di Paolo Soro*
Nella Gazzetta Ufficiale n. 236 del 08.10.2024 è stata pubblicata la Legge 07/10/2024 n. 143, di conversione, con modifiche, del decreto-legge 9 agosto 2024, n. 113, recante misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi e interventi di carattere economico. Per quanto di interesse in questa sede, l’art. 6 del decreto (tassazione dei redditi di talune categorie di lavoratori frontalieri) determina ulteriori novità nel settore che si applicano già a decorrere dal periodo d’imposta 2024 (ultimo comma della disposizione in parola).
Prima di tutto, però, è il caso di fare un breve riepilogo delle sottostanti vicende normative.
Dopo anni di trattative, il 23 dicembre 2020 l’Italia e la Svizzera hanno firmato un nuovo Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri che ha sostituito il precedente Accordo del 1974. Tra il 2021 e il 2023, i parlamenti dei due Stati hanno poi adempiuto ai passaggi necessari per la traduzione del testo in Legge dello Stato. Il 1° luglio 2023, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge italiana di ratifica 83/2023, è avvenuto l’ultimo di questi passaggi. Infine, il 18 luglio 2023, Italia e Svizzera hanno proclamato ufficialmente l’entrata in vigore del nuovo Accordo sulla tassazione dei lavoratori frontalieri, definendo anche le norme transitorie che disciplinano le differenti regole cui sono soggetti i “nuovi frontalieri” rispetto agli “attuali frontalieri”. In sostanza, restano in vigore le regole dettate nel vecchio Accordo del 1974 per quanto attiene ai c.d. “attuali frontalieri”. Viceversa, coloro i quali arrivano nel mercato del lavoro come frontalieri a partire dalla data di entrata in vigore del nuovo Accordo 2020, saranno considerati come “nuovi frontalieri” e, a essi, si applicherà il regime ordinario stabilito dall’ Accordo 2020. Ma torneremo più avanti sul punto.
Svolta questa necessaria premessa al fine di fornire una visione generale d’insieme, occorre ora preliminarmente ricordare come vengono inquadrati i frontalieri dalla normativa comunitaria. L’art. 1, lett. B, Reg. 1408/71/CEE, stabilisce che:
Il termine «lavoratore frontaliero» designa qualsiasi lavoratore che è occupato nel territorio di uno Stato membro e risiede nel territorio di un altro Stato membro dove, di massima, ritorna ogni giorno o almeno una volta alla settimana; tuttavia, il lavoratore frontaliero, che è distaccato dall’impresa da cui dipende normalmente nel territorio dello stesso o di un altro Stato membro, conserva la qualità di lavoratore frontaliero per un periodo non superiore ai 4 mesi anche se, durante detto distacco, non può ritornare ogni giorno o almeno una volta alla settimana nel luogo ove risiede.
Peraltro, questa definizione si applica solamente alla protezione sociale dei lavoratori in questione all’interno dell’Unione europea. In campo fiscale, le convenzioni bilaterali contro la doppia imposizione che determinano il regime dei lavoratori frontalieri, fissano in genere definizioni maggiormente restrittive, che impongono pure un criterio spaziale, secondo il quale il fatto di risiedere e lavorare in una zona frontaliera in senso stretto, definita in modo spesso variabile in ciascuna convenzione fiscale, è considerato un elemento costitutivo del concetto di lavoro frontaliero.
Prima, però, di arrivare alle nuove regole in materia, ratificate nel recente nuovo Accordo Italia / Svizzera, appare opportuno richiamare anche le principali disposizioni correlate, dettate dal nostro Legislatore nazionale. In proposito, l’art.1, comma 175, L. 147/2013, oltre a stabilire una sorta di no-tax-area per i primi 7.500 euro di reddito prodotto, definisce il frontaliere esclusivamente come quel lavoratore che:
– ha la residenza fiscale italiana;
– presta il lavoro in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, in zone di frontiera, o in Stati limitrofi.
