di Ivana De Michele*
C’è una frase che capita di sentire spesso, quasi come un riflesso automatico: “La parità è un tema delle donne”. E una convinzione che sembra innocua, quasi rassicurante, perché solleva molti uomini dal sentirsi parte in causa. E come se il cambiamento potesse essere lasciato interamente nelle mani femminili, mentre gli altri restano a guardare, spettatori neutrali di una partita che non li riguarda. Eppure, questa visione e non solo riduttiva, ma anche ingannevole. La verità e più scomoda e, al tempo stesso, molto più liberatoria: la parità di genere non potrà mai compiersi senza il coinvolgimento attivo degli uomini. Non basta dire di non essere contrari. Non basta “non ostacolare”. Serve un cambio di passo collettivo, capace di incidere sulle mentalità, sulle scelte quotidiane e sui modelli culturali che ancora oggi influenzano le nostre vite. E servono esempi concreti, gesti visibili che possano diventare modelli di riferimento. Molti uomini vivono la parità come una minaccia: temono una perdita di ruolo, di potere, di spazio. E un riflesso antico, ereditato da secoli di stereotipi culturali e sociali che hanno disegnato l’immagine dell’uomo come centro del potere. Ma e davvero così? I dati dicono l’opposto. Secondo il World Economic Forum, colmare il gender gap globale significherebbe accrescere il PIL mondiale di oltre il 20%. In Italia, l’ISTAT ha calcolato che se le donne partecipassero al mercato del lavoro allo stesso livello degli uomini, il nostro Paese guadagnerebbe circa 7 punti di PIL. La parità, dunque, non e un gioco a somma zero, non e un “o vinci tu o vinco io”. E, al contrario, una vittoria collettiva. Una società più equa e anche più sana, più giusta e più innovativa. Continua a leggere