di Paolo Soro*
Di seguito, le risposte ai quesiti su fattispecie “dubbie” afferenti sia al vecchio che al nuovo regime impatriati.
1) Ulteriore quinquennio agevolabile: chi esercita l’opzione a pagamento e chi accede gratuitamente?
L’Agenzia ha precisato che risultano esclusi dalla possibilità di esercitare l’eventuale opzione:
– Gli sportivi professionisti
– Coloro che si sono trasferiti in Italia a partire dal 30 aprile 2019
– I cittadini italiani, rientrati entro il 29 aprile 2019, non iscritti all’AIRE
– I cittadini extra-comunitari
Preliminarmente, con riferimento ai cittadini extra-UE, si ritiene che il parere espresso dall’Agenzia non sia condivisibile e possa essere legittimamente contestato, poiché, laddove è presente una convenzione bilaterale valida che prevede il diritto di non discriminazione, essendo tale fonte normativa prevalente su quella domestica, si deve necessariamente applicare la prima e non la seconda.
Invero, come noto, in base alla gerarchia delle leggi, la norma internazionale convenzionale prevale sempre sulle leggi dello Stato (Costituzione, art. 117; DPR 600/1973, art. 75). Orbene, il modello
convenzionale OCSE per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e prevenire le evasioni fiscali, stabilisce:
– Art. 1: Il presente Accordo si applica alle persone che sono residenti di uno o di entrambi gli Stati
contraenti.
– Art. 2: Il presente Accordo si applica alle imposte sul reddito prelevate per conto di ciascuno degli Stati contraenti, o delle sue suddivisioni politiche o amministrative o dei suoi enti locali, qualunque sia il sistema di prelevamento.
Sono considerate imposte sul reddito tutte le imposte prelevate sul reddito complessivo o su elementi del reddito, comprese le imposte sull’ammontare complessivo degli stipendi o dei salari corrisposti dalle imprese. Le imposte attuali cui si applica l’Accordo sono in particolare, per quanto concerne l’Italia: l’imposta sul reddito delle persone fisiche…
Il presente Accordo si applicherà anche alle imposte di natura identica o sostanzialmente analoga che verranno istituite dopo la data della firma dell’Accordo, in aggiunta o in sostituzione delle imposte attuali.
– ART. 24 (NON DISCRIMINAZIONE): I nazionali di uno Stato contraente, non sono assoggettati nell’altro Stato contraente ad alcuna imposizione e obbligo a essa relativo, diversi o più onerosi di quelli cui sono o potranno essere assoggettati i nazionali di detto altro Stato che si trovino nella stessa situazione. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle imposte previste dall’articolo 2 del
presente Accordo.
In definitiva, l’art. 24 della Convenzione vieta che siano negati ai lavoratori di cittadinanza
– nella specie – extra-UE, gli stessi vantaggi fiscali concessi agli altri lavoratori italiani. Il citato divieto di non discriminazione è inoltre coerente con quanto previsto, sul piano fiscale e costituzionale dall’Ordinamento dello Stato italiano. Alla luce di quanto precede, dunque, si ritiene non condivisibile e privo di valenza normativa il parere espresso in proposito dall’Agenzia delle entrate.
Con riferimento, poi, ai periodi d’imposta interessati, si rammenta quanto segue:
– Fino al 29 aprile 2019 = Opzione: 10% (con un figlio minorenne / immobile) 5% (con 3 figli minorenni)
– Dal 30 aprile 2019 = Richiesta ordinaria gratuita
Prospetto esemplificativo:

Giova ricordare che, se la residenza fiscale è stata acquisita tra il 30/04/2019 e il 02/07/2019, il primo
periodo d’imposta italiano è comunque il 2019 e il quinquennio iniziale scade il 31/12/2023.
Si ricorda altresì che l’opzione a pagamento va esercitata tassativamente a partire dal 1° gennaio ed entro il 30 giugno del primo periodo d’imposta relativo all’ulteriore quinquennio, a condizione che sussistano i requisiti; e che, a detto ultimo proposito, l’acquisto dell’immobile deve essere completamente definito entro diciotto mesi dalla data di effettuazione del versamento (opzione).
2) Su quale reddito occorre calcolare la percentuale 5%/10% da versare?
La norma parla:
“…Dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia OGGETTO DELL’AGEVOLAZIONE”; non fa riferimento ai “redditi agevolati”.