Per quanto concerne la residenza fiscale italiana, pare appena il caso di ricordare che, a decorrere dal 01/01/2024, il comma 2, art. 2, TUIR è cambiato, di tal guisa che, adesso:
Si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta, considerando anche le frazioni di giorno, hanno la residenza ai sensi del codice civile o il domicilio nel territorio dello Stato ovvero sono ivi presenti. Ai fini dell’applicazione della presente disposizione, per domicilio si intende il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona. Salvo prova contraria, si presumono altresì residenti le persone iscritte per la maggior parte del periodo di imposta nelle anagrafi della popolazione residente.
Relativamente a detta ultima novellata “presunzione di residenza” in caso di mancata iscrizione AIRE, si fa presente che il legislatore (Legge 213/2023) ha inasprito le sanzioni che possono essere comminate dai comuni a coloro che, avendo la residenza fiscale all’estero, non provvedano a iscriversi presso l’AIRE locale di riferimento (o quello nazionale) entro 90 giorni: da 200,00 fino a un massimo di 1.000,00 euro a persona, per ogni anno di mancata iscrizione all’AIRE, per un massimo di 5 anni.
Sempre riguardo alla residenza fiscale italiana, non è invece mutato il comma 2-bis dello stesso art. 2 del TUIR, che concerne i trasferimenti nei Paesi c.d. “ex black list”. Peraltro, la Svizzera è uscita dalla citata “lista nera” sempre con medesima decorrenza (2024). Dunque, le nuove regole relative alla residenza degli Italiani, si applicano anche con riferimento agli eventuali spostamenti in terra elvetica avvenuti a partire dal 1° gennaio 2024.
Sempre in ottica fiscale, si rammenta che i frontalieri sono esonerati dall’obbligo di compilazione del quadro RW limitatamente agli investimenti e alle attività estere di natura finanziaria detenute nel Paese in cui svolgono la loro attività lavorativa. Questo esonero vale anche per il coniuge e i familiari di primo grado, nel caso in cui risultino cointestatari, titolari o delegati del conto corrente ove viene accreditato lo stipendio. La predetta esenzione, peraltro, è collegata al periodo in cui il dipendente presta lavoro oltre frontiera e vale per l’intero anno fiscale se l’attività lavorativa è stata svolta all’estero in via continuativa per la maggior parte del medesimo periodo d’imposta.
Laddove si faccia rientro in Italia, l’esonero è limitato e condizionato al trasferimento delle attività detenute all’estero entro 6 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro (Agenzia delle entrate, provvedimento 18 dicembre 2013, n. 151663). Attenzione che, per contro, non esiste il medesimo tipo di esenzione relativamente all’eventuale liquidazione dell’IVIE e dell’IVAFE, se dovute.
Relativamente ai documenti interni di prassi, la circolare 2/E-2003 dell’Agenzia delle entrate, ai fini della corretta individuazione dei redditi prodotti dal frontaliere, afferma:
La disposizione si riferisce ai soli redditi percepiti dai lavoratori dipendenti che sono residenti in Italia e quotidianamente si recano all’estero in zone di frontiera o in Paesi limitrofi per svolgere la prestazione di lavoro. Non rientrano, invece, le ipotesi di lavoratori dipendenti, anch’essi residenti in Italia che, in forza di uno specifico contratto, che preveda l’esecuzione della prestazione all’estero in via esclusiva e continuativa, soggiornano all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di un periodo di 12 mesi” (per i quali, di regola, si applicano le retribuzioni convenzionali).
Orbene, seppure come noto i trattati internazionali assumono valenza prioritaria rispetto alle leggi domestiche (Costituzione, art. 117; DPR 600/1973, art. 75) e, semmai, si applicano le norme interne in deroga agli accordi internazionali solo se più favorevoli rispetto a questi ultimi (TUIR, art. 169), in considerazione dei vari problemi che possono derivare da una non corretta individuazione della residenza fiscale, appare indispensabile tenere conto delle predette disposizioni nazionali.
