IN CASO DI OMISSIONE CONTRIBUTIVA DA PARTE DEL DATORE DI LAVORO, IL DIPENDENTE NON PUÒ AGIRE NEI CONFRONTI DEGLI ENTI PREVIDENZIALI PER LA REGOLARIZZAZIONE DELLA PROPRIA POSIZIONE

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di Bernardina Calafiori e Alessandro Montagna*

In una sua recentissima decisione (Cass., sez. lav., 9.01.2024 n. 701) la Suprema Corte ha dato importanti indicazioni ai fini dei limiti applicativi del c.d. “principio di automaticità” delle prestazioni previdenziali di cui all’art. 2116, comma I°, c.c.

Come noto, la suddetta disposizione prevede testualmente che “le prestazioni indicate nell’art 2114 c.c. (norma che, a sua volta, rinvia alle leggi speciali ai fini della regolamentazione dei casi e delle forme di previdenza e di assistenza obbligatorie e delle modalità di contribuzione e delle relative prestazioni: n.d.r.) sono dovute al prestatore di lavoro anche quando l’imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti alle istituzioni di previdenza e di assistenza, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali”.

Alla luce di tale previsione, la Suprema Corte ha puntualizzato, nella pronunzia in commento, che il principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116, comma 1, c.c., non deve essere inteso nel senso che esso comporti l’automatico accredito, a favore del dipendente, dei contributi non prescritti il cui versamento sia stato, tuttavia, omesso – in tutto o in parte – dal datore di lavoro.

Al contrario, a detta della Suprema Corte, il citato principio si sostanzia nel garantire al lavoratore le prestazioni previdenziali cui ha diritto, ai sensi dell’art. 2114 c.c., anche nel caso in cui il datore di lavoro abbia omesso il pagamento dei contributi, al fine di non penalizzare il lavoratore medesimo a causa di inadempimenti riconducibili all’imprenditore.

Pertanto il lavoratore, in caso di omissione contributiva da parte del datore di lavoro, non ha alcun diritto di agire nei confronti degli enti previdenziali per ottenere la regolarizzazione della propria posizione contributiva, nemmeno nel caso in cui gli enti previdenziali abbiano omesso di provvedere al recupero dei contributi dovuti dal datore di lavoro e- in ragione della inerzia dei citati enti – il relativo diritto di credito si sia prescritto nel termine di cinque anni (R.D.L. 1827/1935  art. 55, convertito in legge 1155/1936).

In tal caso, però – precisa la Suprema Corte – il dipendente potrà esercitare l’azione di risarcimento dei danni nei confronti del suo datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2116, comma II, c.c. – norma che dispone che “nei casi in cui (…) le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere, in tutto o in parte, le prestazioni dovute, l’imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro” – ove l’inadempimento dell’obbligo contributivo abbia comportato la perdita delle prestazioni previdenziali

Nella pronunzia in esame, la Corte di Cassazione ha, infine, circoscritto i limiti di responsabilità degli enti previdenziali, puntualizzando, sulla scorta di quanto previsto nell’art. 54 della L. 9.3.1989 n. 88 – secondo cui “è fatto obbligo agli agenti previdenziali di comunicare, a richiesta esclusiva dell’interessato o di chi ne sia da questi legalmente delegato o ne abbia diritto ai sensi di legge, i dati richiesti relativi alla propria situazione previdenziale e pensionistica. La comunicazione da parte degli enti ha valore certificativo della situazione in essa descritta” – che:

  • la citata disposizione normativa garantisce al lavoratore un diritto alla corretta informazione circa la consistenza della sua posizione contributiva;
  • se il lavoratore sia rimasto insoddisfatto, potrà agire in giudizio contro l’ente previdenziale esclusivamente per fare valere la responsabilità di quest’ultimo per i danni eventualmente derivati dall’inesatta informazione.

Pertanto, anche ai fini della responsabilità dell’ente previdenziale, la Suprema Corte, facendo applicazione dei principi generali, esige quale presupposto indefettibile dell’azione, il danno a carico del lavoratore, quale conseguenza dell’omessa o inesatta informazione.

*Avvocati Studio Legale Daverio & Florio

(studiolegale@daverioflorio.com)

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