Pertanto, l’imposta sostitutiva (10% / 5%) va calcolata sul reddito prodotto al lordo della quota di esenzione stabilita dal regime; non al netto.
3) Immobile: è possibile entrarne in possesso a seguito di donazione?
No, la norma dice che l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà. L’uso del termine “acquistare”, a parere dell’Agenzia delle entrate, porta a escludere che l’immobile possa essere ricevuto in donazione o sia stato ereditato.
Ovviamente, nulla vieta di vendere tale immobile e acquistarne un altro, ovvero, mantenere quello ricevuto a titolo gratuito e acquistarne un altro a titolo oneroso.
Analogamente, l’impatriato potrebbe essere già proprietario di altro immobile nel territorio dello Stato, ma, per avere le agevolazioni concernenti l’ulteriore quinquennio dovrà acquistare a titolo oneroso un’altra unità immobiliare di tipo residenziale nel periodo richiesto, eventualmente anche previa cessione dell’immobile precedentemente acquistato e non valido agli effetti del soddisfacimento dei requisiti richiesti dalla legge. A tal proposito, limitarsi solo a procedere a una ristrutturazione straordinaria (anche particolarmente radicale, con variazione catastale) dell’immobile precedentemente acquisito, non appare sufficiente.
4) Immobile: si può venderlo prima della scadenza dell’ulteriore quinquennio?
Sì, ma si perdono le agevolazioni a partire dal periodo d’imposta in cui è stato venduto, salvo che l’immobile non sia stato venduto per acquistarne un altro in sostituzione che presenti gli stessi requisiti. Restano salve le agevolazioni precedentemente applicate nei periodi d’imposta nei quali l’immobile esisteva.
5) Immobile: co-intestazione al 50% a due diversi impatriati; si rispettano i requisiti per chiedere l’agevolazione legata all’ulteriore quinquennio da parte di entrambi?
Sì, l’unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal
convivente o dai figli, anche in comproprietà. Risulta, pertanto, irrilevante che il comproprietario sia
anch’esso un impatriato, tenuto conto che nessuna preclusione è indicata dalla norma, né, tanto meno, può essere da questa dedotta. Ovviamente, entrambi i coniugi dovranno risultare residenti all’anagrafe del Comune in cui è situato l’immobile (e, dunque, anche nel medesimo stato di famiglia), nonché entrambi pieni proprietari dell’immobile (ossia, il rispettivo 50% deve essere detenuto a titolo di proprietà – non usufrutto o altro).
6) Immobile: il requisito della “comproprietà” vale anche per conviventi dello stesso sesso? Quali documenti occorrono nel caso?
Sì, la norma parla di “convivente” senza escludere le persone dello stesso sesso. Quanto ai documenti,
occorrono quei certificati di regola rilasciati dal Comune che attestano appunto la convivenza di fatto nell’immobile acquistato in comproprietà (purché piena proprietà) da parte di entrambi i soggetti.
In genere, si tratta della dichiarazione per la costituzione di una convivenza di fatto, che può essere effettuata da due persone maggiorenni, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, coabitanti e iscritte sul medesimo stato di famiglia, nonché ovviamente entrambe residenti presso il Comune al quale viene presentata la dichiarazione.
7) Immobile: posso tenere la nuda proprietà e dare l’usufrutto a mia moglie?
No. L’immobile può essere acquistato in comproprietà col coniuge, ma il diritto acquisito deve comunque essere quello della piena proprietà (è irrilevante che i diritti siano stati “spartiti” con il coniuge convivente). Il requisito relativo alla proprietà dell’unità immobiliare non risulta soddisfatto se l’acquisto riguarda la sola nuda proprietà o il solo diritto di usufrutto; anche la mera sottoscrizione di un preliminare di compravendita non è sufficiente.
8) È possibile accedere al regime impatriati per lavoratori in smart working di società estera?
Sì! Rileva il luogo materiale dove viene fisicamente svolta l’attività lavorativa e non la cittadinanza
di datore e/o lavoratore. Piuttosto, attenzione ai lavoratori (cittadini stranieri) che prestano attività in Italia per oltre 183 giorni, tenuto conto della nuova normativa relativa alla residenza fiscale, che prevede anche il requisito della sola presenza fisica, al fine di accertare la residenza fiscale in Italia.