Ciò risulta vieppiù rilevante proprio negli spostamenti Italia – Svizzera, posto che la Convenzione di riferimento prevede un’eccezione alla regola generale prevista in Italia in merito al periodo d’imposta nel quale i soggetti sono considerati fiscalmente residenti:
La persona fisica che ha trasferito definitivamente il suo domicilio da uno Stato contraente all’altro Stato contraente, cessa di essere assoggettata nel primo Stato contraente alle imposte per le quali il domicilio è determinante, non appena trascorso il giorno del trasferimento del domicilio. L’assoggettamento alle imposte per le quali il domicilio è determinante inizia nell’altro Stato a decorrere dalla stessa data (art. 4, par. 4, Convenzione tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera).
Vediamo allora quanto in concreto è stato stabilito con la legge 83 del 16 giugno 2023 (in vigore dal 1° luglio, fermo restando quanto si dirà dettagliatamente in merito al periodo transitorio), tramite la quale il Parlamento Italiano ha ratificato il nuovo Accordo del 23 dicembre 2020 (e Protocollo aggiuntivo), tra l’Italia e la Svizzera, sull’imposizione fiscale dei lavoratori frontalieri.
L’Accordo (che sostituisce quello precedente del 3 ottobre 1974, così contestualmente variando le previsioni di cui al par. 4, art. 15, Convenzione Italia / Svizzera del 1976), ridefinisce il concetto di “lavoratore frontaliero”, precisando che è tale solo chi:
- è fiscalmente residente in un Comune il cui territorio si trova, parzialmente o totalmente, entro 20 km dalla frontiera;
- lavora come dipendente nell’area di frontiera dell’altro Stato;
- in linea di massima, rientra ogni giorno dal lavoro al proprio domicilio.
Relativamente al punto a, ritorna dunque di importanza fondamentale la corretta determinazione della residenza fiscale in ogni giorno dell’anno.
Per quanto attiene al punto b, le aree di frontiera sono così individuate:
– Svizzera: Cantoni dei Grigioni, del Ticino e del Vallese;
– Italia: Regioni Lombardia, Piemonte, Valle D’Aosta, oltre alla Provincia Autonoma di Bolzano.
Con riguardo infine al punto c, nel Protocollo aggiuntivo viene specificato che:
A meno che le Autorità competenti [Ministero delle Finanze per l’Italia e Dipartimento Federale delle Finanze per la Svizzera] decidano diversamente, è consentito, in linea di principio, di non rientrare quotidianamente al proprio domicilio nello Stato di residenza, per motivi professionali, per un massimo di 45 giorni in un anno civile. I giorni di ferie e di malattia non sono conteggiati in questo limite. Se questo limite viene superato, la persona perderà lo status di frontaliere, ai sensi del nuovo Accordo del 2020, per l’anno interessato.
Non è ben chiaro cosa si intenda con il generico “motivi professionali”, ma si può facilmente ipotizzare che la disposizione voglia far riferimento, in generale, a qualunque motivo di carattere lavorativo, tanto che – come sopra riportato – subito dopo viene precisato che non sono da considerare, agli effetti del computo complessivo, le giornate di ferie e di malattia. Da tenere presente che il tenore letterale della norma, “massimo 45 giorni in un anno civile”, consente la possibilità di “sfruttare” detto periodo in più volte o anche in maniera continuata in un’unica occasione nel corso dello stesso anno. Resta il fatto che, in pratica, non sempre potrebbe risultare agevole dimostrare i predetti “motivi professionali”.
