della Cigo, che, pertanto, dal 1° gennaio 2022 continua ad essere calcolato mensilmente sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicando le seguenti aliquote:

  • 1,70% dipendenti  delle  imprese  industriali  che occupano fino a 50 dipendenti;
  • 2,00% dipendenti delle imprese industriali che occupano oltre 50 dipendenti;
  • 4,70%  operai   delle   imprese   dell’industria   e artigianato edile;
  • 3,30%  operai   delle   imprese   dell’industria   e artigianato lapidei;
  • 1,70% impiegati e quadri delle imprese dell’industria e artigianato edile e lapidei che occupano fino a 50 dipendenti;
  • 2,00% impiegati e quadridelleimpresedell’industria e artigianato edile e lapidei che occupano oltre 50 dipendenti.

Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs)

(cfr. articoli 19-25 ter del d.lgs. 148/2015)

A differenza della Cigo, la legge 234/2021 non ha apportato modifiche alla Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs), la principale novità consiste nell’aver stabilito che dal 1° gennaio 2022 possono ricorre a questo istituto:

  • i datori di lavoro che, nel semestre precedente, abbiano occupato mediamente più di 15 (quindici) dipendenti e che operano in settori non coperti dai Fondi di solidarietà bilaterali di cui agli articoli 26, 27 e 40 del d.lgs. 148/2015;
  • le imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e le società da queste derivate, le imprese del sistema aeroportuale, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati;
  • i partiti e i movimenti politici e loro rispettive articolazioni e sezioni territoriali, a condizione che risultino iscritti nel registro di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legge 28 dicembre 2013, 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati.

L’intervento del Legislatore, dunque, amplia l’insieme dei datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione della Cigs, includendovi gli imprenditori che operano in tutti i settori economici diversi dall’industria nei quali non siano stati costituiti Fondi di solidarietà bilaterali (ex articoli 26, 27 e 40 del d.lgs. 148/2015); questa decisione comporta, per gli stessi imprenditori, l’obbligo di versare all’Inps i relativi contributi.

Oltre al suddetto ampliamento del novero dei datori di lavoro che possono ricorrere alla Cigs, la legge 234/2021, ha anche modificato le causali di intervento, che attualmente sono:

a. riorganizzazione aziendale, anche per realizzare

processi di transizione individuati e regolati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dello sviluppo economico (ancora non emanato);

b. crisi aziendale, ad esclusione dei casi di cessazione

dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa;

c. contratto di solidarietà.

Le novità in materia di contratto di solidarietà

Per quanto riguarda il contratto di solidarietà, la legge 234/2021 ha sostituito in toto la normativa preesistente (art. 21, comma 5, del d.lgs. 148/2015), pertanto, attualmente gli elementi caratteristici dell’istituto sono:

  • riduzione dell’orario di lavoro al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale, anche tramite un suo più razionale impiego;
  • riduzione  media   oraria   non   superiore   all’80% (ottanta     per     cento)     dell’orario     giornaliero, settimanale  o  mensile  dei  lavoratori  interessati al   contratto   di   solidarietà,   se   stipulato   dal   1° gennaio 2022, qualora sia stato stipulato prima tale percentuale ammonta al 60% (sessanta per cento);
  • riduzione complessiva individuale dell’orario di lavoro non superiore al 90% (novanta per cento) nell’arco dell’intero periodo, se il contratto di solidarietà è stipulato dal 1° gennaio 2022, qualora sia stato stipulato prima tale percentuale ammonta al 70% (settanta per cento);
  • durata massima di 24 mesi, anche continuativi, nel quinquennio mobile, con possibilità di arrivare fino a 36 mesi, poiché nel calcolo del quinquennio mobile, quanto usufruito nei primi due anni viene computato per la metà (cfr. 22, comma 5, d.lgs. 148/2015);
  • stipula del contratto da parte del datore di lavoro con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, le loro rappresentanze sindacali aziendali (RSA) ovvero la rappresentanza sindacale unitaria (RSU);
  • determinazione del trattamento di integrazione salariale inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi previsti da contratti collettivi aziendali nei sei mesi precedenti alla stipula del contratto di solidarietà, e riduzione del medesimo trattamento in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi dovuti alla contrattazione aziendale;
  • previsione nel contratto di solidarietà delle modalità con le quali è possibile modificare in aumento l’orario ridotto, ovviamente nei limiti del normale orario di lavoro e tenendo presente che il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale;
  • trattamento di fine rapporto (TFR) calcolato sulla retribuzione persa a seguito della riduzione di orario a carico dell’Inps (ex 37 della legge n. 88/1989), ad eccezione di quello dovuto a seguito di licenziamento per (i) giustificato motivo oggettivo o (ii) al termine di una procedura collettiva di riduzione di personale, avvenuti entro 90 giorni dal termine del contratto di solidarietà ovvero entro 90 giorni dal termine del periodo di fruizione di un ulteriore trattamento integrativo straordinario, successivo al contratto di solidarietà, concesso entro 120 giorni dal termine del trattamento precedente.