9) In caso di seconda o ulteriore assunzione, a quali datori di lavoro va presentata la domanda di agevolazione prevista dal regime impatriati?
La richiesta è presentata sempre e solo all’attuale datore di lavoro, anche in caso di seconda o ulteriore assunzione, rispetto a quella per cui il lavoratore è rientrato.
10) Nel caso in cui il dipendente presenti la domanda in corso d’anno, ma le agevolazioni spettino per tutto il periodo d’imposta a partire dal 1° gennaio, cosa succede?
Il datore di lavoro deve applicare il beneficio dal periodo di paga successivo alla richiesta e, in sede di conguaglio, dalla data dell’assunzione. Se il programma non consente di conguagliare a fine anno il differente imponibile sul quale sono state inizialmente applicate le ritenute, il lavoratore impatriato può comunque auto-calcolare le ritenute nella misura corretta, indicando nella propria dichiarazione annuale, per la parte non calcolata correttamente, i redditi percepiti già nella misura ridotta (ossia, al netto dell’esenzione prevista dalla legge). A tal fine, le istruzioni di accompagnamento al modello redditi persone fisiche prevedono dei codici specifici da indicare nell’apposita casella “Casi particolari”.
Lo stesso comportamento può essere adottato pure nel caso in cui il datore di lavoro non abbia
dato positivo riscontro alla domanda presentata dal dipendente e abbia deciso di calcolare le ritenute anche sulla parte esente del reddito.
Da notare che la norma in realtà non prevede specifiche sanzioni in capo a tale datore di lavoro.
11) Come cambia la percentuale di esenzione prevista per l’ulteriore quinquennio, nel caso in cui venga richiesta dai lavoratori del Mezzogiorno?
Non cambia. Con la vecchia normativa, l’esenzione relativa al quinquennio iniziale è pari al 90% per i
lavoratori del Mezzogiorno e al 70% per gli altri.
Nel caso in cui spetti l’agevolazione per l’ulteriore quinquennio a seguito di immobile acquistato o figlio minorenne a carico, la quota di esenzione è comunque pari al 50% per tutti. Nel caso in cui spetti l’agevolazione per l’ulteriore quinquennio a seguito di tre figli minorenni a carico, la quota di esenzione è pari al 90% per tutti.
Si ricorda che:
– Con riguardo all’immobile, i lavoratori devono diventare proprietari di almeno un’unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al
trasferimento
– Con riguardo al/ai figlio/i, il requisito deve essere verificato alla data in cui si esercita l’opzione/richiesta
Viceversa, con la nuova normativa, il reddito esente è pari (per tutti) al 50% e diventa pari (per tutti) al 60% se si ha almeno un figlio minorenne a carico residente (o comunque a partire dal momento in cui si presenta tale requisito nel corso del quinquennio). L’ulteriore periodo eventuale di esenzione è di tre anni ed è pari (per tutti) al 50%, ma solo, limitatamente ai soggetti che trasferiscono la propria residenza
anagrafica nell’anno 2024, nel caso in cui siano divenuti proprietari (da intendersi come piena
proprietà del 100%), entro la data del 31 dicembre 2023 e, comunque, nei dodici mesi precedenti
al trasferimento, di un’unità immobiliare di tipo residenziale adibita ad abitazione principale in Italia.
12) Qual è il reddito imponibile agli effetti Inps?
Al momento, resta ancora un problema costituzionale di ingiustificata disparità: nessun valido documento di prassi è stato emanato al riguardo.
In particolare, per quel che concerne il reddito d’impresa del vecchio regime (pacificamente applicabile anche al lavoro autonomo sia del vecchio che del nuovo regime), la circolare INPS numero 102 del 12/06/2003 (successivamente sempre richiamata e confermata), precisa che:
I contributi previdenziali sono calcolati sulla totalità dei redditi di impresa dichiarati ai fini IRPEF, prodotti nello stesso anno al quale il contributo si riferisce. In ordine alla concreta individuazione dell’ammontare del reddito di impresa da assoggettare all’imposizione dei contributi previdenziali si fa
presente che deve essere preso in considerazione il totale dei redditi di impresa, così come dichiarato ai
fini delle imposte sui redditi.