Sempre nel Protocollo aggiuntivo in questione, infine, vengono ulteriormente delimitati i contorni propri dei frontalieri, come coloro che svolgono un’attività di lavoro dipendente da intendersi con riferimento alla definizione di cui all’art. 7 dell’Allegato I dell’Accordo UE sulla libera circolazione delle persone. In particolare, con riferimento al paragrafo 2 di tale articolo, resta inteso che, per quanto concerne la Svizzera, le disposizioni si applicano ai lavoratori dipendenti che detengono un permesso per frontalieri (attualmente definito permesso “G” per persone provenienti da Paesi UE/AELS) che soddisfano le altre condizioni previste nell’Accordo. Se, successivamente all’entrata in vigore dell’Accordo, dovessero esservi apportate modifiche sostanziali, Italia e Svizzera si consulteranno rapidamente al fine di valutarne le eventuali conseguenze.
Come prima anticipato, è previsto un regime transitorio nel quale – di norma – restano in vigore le regole dettate nel vecchio Accordo del 1974, che interessa i c.d. “attuali frontalieri”, identificati come coloro che:
- A) alla data di entrata in vigore del nuovo Accordo, svolgono; oppure
- B) tra il 31/12/2018 e la data di entrata in vigore del nuovo Accordo, hanno svolto
attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera in Svizzera per un datore di lavoro ivi residente, una stabile organizzazione o una base fissa svizzere.
Si ritengono sussistenti tali condizioni quando, in relazione all’attività di lavoro dipendente nell’area di frontiera, il datore di lavoro ha versato le relative ritenute o ha provveduto alla notifica presso l’autorità fiscale cantonale competente. I predetti “attuali frontalieri”, dunque (fatto salvo quanto si dirà alla fine in tema di ultime novelle normative), continuano a essere soggetti a tassazione esclusiva (100%) in Svizzera, fino alla cessazione del rapporto di lavoro in essere. Il Protocollo aggiuntivo al riguardo precisa che detti frontalieri restano imponibili soltanto in Svizzera a prescindere da eventuali interruzioni del rapporto di lavoro oppure da cambi del datore di lavoro, quando continuino comunque a essere sussistenti i requisiti del lavoratore frontaliere e l’attività di lavoro dipendente sia svolta nell’area di frontiera in Svizzera per un datore di lavoro ivi residente, una stabile organizzazione o una base fissa svizzere. Detto in altri termini, non è sufficiente una variazione formale dell’odierno rapporto di lavoro in essere per poter passare da “attuale frontaliere” con regime transitorio (precedente Accordo), a “nuovo frontaliere” con regime ordinario (nuovo Accordo).
A proposito di imposizione, come altresì precisato nel Protocollo aggiuntivo, l’espressione “imposta sui redditi delle persone fisiche” designa le imposte ordinarie nazionali e locali alle quali sono assoggettati i lavoratori non residenti: in Svizzera, si tratta delle imposte federali, cantonali e comunali (con moltiplicatore medio del cantone di riferimento) sulle persone fisiche; in Italia, dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, nonché delle addizionali regionali e comunali.
Ma vediamo allora le differenze tra vecchio e nuovo accordo.
Accordo 1974
- I salari, gli stipendi e gli altri elementi facenti parte della remunerazione che un lavoratore frontaliero riceve in corrispettivo di un’attività dipendente, sono imponibili soltanto nello Stato in cui tale attività è svolta.
- I Cantoni interessati (Grigioni, Ticino, Vallese), ogni anno, dal 1976, nel corso del primo semestre dell’anno successivo a quello cui la compensazione finanziaria si riferisce, versano il 40% dell’ammontare lordo delle imposte sulle remunerazioni pagate durante l’anno solare dai frontalieri italiani, come compensazione delle spese sostenute dai Comuni italiani, a causa dei frontalieri che risiedono sul loro territorio ed esercitano un’attività dipendente sul territorio di uno dei predetti cantoni.
iii. Il versamento avviene in franchi svizzeri in un conto aperto presso la Tesoreria centrale italiana, intestato al Ministero del tesoro e denominato: “Compensazioni finanziarie per l’imposizione operata in Svizzera sulle remunerazioni dei frontalieri italiani”. Le autorità italiane provvederanno a ritrasferire dette somme ai Comuni nei quali risieda un adeguato numero di frontalieri, d’intesa – per i criteri di ripartizione e di utilizzo – con i competenti organi delle Amministrazioni locali interessate.