È appena il caso di ricordare che il contratto di solidarietà non è applicabile al settore dell’edilizia, che è caratterizzato dall’impiego di lavoratori subordinati in funzione della durata del cantiere, ad eccezione dei lavoratori addetti ad attività stabili nel tempo, come quelle di amministrazione, progettazione, collaudo, ecc., come pure nel caso di lavoratori con contratto a termine legati ad esigenze stagionali.

Accordo di transizione occupazionale

(cfr. art. 22 ter del d.lgs. 148/2015)

La legge 234/2021 ha introdotto nel sistema degli ammortizzatori sociali un nuovo istituto, denominato “accordo di transizione occupazionale”, regolato dall’art. 22 ter del d.lgs. 148/2015, il cui scopo è quello di sostenere le transizioni occupazionali all’esito dell’intervento di Cigs per le causali a) e b) dell’art. 22 del d.lgs. 148/2015, ossia, rispettivamente di (a) riorganizzazione aziendale, anche per realizzare processi di transizione individuati e regolati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dello sviluppo economico e (b) crisi aziendale, ad esclusione dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa, richiesto da datori di lavoro che occupano più di 15 (quindici) dipendenti.

Questo istituto consente la concessione, in deroga agli articoli 4 e 22 del d.lgs. 148/2015, di un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria finalizzato al recupero occupazionale dei lavoratori a rischio di esubero, pari a un massimo di dodici mesi complessivi non ulteriormente prorogabili.

Per i lavoratori interessati dal trattamento di integrazione salariale straordinaria concesso in base a un accordo di transizione occupazionale, è previsto l’accesso al programma denominato «Garanzia di occupabilità dei lavoratori» (GOL) di cui all’art. 1, comma 324, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di Bilancio 2021).

Contribuzione ordinaria Cigs

(cfr. art. 23 del d.lgs. 148/2015)

Le modifiche introdotte dalla legge 234/2021 al sistema degli ammortizzatori sociali ha avuto effetti anche sul contributo ordinario a carico dei datori di lavoro destinatari della Cigs, che, pertanto, dal 1° gennaio 2022, deve essere calcolato mensilmente sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicando la seguente aliquota:

  • 0,90% di cui lo 0,30% a carico del lavoratore, per i dipendenti dei datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda di  integrazione    salariale,    abbiano    occupato mediamente più di quindici dipendenti, nonché dei datori di lavoro delle categorie:

a. imprese del trasporto aereo e di gestione aeroportuale e società da queste derivate, imprese del sistema aeroportuale, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati;

b. partiti e movimenti politici e loro rispettive articolazioni e sezioni territoriali, a condizione che risultino iscritti nel registro di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto legge 28 dicembre 2013, 149, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 13, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati.