Da quanto qui evidenziato, ne consegue dunque che gli impatriati, i quali producono redditi di lavoro autonomo e di impresa, beneficiano altresì di un obbligo contributivo in misura (ridotta) direttamente proporzionale al reddito effettivamente dichiarato, oltre ovviamente alle minori imposte da pagare.
Tale situazione, peraltro, non si verifica in maniera analoga nelle fattispecie concernenti gli impatriati che percepiscono redditi di lavoro dipendente e assimilato. Tenuto infatti conto di come è strutturata la busta paga, in assenza di specifiche diverse indicazioni diramate dall’INPS, le conseguenze pratiche sono che:
• Il reddito imponibile ai fini tributari (ritenute) è pari alla sola quota parte stabilita dal Regime
• L’imponibile ai fini previdenziali (contributi) è il reddito complessivo “al lordo” dall’esenzione
reddituale prevista dal Regime
Ma, attenzione, quanto visto sopra per l’INPS non si applica necessariamente ai professionisti che hanno una specifica cassa di previdenza come Avvocati, Commercialisti, Notai, Medici, etc. Per ogni cassa esiste un regolamento specifico e le regole possono cambiare dall’una all’altra. Si consiglia pertanto di consultare il regolamento della propria cassa di appartenenza.
Esempio, le istruzioni di compilazione diramate dalla CNPADC, riportano:
Per “Reddito netto professionale” si intende quello definito dal vigente art. 53, comma 1, del D.P.R.
917/86, relativo all’esercizio dell’attività di Dottore.
Ciò significa che noi iscritti alla CNPADC, se interessati dall’applicazione del regime, dovremo indicare il reddito prodotto al lordo dell’eventuale esenzione stabilita per gli impatriati.
13) Quale regime speciale di favore si può/deve applicare nel caso si svolga contemporaneamente attività di ricerca come dipendente e attività di lavoro autonomo?
L’Agenzia delle entrate risponde che i diversi regimi agevolativi previsti per i contribuenti che rientrano
in Italia sono fruibili contemporaneamente dallo stesso soggetto, relativamente al medesimo periodo d’imposta, nel rispetto di tutti i requisiti previsti dalle relative disposizioni. Pertanto, ad esempio, un contribuente che al rientro in Italia svolge un’attività di ricerca ed esercita anche un’attività di lavoro autonomo potrà, nel rispetto di ogni altra condizione prevista dalla normativa, applicare l’articolo 44 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (rientro dei cervelli), ai redditi prodotti in Italia per l’attività di ricerca; e l’articolo 5 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209 (impatriati), al reddito di lavoro autonomo prodotto in Italia.
14) La nuova normativa richiede il possesso dei requisiti di elevata qualificazione o specializzazione. Quali sono e cosa s’intende in pratica?
Secondo l’Agenzia delle entrate, sono «altamente qualificati/specializzati» i lavoratori alternativamente in possesso:
– Del titolo di istruzione superiore di livello terziario rilasciato dall’autorità competente nel Paese dove è stato conseguito che attesti il completamento di un percorso di istruzione superiore di durata almeno triennale o di una qualificazione professionale di livello post secondario di durata almeno triennale o corrispondente almeno al livello 6 del Quadro nazionale delle qualificazioni;
– Dei requisiti previsti dal decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 206, limitatamente all’esercizio di professioni regolamentate;
– Di una qualifica professionale superiore attestata da almeno cinque anni di esperienza professionale di livello paragonabile ai titoli d’istruzione superiori di livello terziario, pertinenti alla professione o al settore specificato nel contratto di lavoro o nell’offerta vincolante;
– Di una qualifica professionale superiore attestata da almeno tre anni di esperienza professionale pertinente acquisita nei sette anni precedenti la presentazione della domanda di Carta blu UE, per quanto riguarda dirigenti e specialisti nel settore delle tecnologie dell’informazione e della
comunicazione.
15) È vero che è cambiata la norma relativamente all’obbligo del “collegamento funzionale” tra la data dell’impatrio e quella dell’inizio del lavoro?