Accordo 2020
- I) I salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri e pagate da un datore di lavoro quale corrispettivo di un’attività di lavoro dipendente, sono imponibili nello Stato contraente in cui l’attività di lavoro dipendente viene svolta. Tuttavia, l’imposta così calcolata non può eccedere l’80% dell’imposta complessiva risultante dall’applicazione dell’imposta sui redditi delle persone fisiche vigente nel luogo in cui l’attività di lavoro dipendente viene svolta, ivi incluse le imposte locali sui redditi. Lo Stato di residenza assoggetta a sua volta a tassazione ed elimina la doppia imposizione.
- II) Il nuovo carico fiscale totale sul reddito da attività di lavoro dipendente dei lavoratori frontalieri residenti in Italia previsto dal nuovo Accordo, non può essere inferiore all’imposta che sarebbe prelevata in applicazione del precedente Accordo sui lavoratori frontalieri del 1974.
III) L’imposizione dei lavoratori frontalieri nello Stato contraente in cui l’attività di lavoro dipendente viene svolta è effettuata tramite imposizione alla fonte. Qualsiasi altro metodo d’imposizione è escluso ai fini del presente Accordo.
- IV) Lo Stato di residenza del lavoratore frontaliere elimina la doppia imposizione sui salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe ricevute dai lavoratori frontalieri, in conformità alle disposizioni dell’articolo 24 della Convenzione contro le doppie imposizioni del 1976.
- V) La Svizzera, al fine di eliminare la doppia imposizione, prenderà in conto nella determinazione della base imponibile, le imposte prelevate, riducendo dell’80% l’importo lordo del salario, dello stipendio e delle altre remunerazioni analoghe ricevute dal lavoratore frontaliere fiscalmente residente in Svizzera.
L’art. 4 della Legge di ratifica del nuovo Accordo 2020, eleva la franchigia applicabile ai lavoratori frontalieri italiani, a decorrere dal periodo d’imposta 2024. Conseguentemente, il reddito da lavoro dipendente prestato all’estero in zona di frontiera, in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto, da soggetti residenti nel territorio dello Stato italiano, concorre a formare il reddito complessivo per l’importo eccedente i 10.000 euro (fino al 31/12/2023, come già evidenziato, la franchigia era 7.500 euro).
Relativamente ai frontalieri elvetici, sempre a decorrere dal periodo d’imposta 2024, l’imposta netta e le addizionali comunale e regionale all’IRPEF, dovute sui redditi derivanti da lavoro dipendente prestato in Italia, sono specularmente ridotte del 20%. Le riduzioni, da indicare nella CU, spettano comunque negli importi determinati dal sostituto d’imposta, anche nell’ipotesi di presentazione della dichiarazione dei redditi.
L’Accordo introduce, inoltre, una “clausola anti-abuso”, in forza della quale, laddove l’autorità competente di uno degli Stati contraenti venga a conoscenza di uno o più casi di abuso evidente e manifesto delle disposizioni, tale autorità può sottoporre il caso o i casi all’autorità competente dell’altro Stato contraente, onde definire il corretto trattamento fiscale ai fini dell’Accordo.
Spostandoci, ora, nell’alveo previdenziale, un aspetto importante dell’Accordo è dedicato al “telelavoro frontaliero”, che viene qualificato come:
Un’attività che può essere svolta da un qualsiasi luogo e può essere eseguita presso i locali o la sede del datore di lavoro, e che presenta le seguenti caratteristiche:
- Viene svolta in uno o più Stati membri diversi da quello in cui sono situati i locali o la sede del datore di lavoro;
- Si basa su tecnologie informatiche che permettono di rimanere connessi con l’ambiente di lavoro del datore di lavoro o dell’azienda e con le parti interessate o i clienti, al fine di svolgere i compiti assegnati dal datore di lavoro, nel caso dei lavoratori dipendenti, o dai clienti, nel caso dei lavoratori autonomi.