 

Condizionalità e formazione

(cfr. art. 25 ter del d.lgs. 148/2015)

Tra le novità della legge 234/2021 in materia di ammortizzatori sociali c’è l’art. 25 ter del d.lgs. 148/2015, che prevede per i lavoratori beneficiari del trattamento di Cigs ovvero di uno dei trattamenti a carico dei Fondi di solidarietà, compreso il Fondo di interazione salariale (FIS), l’obbligo di partecipare a “iniziative di carattere formativo o di riqualificazione,  anche mediante fondi interprofessionali”, anche cofinanziate dalle regioni nell’ambito delle rispettive misure di formazione e politica attiva del lavoro. Non solo, lo stesso articolo stabilisce che la mancata partecipazione, senza giustificato motivo, alle iniziative di formazione comporta l’irrogazione di sanzioni che vanno dalla decurtazione di una mensilità di trattamento di integrazione salariale fino alla decadenza dallo stesso, secondo le modalità e i criteri che saranno definiti dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con apposito decreto.

Fondi di solidarietà

(cfr. articoli 26-40 bis del d.lgs. 148/2015)

Gli interventi di integrazione e modifica del Titolo II (Fondi di solidarietà) del d.lgs. 148/2015 sono quelli più significativi dal punto di vista sociale, perché introducono nel nostro ordinamento strumenti di sostegno economico dei lavoratori subordinati nei casi di sospensione o riduzione della prestazione lavorativa, che non hanno precedenti, se si esclude la Cassa integrazione in deroga, le cui finalità, durata e finanziamento sono di tutt’altro tipo. In pratica, dal 1° gennaio 2022 la legge 234/2021:

  • supera l’originario impianto del lgs. 148/2015 che prevedeva l’alternativa tra le tutele del Titolo I (Cigo e Cigs) e quelle del Titolo II (Fondi di solidarietà bilaterali e FIS);
  • “abbassa l’asticella” dei datori di lavoro che possono ricorre agli ammortizzatori sociali a quelli che occupano anche un solo dipendente.

Il principio introdotto dalla legge 234/2021, con la modifica dell’art. 30 del d.lgs. 148/2015 è quello che i fondi di cui agli articoli 26 (fondi di solidarietà bilaterali), 27 (fondi di solidarietà bilaterali alternativi) e 40 (fondo territoriale intersettoriale delle Province autonome di Trento e di Bolzano e altri fondi di solidarietà) assicurino ai lavoratori, in presenza di una delle cause previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie e straordinarie, una integrazione salariale di importo almeno pari a quello di cui all’art. 3, comma 5-bis del d.lgs. 148/2015, per un periodo (durata della prestazione) almeno pari ai trattamenti di integrazione salariale, a seconda della soglia dimensionale dell’impresa e della causale dell’intervento, nel rispetto delle durate massime complessive previste dall’art. 4, comma 1, dello stesso d.lgs. 148/2015.

Alla luce dell’intervento in commento, nelle intenzioni del Legislatore la funzione del fondo di integrazione salariale (FIS), regolato dall’art. 29 del d.lgs. 148/2015, continua ad essere residuale, come si evince dal nuovo comma 2 bis dello stesso art. 29: “a decorrere dal 1° gennaio 2022, sono soggetti alla disciplina del fondo di integrazione salariale i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente, appartenenti a settori,tipologie e classi dimensionali non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 10, che non aderiscono ai fondi di solidarietà bilaterali costituiti ai sensi degli articoli 26, 27 e 40” (del d.lgs. 148/2015 – n.d.r.), ma, in base alle informazioni al momento disponibili, si può prevedere che la sua operatività crescerà notevolmente.

Fondi di solidarietà bilaterali

I fondi di solidarietà bilaterali sono organismi costituiti da associazioni dei datori di lavoro e sindacati dei lavoratori (c.d. parti sociali), allo scopo di garantire ai lavoratori dipendenti dei trattamenti economici in linea con quelli previsti dalla legge in materia di Cassa integrazione guadagni ordinaria (Cigo) e straordinaria (Cigs), in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa. Tali fondi non hanno personalità giuridica e costituiscono gestioni dell’Inps.