In realtà, la norma non è cambiata (nulla di specifico era previsto prima e nulla è previsto ora), ma è – abbastanza inspiegabilmente, ma piacevolmente – cambiata l’interpretazione diramata negli ultimi documenti di prassi dall’Agenzia delle entrate, seppure con riferimento solo ai nuovi impatriati (altra cosa bizzarra). Nello specifico, con l’interpello 66/2025, l’Agenzia delle entrate ha precisato che:
Ai fini dell’applicazione del nuovo regime, non è più necessario verificare la sussistenza di un collegamento ‘’funzionale’’ tra il trasferimento della residenza fiscale in Italia e l’inizio di un’attività
lavorativa dalla quale derivi un reddito agevolabile, prodotto in Italia, diversamente da quanto chiarito con riferimento al previgente ‘’regime speciale per lavoratori impatriati’’.
Non è necessario, dunque, che al rientro in Italia sussistano i requisiti previsti dalla norma, potendo
gli stessi maturare anche successivamente.
In tal caso, il contribuente potrà applicare il nuovo regime al ricorrere dei predetti requisiti per i residui periodi d’imposta di fruizione dell’agevolazione, che si applica per ciascun periodo d’imposta in cui i requisiti sussistono.
Non capiamo in base a quale norma di legge sia giustificato questo cambio di rotta, ma ne prendiamo atto tutti, molto favorevolmente.
16) È possibile cambiare regime di favore all’interno del quinquennio, esempio: da forfettario a impatriato?
Secondo quanto indicato in precedenza dall’Agenzia delle entrate, perlomeno, con riferimento alla vecchia normativa, il contribuente che rientra in Italia e sceglie un regime, non potrà più cambiare tale scelta.
Tale interpretazione, francamente, lascia basiti, sia perché è assolutamente consentito dalla normativa (e ci mancherebbe pure altro) variare, salvo eventuale periodo di opzione bloccato (si ricorda che il regime forfettario è tale per natura), la scelta del regime contabile/ fiscale; sia perché ciò appare nettamente in contrasto con quanto inizialmente affermato dalla stessa Agenzia delle entrate la quale aveva ampiamente chiarito che:
Un lavoratore autonomo che ha trasferito la residenza fiscale in Italia nel periodo d’imposta 2017, se non ha dato evidenza dell’agevolazione nella relativa dichiarazione dei redditi e in quella concernente il periodo di imposta successivo (2018), i cui termini sono scaduti, non può fruire dell’agevolazione per dette annualità.
Diversamente, con riferimento ai periodi d’imposta dal 2019 al 2021, può fruire dell’agevolazione dandone evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi.
In sostanza, perderà quella/e annualità specifiche che sono carenti degli adempimenti richiesti, ma non gli è vietato di sfruttare quelle eventuali annualità restanti all’interno del quinquennio.
Detto ciò, magari così come è inspiegabilmente cambiata l’interpretazione relativa al c.d. “collegamento funzionale”, per analogia, con la nuova normativa cambierà pure l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate collegata alla specifica fattispecie in esame. Invero, se teniamo conto di quanto affermato prima, sembrerebbe parimenti da rivedere anche il divieto prima espresso dall’Agenzia delle entrate sul cambio regime nel quinquennio:
Il contribuente potrà applicare il nuovo regime al ricorrere dei predetti requisiti per i residui periodi d’imposta di fruizione dell’agevolazione, che si applica per ciascun periodo d’imposta in cui i requisiti sussistono.
Però, al momento, non si hanno elementi tali da poterlo affermare con certezza.
17) Sono mutate le regole per i contribuenti che impatriano al termine di distacco all’estero?
Sì! Con il vecchio regime, non spetta il beneficio fiscale nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro (vincolo del c.d. “rientro in continuità di contratto”).
Viceversa, la novella normativa stabilisce delle regole completamente diverse in proposito, limitandosi solo a vietare le fattispecie che non rientrano nei nuovi parametri minimi di permanenza all’estero; che non sono più gli ordinari tre periodi d’imposta, ma che diventano:
- Sei periodi d’imposta, se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo
Sette periodi d’imposta, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo.
18) Usufruendo del regime speciale per docenti e ricercatori, qual è la porzione di reddito da tenere conto al fine di poter essere considerati fiscalmente a carico del proprio coniuge?
Anche in questo caso, stranamente ma piacevolmente, l’Agenzia delle entrate risponde che:
La norma non prevede che la quota esclusa dalla formazione del reddito di lavoro dipendente o autonomo vada aggiunta, ai fini della verifica del limite reddituale indicato dall’art. 12 del TUIR, al reddito complessivo.