L’Accordo si applica ai lavoratori dipendenti che svolgono abitualmente telelavoro transfrontaliero a condizione che la loro residenza sia in uno Stato firmatario e che la sede legale o il domicilio dell’impresa o del datore di lavoro siano situati in un altro Stato firmatario. I soggetti che ricadono nell’ambito di applicazione dell’Accordo sono i lavoratori ai quali, in seguito al telelavoro transfrontaliero abituale e per effetto delle norme generali contenute nei regolamenti comunitari, si applicherebbe la legislazione dello Stato di residenza. I lavoratori possono essere occupati da una o più imprese e, in tale ipotesi, è necessario che i datori di lavoro abbiano la loro sede legale o il loro domicilio in un unico Stato firmatario. Per contro, l’Accordo non si applica nei seguenti casi:
– esercizio abituale di un’attività diversa dal telelavoro transfrontaliero nello Stato di residenza, e/o;
– esercizio abituale di un’attività in un altro Stato diverso da quello di residenza del lavoratore o in cui ha la sede legale o il domicilio l’impresa, e/o;
– esercizio lavoro autonomo.
In tali situazioni e per tutte quelle non contemplate dall’Accordo, come espressamente previsto, resta comunque impregiudicata la possibilità di concludere un accordo su base individuale, ex regolamento (CE) 883/2004.
Restando in tema di diritto europeo (art. 14 del Reg. CE 987/2009), si ricorda che una persona residente in Italia che lavora in Svizzera, può lavorare da casa al massimo per il 24,99% del tempo di lavoro previsto dal contratto. In caso di superamento di questa soglia, l’autorità previdenziale italiana (INPS) acquisisce la facoltà di richiedere all’azienda svizzera l’incasso del relativo contributo in Italia. Nello specifico, il predetto istituto ha avuto modo di affermare (messaggio 1072/2024), che, in base a quanto stabilito dal nuovo Accordo Italia/ Svizzera:
Su domanda, la persona che svolge abitualmente telelavoro transfrontaliero nello Stato di residenza in misura inferiore al 50% del tempo di lavoro complessivo, può essere assoggettata alla legislazione di sicurezza sociale dello Stato in cui il datore di lavoro ha la sede legale o il domicilio.
L’Accordo, pertanto, introduce la possibilità di derogare alla regola generale per la determinazione della legislazione applicabile nei casi di esercizio dell’attività in due o più Stati membri, in base alla quale la persona che esercita abitualmente un’attività subordinata in due o più Stati membri è soggetta alla legislazione dello Stato di residenza se esercita un’attività pari o superiore al 25% in detto Stato membro (cfr. art. 13, par. 1, lett. a, regolamento CE 883/2004, in combinato disposto con l’art. 14, par. 8 e 10, regolamento CE 987/2009).
In attesa della revisione dei regolamenti comunitari di sicurezza sociale e dell’adozione di una specifica disciplina del telelavoro transfrontaliero, l’Accordo pare offrire una soluzione che concili gli interessi di tutte le parti in causa. In particolare, l’Accordo garantisce ai lavoratori la possibilità di potere continuare a svolgere la prestazione da remoto nello Stato di residenza, senza che ciò comporti una modifica della legislazione applicabile e sia così salvaguardata anche la continuità assicurativa in un solo Stato membro. Per contro, i datori di lavoro non hanno alcun ulteriore obbligo o adempimento da effettuare nello Stato di residenza del lavoratore.
La legge di ratifica dell’Accordo precisa, infine, talune ulteriori regole di carattere previdenziale, che peraltro non pare necessitino di particolari approfondimenti.