Alla suddetta finalità, i fondi di solidarietà bilaterale posso aggiungere le seguenti:

  • assicurare ai lavoratori prestazioni integrative, in termini di importi o durate, rispetto alle prestazioni previste dalla legge in caso di cessazione del rapporto di lavoro, ovvero prestazioni integrative, in termini di importo, rispetto a trattamenti di integrazione salariale previsti dalla normativa vigente;
  • prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni;
  • contribuire al finanziamento di programmi formativi dell’Unione Europea

Ai sensi del riformato art. 26 del d.lgs. 148/2015, dal 1° gennaio 2022:

  • le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale stipulano accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi a oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i datori di lavoro che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 10 del lgs. 148/2015 (Cigo e Cigs), allo scopo di garantire ai lavoratori una tutela almeno pari a quella prevista dal titolo I del medesimo d.lgs. 148/2015 per le fattispecie ivi disciplinate;
  • l’istituzione dei fondi di cui al punto precedente è obbligatoria per i datori di lavoro che occupano almeno un dipendente, inoltre, quelli già costituiti alla data del 1° gennaio 2015 si adeguano alle nuove disposizioni entro il 31 dicembre In mancanza, i datori di lavoro del relativo settore confluiscono, a decorrere dal 1° gennaio 2023, nel fondo di integrazione salariale (FIS) ex art. 29 del d,lgs. 148/2015, al quale sono trasferiti i contributi già versati o comunque dovuti dai datori di lavoro medesimi.

Per i fondi di solidarietà bilaterali costituiti alla data

del 1° gennaio 2022, dunque, è previsto l’obbligo di adeguarsi a quanto disposto dall’art. 30 (assegno di integrazione salariale), comma 1-bis, del d.lgs. 148/2015, ma, considerati anche l’obbligo di bilancio in pareggio, imposto dall’art. 35 (equilibrio finanziario dei fondi) del d.lgs. 148/2015, e le ulteriori finalità che, legittimamente, possono avere gli stessi fondi (cfr. art. 26, comma 9, del d.lgs. 148//2015), l’adeguamento dovrà essere, caso per caso, ponderato in termini di sostenibilità finanziaria, anche prospettica, onde evitare l’aumento delle aliquote dei contributi, a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, che sono stabilite con  decreto  direttoriale  dei  Ministeri  del  lavoro  e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, sulla base della proposta del comitato amministratore del fondo. Al riguardo si segnala che una diversa contribuzione tra i vari fondi o rispetto a quella prevista per le “coperture” di cui al Titolo I del d.lgs. 148/2015 (Cigo e Cigs), potrebbe anche comportare che – a parità di prestazione (integrazione salariale) – soggetti che svolgono un’attività simile sopporterebbero oneri contributivi diversi.

Schema sinottico delle coperture assicurate dai fondi di solidarietà bilaterali

è intervenuta anche sull’art. 29 del d.lgs. 148/2015, che regola il fondo di integrazione salariale (FIS) e, nell’ottica di modificare in senso universalistico il sistema degli ammortizzatori sociali, ha attributo al FIS la funzione di “chiusura del sistema”, in quanto, ove non ricorra per il lavoratore una delle forme di tutela di cui al Titolo primo del d.lgs. 148/2015 né una delle forme di tutela a carico dei fondi di solidarietà bilaterali costituiti ai sensi degli articoli 26, 27 e 40 del medesimo d.lgs. 148/2015, la tutela del lavoratore nei casi di sospensione o riduzione della prestazione lavorativa, dovuti a cause non imputabili a una delle parti del rapporto di lavoro, è oggi assicurata dal fondo di integrazione salariale.

