Procedure concorsuali e rapporti di lavoro: diritti e doveri dei soggetti coinvolti. La gestione della continuità dei rapporti di lavoro nel Concordato Preventivo e nel Fallimento.

di Davide Manzelli* 

Come già abbiamo avuto modo di anticipare nel precedente articolo (nel numero della rivista di luglio 2015), se da un lato, in caso di Concordato Preventivo, la prosecuzione dei rapporti di lavoro rappresenta, almeno inizialmente, una conseguenza delle valutazioni e delle scelte operate dall’imprenditore in merito alla continuazione dell’attività d’impresa (che sono contenute nel piano di concordato depositato o in fase di predisposizione nel Concordato “con riserva”), in caso di Fallimento il subentro nei contratti di lavoro pendenti è condizionata alla decisione del Tribunale (nella sentenza dichiarativa di fallimento) o del Curatore (previo parere favorevole del comitato dei creditori e con autorizzazione del Giudice Delegato) di disporre dell’esercizio provvisorio (ex art. 104 L.F.) o collegata a possibili strategie liquidatorie idonee a preservare le potenzialità degli assets aziendali (ad esempio in caso di possibile affitto d’azienda o di rami d’azienda ex art. 104-bis L.F.).

In Concordato Preventivo (sia nella fase “con riserva” sia dopo l’ammissione) i rapporti di lavoro proseguono di diritto senza soluzione di continuità e senza che sia di fatto necessario l’intervento in tal senso del Commissario Giudiziale.

Nel Fallimento, qualora non venga disposto l’esercizio provvisorio, il Curatore può contare sulla temporanea sospensione dei rapporti di lavoro ex art. 72 L.F.; i rapporti di lavoro “entrano” infatti automaticamente in uno stato di quiescenza fino a quando il Curatore non provvede a comunicare formalmente, e a seguito di autorizzazione del comitato dei creditori, l’eventuale subentro nei singoli rapporti di lavoro (ad esempio in caso di temporanee esigenze collegate al disbrigo delle attività contabili/amministrative, alla custodia dei beni o per terminare la consegna di merce ai clienti; in tal senso l’articolo 32 c. 2 della L.F. quando dispone la possibile nomina di coadiuvanti) o dia corso all’iter necessario per risolverli.

Qualora invece venga disposto l’esercizio provvisorio, il comma 7 dell’art. 104 L.F. prevede espressamente che “… i contratti pendenti proseguono, salvo che il Curatore non intenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli”: tale disposizione realizza quindi un’eccezione rispetto alla regola generale di sospensione dei rapporti giuridici dettata dall’art. 72 L.F.; se l’esercizio provvisorio viene disposto successivamente alla dichiarazione di fallimento la disciplina generale di cui all’art. 72 L.F. (e quindi la sospensione dell’esecuzione dei con- tratti pendenti) avrà effetto fino al momento in cui viene autorizzato il provvedimento da parte del Giudice Delegato e la prosecuzione dei rapporti di lavoro (al pari di tutti gli altri contratti pendenti) si avvierà automaticamente con effetto retroattivo sin data di dichiarazione di fallimento, fatta sempre salva la possibilità concessa al Curatore di sospenderne l’esecuzione o scioglierli definitivamente (e senza necessità di preventiva autorizzazione).

Nonostante l’automaticità della prosecuzione dei rapporti, la curatela ha l’obbligo di informare i lavoratori che rimarranno alle dipendenze non più del fallito ma della procedura, senza soluzione di continuità.

Oltre ciò non è richiesta altra comunicazione, non deve essere sottoscritto un nuovo contratto di lavoro, non vi è possibilità per il Curatore di modificare unilateralmente i contratti già in essere e l’eventuale periodo non lavorato inter- corso tra la data di dichiarazione di Fallimento e la comunicazione di subentro nel contratto di lavoro, per effetto della sospensione previ- sta dall’art. 72 L.F., non determina la maturazione di retribuzione (diretta e indiretta) a favore dei lavoratori nonché obblighi di natura previdenziale e assistenziale.

Anche se può sembrare superfluo, può giovare ribadire che, non costituendo ”l’ ingresso” in procedura concorsuale giusta causa di risoluzione dei contratti di lavoro (ex art. 2119 cod. civ. e art. 169-bis c. 4 L.F.) ed essendo inefficaci eventuali clausole negoziali derogatorie (ex art. 72 c. 6 L.F.), la continuazione dell’attività genera di per sé la continuità anche nei rapporti di lavoro a tempo determinato, nei contratti di apprendistato e in quelli che per diversa ragione si trovino in temporanea sospensione (ad es. per causa di maternità, congedo parentale, malattia, infortunio, aspettativa non retribuita, …); gli organi della procedura potranno, ove ritenuto necessario, procedere ad esempio a nuove assunzioni, alla proroga di contratti a termine o concordare con i lavoratori variazioni ai contratti in essere (ad es. con passaggio da part-time a full-time e viceversa) nel rispetto delle norme di legge.