- I) Contributi prepensionamenti
A decorrere dal periodo d’imposta 2024, i contributi previdenziali per il prepensionamento di categoria che, in base a disposizioni contrattuali, sono a carico dei lavoratori frontalieri nei confronti degli enti di previdenza dello Stato in cui gli stessi prestano l’attività lavorativa, sono deducibili dal reddito complessivo nell’importo risultante dalla documentazione concernente l’effettivo sostenimento degli stessi.
- II) Assegni familiari
Sempre a decorrere dal periodo d’imposta 2024, sono esclusi dalla base imponibile IRPEF, gli assegni di sostegno al nucleo familiare erogati dagli enti di previdenza dello Stato in cui il frontaliere presta l’attività lavorativa.
III) Naspi
A meno che l’importo della Naspi risulti comunque superiore all’indennità di disoccupazione prevista dalla legislazione svizzera (cosa, invero, assai improbabile), la Naspi per i frontalieri è calcolata per i primi 3 mesi in misura pari all’importo erogabile, in caso di disoccupazione, ai sensi della legislazione svizzera, secondo le modalità stabilite dall’art. 65, par. 6, II periodo, regolamento CE 883/2004, che risulta applicabile in forza dell’Accordo tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera dall’altra, sulla libera circolazione delle persone.
Venendo ora, in sede conclusiva, alle recenti novità pubblicate l’8 ottobre 2024, a fronte del complessivo scenario fiscale sopra delineato, interviene la novella recata dall’art. 6, d.l. 113/2024.
I lavoratori possono optare per l’applicazione, sui redditi da lavoro dipendente percepiti in Svizzera, di un’imposta sostitutiva di IRPEF e addizionali, pari al 25% delle imposte applicate in Svizzera sugli stessi redditi, se sussistono le seguenti condizioni:
- a) Il lavoratore si qualifica come frontaliere in base al nuovo Accordo del 2020;
- b) Il lavoratore, alla data di entrata in vigore del predetto Accordo, era qualificato come “attuale frontaliere”;
- c) I redditi sono assoggettati a tassazione in Svizzera secondo i criteri indicati sempre nel nuovo Accordo del 2020.
A tal riguardo, le imposte pagate in Svizzera sui redditi assoggettati all’imposta sostitutiva non sono ammesse in detrazione. L’opzione è esercitata dal lavoratore nella propria dichiarazione dei redditi. Il versamento dell’imposta sostitutiva è eseguito entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi. L’ammontare delle imposte applicate in Svizzera è convertito in euro sulla base del cambio medio annuale del periodo d’imposta in cui i redditi sono percepiti. Per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette. L’opzione per l’imposta sostitutiva può essere esercitata anche dai lavoratori dipendenti, qualificati come “attuali frontalieri”, residenti nei comuni delle province di Brescia e di Sondrio, inclusi nell’elenco allegato al decreto. Infine, i lavoratori che esercitano l’opzione in argomento, detraggono dall’imposta sostitutiva un importo pari al 20% dei contributi dovuti per il SSN sulla base delle regole e delle aliquote stabilite dalla regione di residenza.
Al di là delle novità di carattere fiscale di cui sopra, pare opportuno richiamare l’attenzione sulla novella concernente i comuni interessati dalla normativa.
In passato, non esisteva un elenco definito di comuni italiani considerati frontalieri; la Svizzera gestiva tale elenco unilateralmente, includendo solo i comuni situati entro 20 chilometri dal confine con i cantoni: Grigioni, Ticino e Vallese. Con il nuovo Accordo, è stato definito un elenco ufficiale di 72 comuni italiani situati entro 20 chilometri dal confine svizzero, che non erano stati precedentemente inclusi. Ciò consente ai residenti di tali comuni di accedere al nuovo regime fiscale, pur non avendo di fatto beneficiato del vecchio regime dei frontalieri. Per l’elenco di tutti i comuni italiani interessati, si rimanda agli allegati 1 e 2 del decreto.
*ODCEC Roma