La lettura del nuovo comma 2 bis dell’art. 29 del d.lgs. 148/2015 stimola più di una riflessione. Poiché sono

soggetti alla disciplina del fondo di integrazione salariale i datori di lavoro che occupano almeno

un dipendente, …,

che non aderiscono ai fondi di solidarietà bilaterali

dal 1° gennaio 2022, con riferimento ai settori economici e alle classi dimensionali che legittimano il ricorso al FIS, si possono configurare le seguenti situazioni:

  • per i lavoratori alle dipendenze di imprese che non rientrano nell‘ambito di applicazione dell’art. 10 del lgs. 148/2015 (Cigo), i trattamenti di integrazione salariale sono assicurati dal FIS;
  • per i lavoratori alle dipendenze di imprese che rientrano nell‘ambito di applicazione dei fondi di solidarietà bilaterali, ex 26, 27 e 40 del d.lgs. 148/2015, ma gli stessi fondi non sono stati ancora costituiti, i trattamenti di integrazione salariale sono assicurati dal FIS;
  • per i lavoratori alle dipendenze di imprese che rientrano nell‘ambito di applicazione dei fondi di solidarietà bilaterali, ex 26, 27 e 40 del d.lgs. 148/2015, ma gli stessi fondi non si sono ancora adeguati alla nuova normativa, i trattamenti di integrazione salariale sono assicurati dal FIS.

Al momento si discute sul tema dei lavoratori alle dipendenze di imprese che pur rientrando nell‘ambito di applicazione dei fondi di solidarietà bilaterali, ex art. 26, 27 e 40 del d.lgs. 148/2015, decidano di non aderivi, come letteralmente prevede il comma 2 bis in commento (… datori di lavoro che occupano almeno un dipendente, …, che non aderiscono ai fondi di solidarietà bilaterali …), con le conseguenze (i) per le imprese di dover versare all’Inps il contributo ordinario regolato dai commi 8 e 8 bis dell’art. 29 del d.lgs. 148/2015 e (ii) per i lavoratori di poter usufruire dei trattamenti di integrazione salariale assicurati dal FIS.

Contribuzione ordinaria FIS

In base al comma 8 dell’art. 29 del d.lgs. 148/2015, il finanziamento (ordinario) del FIS è assicurato da un contributo ordinario a carico dei datori di lavoro che rientrano nell’ambito di applicazione del medesimo art. 29, che dal 1° gennaio 2022, deve essere calcolato mensilmente sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali applicando le seguenti aliquote:

  • 0,50% per i  dipendenti  dei  datori  di  lavoro  che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda di integrazione salariale, abbiano occupato mediamente fino a cinque dipendenti;
  • 0,80% per i dipendenti dei datori di lavoro che, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda di integrazione salariale, abbiano occupato mediamente più di cinque dipendenti.

Contribuzione addizionale FIS

In caso di ricorso ai trattamenti di integrazione salariale assicurati dal FIS, i datori di lavoro sono tenuti, inoltre, a versare all’Inps un contributo addizionale, nella misura del 4% della retribuzione persa dai lavoratori sospesi o posti a orario ridotto (cfr. art. 29, comma 8 bis, d.lgs. 148/2015). Dal 1° gennaio 2025, l’aliquota del 4% si ridurrà del 40% (2,4%) per i datori di lavoro che, nel semestre precedente, abbiano occupato mediamente fino a cinque dipendenti e che non abbiano fatto richiesta di assegno di integrazione salariale per almeno 24 mesi, a decorrere dal termine del periodo di fruizione del trattamento.

 

Trattamenti assicurati dal FIS

I trattamenti assicurati dal FIS ai lavoratori, in caso si sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, sono:

  • assegno di integrazione salariale con causali ordinarie;
  • assegno di integrazione salariale con causali straordinarie

 

In base alla tipologia del datore di lavoro, i suddetti trattamenti possono essere concessi dall’Inps nel seguente modo:

  1. l’assegno ordinario ai datori di lavoro nondestinatari della Cigo e non “coperti” dai Fondi di solidarietà bilaterale che occupano mediamente oltre 15 dipendenti nel semestre precedente, nonché i datori di lavoro di cui all’articolo 20, comma 3-ter del d.lgs. 148/2015;

2. l’assegno ordinario e quello straordinario ai datori di lavoro non destinatari della Cigo e non “coperti” dai Fondi di solidarietà bilaterale che occupano mediamente fino a 15 dipendenti nel semestre precedente.