La continuazione dell’attività aziendale può, peraltro, in entrambe le procedure essere disposta non solo nel suo complesso, ma anche per singoli rami di attività o unità produttive o singoli stabilimenti, rendendo quindi sempre necessaria una valutazione della forza lavoro occorrente.

Accade quindi non di rado che la forza lavoro disponibile risulti eccedente le reali necessità produttive; in caso di esubero di personale occorrerà valutare se ricorrono le condizioni (media occupati nel semestre precedente e settore di appartenenza, come disposto dall’art. 20 del D.Lgs. n. 148/2015) per gestire la sospensione dei rapporti con una procedura di CIGS concorsuale ex art. 3 c. 1 della Legge 223/1991 (attuabile fino al 31/12/2015, ma solo in presenza di prospettive di continuazione o ripresa dell’attività e di salvaguardia, anche parziale, dei livelli occupazionali, da valutarsi in base ai parametri stabiliti dal DM 70750 del 04/12/2012) o, qualora si prospetti il recupero aziendale, ex art. 21 del D.Lgs. n. 148/2015 (possibilità ribadita dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 24 del 05/10/2015).

Ricorrendone i requisiti il Curatore e il Commissario Giudiziale, pur potendo contare sull’efficacia retroattiva dell’autorizzazione CIGS alla data di apertura della procedura, dovranno esperire nel più breve tempo possibile le formalità necessarie per richiederne l’intervento (art. 24 D.Lgs. n. 148/2015). Di fondamentale importanza risulta in questi casi procedere alla valutazione della fungibilità dei lavoratori all’interno dell’intero complesso aziendale con riferimento alle attività oggetto di prosecuzione in corso di procedura (e non solo quindi con riferimento ai singoli siti produttivi o ai rami aziendali per i quali si è eventualmente disposta la continuità), al fine di non ledere i diritti dei lavoratori non solo nell’attuazione dei criteri di rotazione del personale in caso di attivazione di una procedura di CIGS, ma anche in vista di una possibile interruzione dei rapporti di lavoro.

AFFITTO E CESSIONE D’AZIENDA O DI RAMO D’AZIENDA

L’affitto e la cessione d’azienda o di ramo d’azienda sono operazioni poste in essere in fase di procedura concorsuale, o nelle fasi immediatamente precedenti, al fine di dare continuità all’attività d’impresa, salvaguardare il patrimonio aziendale e tutelare i diritti dei creditori. Che l’atto sia temporaneo (affitto d’azienda) o definitivo (cessione), che riguardi l’intera azienda o solo un suo “ramo”, ai sensi dell’articolo 2112 del cod. civ. esso determina, da un lato una serie di importanti tutele a favore dei lavoratori e dall’altro una serie di forti vincoli per i soggetti coinvolti, ed in particolare:

  • il trasferimento di tutti (o di quelli legati al ramo d’azienda ceduto) i rapporti di lavoro dipendente in capo al cessionario senza soluzione di continuità e senza necessità di porre in essere un atto di formale risoluzione da parte del datore cedente;
  • l’applicazione, fino a naturale scadenza, dei medesimi trattamenti economici (previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali) e normativi vigenti alla data del trasferimento (fatta salva la possibilità concessa al cessionario di sostituirli con altri contratti collettivi ad esso applicabili);
  • l’irrilevanza del consenso del lavoratore, e del suo eventuale dissenso, in ragione della cessione ex lege del contratto di lavoro (Cassazione 11908 del 06/03/2003);
  • una responsabilità solidale tra cedente e cessionario per tutti i crediti maturati dai la- voratori al tempo del trasferimento, fatta sal- va la possibilità concessa al lavoratore, con le procedure previste dagli articoli 410 e 411 del p.c., di “liberare” il cedente dalle obbligazioni maturate derivanti dal rapporto di lavoro. Se consideriamo che nelle imprese in crisi una delle situazioni che si riscontra con maggio- re frequenza è quella di un esubero di personale, è facile comprendere come il disposto dell’articolo 2112 cod. civ., per quanto sopra richiamato e per quanto previsto al comma 4, e cioè che “… il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento”, genera non poche difficoltà nella “circolazione” dell’azienda.

Qualora il trasferimento riguardi aziende nelle quali sono occupati più di 15 lavoratori, il comma 1 dell’art. 47 Legge 428/1990 impone alle parti (a pena di responsabilità antisindacale ex art. 28 Statuto dei Lavoratori, ma non di nullità dell’atto di cessione) di dare una preventiva comunicazione informativa alle rappresentanze sindacali (almeno 25 giorni prima che sia perfezionato l’atto o che sia raggiunta un’intesa vincolante tra le parti), cui può seguire un esame congiunto, ma senza determinare l’obbligo di raggiungere un accordo sull’operazione in corso di definizione.