Pertanto, in assenza di una specifica disposizione, la quota di reddito esente da imposizione, non concorrendo alla formazione della base imponibile, non rileva ai fini della determinazione del reddito complessivo del familiare.
Ciò premesso, qualora il reddito complessivo determinato come sopra indicato e assunto al netto della quota esente da imposizione, sia non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili, si potrà essere considerati fiscalmente a carico del proprio coniuge, con conseguente riconoscimento in capo a quest’ultimo delle detrazioni di cui all’articolo 12, del TUIR, anche se il reddito complessivo totale senza esenzione è maggiore.
19) Vi sono limitazioni nel nuovo regime impatriati relativamente ai cittadini stranieri che impatriano in Italia o a quelli italiani che non hanno mai avuto residenza fiscale italiana?
No, in linea di massima, possono accedere al regime (previa verifica degli altri ordinari requisiti) sia i cittadini italiani che quelli stranieri; nonché, più in generale, anche coloro che non hanno mai avuto in precedenza la residenza fiscale in Italia.
20) L’art. 16, co. 3-bis, d.lgs. 147/2015, aggiunto dal Decreto Legge del 30/04/2019 n. 34, conv. Legge 28 giugno 2019 n. 58, prevedeva che: Le disposizioni del presente articolo si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta anche nel caso in cui i lavoratori diventino proprietari di almeno un unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento. Successivamente, con le modifiche apportate dalla Finanziaria, il decreto crescita ha previsto l’aggiunta: “…Ovvero ne diviene proprietario entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell’opzione.” Qual è esattamente il termine ultimo da prendere in considerazione per l’eventuale acquisizione dell’immobile, onde poter usufruire dell’ulteriore quinquennio di agevolazioni?
Attenzione a non fare confusione; in realtà si tratta di due disposizioni completamente differenti: una relativa al termine – per così dire – “iniziale”, e una attinente a quello “finale”.
Nello specifico, il Decreto Crescita è stato oggetto di modifiche in sede di approvazione della Legge Finanziaria (Legge 30 dicembre 2020 n. 178, art. 50, co. 1). Detta normativa, senza apportare alcuna variazione al comma 3-bis, art. 16 (così come aggiunto in precedenza), ha previsto, tra gli altri, il comma 2-bis che ha stabilito le disposizioni da seguire in caso di opzione per l’ulteriore quinquennio da parte dei soggetti meglio individuati nel precedente QUESITO 1.
Orbene, i “diciotto mesi” concernono il caso relativo all’eventuale esercizio dell’opzione per l’ulteriore quinquennio e sono stabiliti dalla Finanziaria con riferimento ai soggetti che intendano versare l’imposta sostitutiva (10% / 5%), entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione. Pertanto, in tali fattispecie, il termine ultimo possibile entro cui i contribuenti in questione devono essere diventati proprietari dell’immobile diviene il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di conclusione del primo periodo di fruizione dell’agevolazione.
In definitiva, abbiamo:
Comma 2-bis aggiunto dalla Finanziaria:
“I soggetti, diversi da quelli indicati nel comma 2, che siano stati iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero o che siano cittadini di Stati membri dell’Unione europea, che hanno già trasferito la residenza prima dell’anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, possono optare per l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettera c), del presente articolo, previo versamento di:
a) un importo pari al 10% dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia oggetto dell’agevolazione di cui all’articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, relativi al periodo d’imposta precedente a quello di esercizio dell’opzione, se il soggetto al momento dell’esercizio dell’opzione ha almeno un figlio minorenne, anche in affido preadottivo, o è diventato proprietario di almeno un unità immobiliare di tipo residenziale in Italia, successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti al trasferimento, OVVERO NE DIVIENE PROPRIETARIO ENTRO DICIOTTO MESI DALLA DATA DI ESERCIZIO DELL’OPZIONE DI CUI AL PRESENTE COMMA, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito senza l’applicazione di sanzioni…” .
Comma 3-bis introdotto col Decreto Crescita:
“Le disposizioni del presente articolo si applicano per ulteriori cinque periodi di imposta nel caso in cui i lavoratori diventino proprietari di almeno un unità immobiliare di tipo residenziale in Italia,
successivamente al trasferimento in Italia O NEI DODICI MESI PRECEDENTI AL TRASFERIMENTO”.
*ODCEC Roma