Schema sinottico dei trattamenti assicurati dal FIS per durata

Riduzione della contribuzione ordinaria della Cigs e del FIS per l’anno 2022

(cfr. art. 1, c. 219 e 220 lelle 234/2021)

Allo scopo di contenere l’aumento dei costi del lavoro in un periodo critico del nostro Paese, la legge 234/2021 ha disposto per l’anno 2022, dalla mensilità di gennaio 2022 a quella di dicembre 2022, la riduzione delle percentuali di contribuzione ordinaria per finanziare la Cigs e la FIS nel seguente modo:

Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) Riduzione dello 0,63%, da 0,90% a 0,27%.

Fondo di integrazione salariale (FIS)

Riduzione diversificata in base al settore di attività e/o alla classe dimensionale del datore di lavoro, come

indicato del prospetto seguente.

Agevolazioni temporanee per i settori più colpiti dalla pandemia dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo

2022

(cfr. art. 7 decreto legge 27 gennaio 2022, n. 4)

A favore dei datori di lavoro che operano nei settori che hanno risentito maggiormente degli effetti economici negativi dovuti alla diffusione del virus Covid-19, ad esempio a causa dei provvedimenti di chiusura o di limitazione dell’attività esercitata (es. discoteche, imprese di ristorazione, stabilimenti termali, ecc.), l’art. 7 del decreto legge 27 gennaio 2022, n. 4, ha stabilito che dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022 i datori di lavoro che svolgono una delle attività indicate nell’elenco allegato allo stesso decreto legge, in caso di ricorso ai trattamenti di integrazione salariale di cui al d.lgs. 148/2015 siano esentati dal versamento della contribuzione addizionale, regolata dagli articoli: 5 e 29, comma 8, del d.lgs. 148/215, oltre che decreti istitutivi dei singoli Fondi di solidarietà bilaterale.

 

Presentazione delle istanze dal 1° gennaio 2022 al 7 febbraio 2022

(cfr. Messaggio Inps n. 606 dell’8 febbraio 2022)

Le istanze di ricorso ai trattamenti di integrazione salariale per i periodi iniziati tra il 1° gennaio 2022 e il 7 febbraio 2022 possono essere inviate entro il 23 febbraio 2022, anziché entro il termine di 15 (quindici) giorni dall’inizio della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, come si evince dal messaggio dell’Inps n. 606 dell’8 febbraio 2022. Con lo stesso messaggio l’Inps affronta anche l’argomento della procedura di informazione e consultazione sindacale propedeutica alla concessione dei trattamenti di integrazione salariale, che – di fatto – è superato dalla successiva circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 3 del 16 febbraio 2022.

 

Informazione e consultazione sindacale in materia di FIS

(cfr. art. 14 d.lgs. 148/2015)

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la circolare n. 3 del 16 febbraio 2022, è intervenuto sull’argomento della procedura di cui all’art. 14 del d.lgs. 148/2015, confermando che ai fini dell’accesso all’assegno di integrazione salariale riconosciuto dal Fondo di integrazione salariale (FIS) è necessario esperire la procedura di informazione e consultazione sindacale, anche in via telematica, ma, nel contempo, stabilendo che – in via transitoria ed eccezionale – dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022 le istanze di ricorso al trattamento potranno essere presentate all’Inps anche senza l’attestazione dell’avvenuto espletamento, in via preventiva, della comunicazione di cui all’art. 14 del d.lgs. 148/2015, fermo restando il potere dell’Inps di chiedere al datore di lavoro l’integrazione dell’istanza stessa.

* Odcec Roma

 

 

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