Il raggiungimento di un accordo sindacale nel quale sia previsto il mantenimento anche parziale dell’occupazione diventa invece un passaggio fondamentale per poter beneficiare delle limitazioni all’art. 2112 cod. civ. previste ai commi 4-bis e 5 dell’art. 47 della citata Legge 428/1990, ed in particolare:

  • il comma 4-bis stabilisce che, tra gli altri (ma non in caso di fallimento), “… nei casi in cui vi sia stata la dichiarazione di apertura della procedura di concordato preventivo … l’articolo 2112 del codice civile trova applicazione nei termini e con le limitazioni previste dall’accordo …” di cui sopra;
  • il comma 5 stabilisce che, qualora “… vi sia stata dichiarazione di fallimento, omologazione di concordato preventivo consistente nella cessione di beni, … nel caso in cui la continua- zione dell’attività non sia stata disposta o sia cessata e nel corso della consultazione di cui ai precedenti commi … ai lavoratori il cui rap- porto di lavoro continua con l’acquirente non trova applicazione l’articolo 2112 del codice civile, salvo che dall’accordo risultino condizioni di miglior favore.

Il predetto accordo può prevedere che il trasferimento non riguardi il personale eccedentario e che quest’ultimo continui a rimanere, in tutto o in parte, alle dipendente dell’alienante.” I commi 4-bis e 5 dell’art. 47, nonostante ad una prima lettura possa apparire il contrario, rappresentano in realtà una possibilità di deroga all’art. 2112 cod. civ. assai ridotta, in quanto:

  • si applicano nelle sole aziende in cui sono occupati più di 15 lavoratori (parte della dottrina ne ritiene estensibile l’applicazione anche alle aziende che ne occupano meno, ma il rischio di impugnazione in questo caso potrebbe es- sere elevato);
  • necessitano, per produrre effetti giuridici, il raggiungimento di un accordo sindacale (eventualità tutt’altro che semplice, tenuto altresì in conto che le SS. firmatarie devono essere rappresentative dei lavoratori; ove possibile è quindi utile cercare di conservare per questa fase eventuali “bonus” da spendere a favore dei lavoratori in termini economici (incentivi all’esodo) o di ammortizzatori sociali);
  • il comma 4-bis, oltre a non essere applica- bile allorquando si verta ancora nella fase di concordato “con riserva”, contrariamente a quanto possa sembrare testualmente, non consente un accordo sul trasferimento parziale del personale dipendente, ma solo intese volte ad incidere su elementi quali, ad esempio, l’orario di lavoro, l’anzianità di servizio, i livelli di inquadramento e retributivi (dottrina e giurisprudenza sono ormai allineate su questa interpretazione nel rispetto delle disposizioni Comunitarie);
  • il comma 5 prevede si la non applicazione dell’art. 2112 civ. e la possibilità di accordarsi per il trasferimento parziale dei lavoratori, ma si applica solo, di fatto, in procedure tipicamente liquidatorie e per aziende che pur essendo inattive (ad es. in caso di CIGS in corso) hanno mantenuto il loro “status”.

Altre possibilità per ottenere il trasferimento parziale dei lavoratori potrebbero essere collegate:

  • ad una riduzione del personale operata dalla cedente prima di dar corso all’affitto o cessione d’azienda (da operare, ove possibile, in un periodo temporale considerabile “non sospetto” e con le dovute cautele affinché tale riduzione non possa essere collegata al successivo atto di trasferimento);
  • alla stipula di accordi/conciliazioni individuali con i lavoratori ex 2113 cod. civ. aventi ad oggetto la rinuncia all’art- 2112 cod. civ. da concludersi nelle sedi “protette” di cui agli artt. 411, 412-ter e 412-quater del c.p.c.

Nell’impossibilità di procedere ad un trasferimento parziale della forza lavoro non rimarrebbe altra soluzione, volendo dar seguito all’affitto o cessione d’azienda, se non il trasferimento integrale del personale in capo alla cessionaria ed una successiva gestione degli esuberi in capo alla medesima.

I lavoratori che non vengono trasferiti alla cessionaria rimangono “in carico” alla procedura concorsuale, potranno beneficiare degli ammortizzatori previsti dalle norme di legge (CIGS e mobilità) e, ai sensi del comma 6 dell’art. 47 della Legge 428/1990, fatte salve eventuali rinunce individuali, “… hanno diritto di precedenza nelle assunzioni che questi ultimi effettuino entro un anno dalla data del trasferimento, ovvero entro il periodo maggio- re stabilito dagli accordi collettivi.

Nei confronti dei lavoratori predetti, che vengano assunti dall’acquirente, dall’affittuario o dal subentrante in un momento successivo al trasferimento d’azienda, non trova applicazione l’articolo 2112 del codice civile.”

LA RETROCESSIONE DELL’AZIENDA

Ai fini che più interessano in questa sede va ricordato inoltre che l’art. 104-bis L.F. prevede che l’eventuale retrocessione dell’azienda alla procedura concorsuale, in espressa deroga agli articoli 2112 e 2560 del cod. civ., “… non comporta responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, …”, che rimarranno, pertanto, interamente in capo all’affittuario.

Quanto ai rapporti di lavoro pendenti al momento della retrocessione, questi sono regolati come i rapporti pendenti al momento del fallimento, con facoltà per il curatore di sciogliersi o proseguire, ferma la regola generale della sospensione.

*ODCEC di Parma

 

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