Quota 100 in dirittura d’arrivo: riflessioni su uno strumento criticato e sulle possibili evoluzioni

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di Stefana Rossotti* 

Con il decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4 “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni” è stata inserita in modo sperimentale per il triennio 2019-2021 la pensione “Quota 100”.

Si tratta di uno strumento nato con l’intento di anticipare l’accesso pensionistico, rispetto agli strumenti di pensione anticipata previsti dalla Riforma “Fornero” e al fine di agevolare il ricambio generazionale.

Possono accedere a “Quota 100”, su base volontaria, i lavoratori dipendenti dei settori pubblico e privato nonché i lavoratori autonomi e parasubordinati iscritti alle gestioni speciali Inps. Sono esclusi, pertanto, i liberi professionisti iscritti alle casse privatizzate.

Il sistema di accesso a Quota 100 è simile a quello delle “quote” in vigore prima della Riforma Fornero.

Requisiti

Il numero “100” consiste nella somma del requisito anagrafico e del requisito contributivo:

  • requisito anagrafico pari ad almeno 62 anni di età compiuti entro il 31/12/2021;
  • requisito contributivo pari ad almeno 38 anni di contributi maturato entro il 31/12/2021 di cui almeno 35 anni di contribuzione effettiva (al netto della contribuzione figurativa per disoccupazione, NASPI e malattia non integrata dal datore di lavoro).

Relativamente al requisito contributivo è ammesso il cumulo di contributi versati in più gestioni Inps non cronologicamente sovrapponibili (sono ammessi i contributi versati nelle Casse professionali solo se ricongiunti onerosamente verso l’Inps). I periodi assicurativi coincidenti vengono, quindi, considerati una sola volta ai fini del diritto, ma vengono tutti valorizzati ai fini della misura del trattamento pensionistico.

In caso di cumulo contributivo, ogni gestione Inps liquiderà il valore dell’assegno in “Quota 100” con il metodo pro quota secondo le regole di calcolo previste da ciascun ordinamento e sulla base delle rispettive retribuzioni di riferimento.

Ai fini del conseguimento della pensione “Quota 100” è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente.

Non è richiesta, invece, la cessazione dell’attività di lavoro autonomo (ad esempio, cancellazione dagli elenchi dei lavoratori autonomi, dall’iscrizione camerale, dagli albi professionali, chiusura della partita IVA, etc.), stante la previsione normativa dell’incumulabilità  della  pensione con i redditi  da lavoro e non anche dell’incompatibilità della stessa con lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Pertanto, in caso di svolgimento di attività di lavoro autonomo resta fermo l’obbligo del versamento della contribuzione obbligatoria presso la relativa gestione.

Decorrenza

L’assegno della pensione “Quota 100” non si percepisce dal momento della maturazione dei requisiti, ma la decorrenza della prestazione è rinviata di:

  • 3 mesi per i lavoratori dipendenti del settore privato, i lavoratori parasubordinati e i lavoratori autonomi;
  • 6 mesi per i lavoratori dipendenti del settore pubblico.

L’assegno viene erogato dal 1° giorno del mese successivo al termine della finestra trimestrale o semestrale. Regole diverse sono previste per:

  • i lavoratori iscritti alle gestioni esclusive dell’AGO quali ad esempio quelli iscritti ai Fondo Trasporti, Fondo Elettrici, Fondo Telefonici, Fondo Volo, Fondo Ferrovieri, Ipost, ex Inpdap, , per i quali la decorrenza della pensione è sempre dal giorno immediatamente successivo a quello in cui si conclude il periodo di finestra;
  • i lavoratori del comparto scolastico e Afam cui si applicano le scadenze previste dall’articolo 59, legge 449/1997, per i quali la domanda di collocamento a riposo deve essere fatta sempre entro il mese di dicembre e la decorrenza della pensione in “Quota 100” sarà dal successivo mese di settembre.

Incumulabilità reddituale

Il comma 3 dell’articolo 14 del d.l. 4/2019 recita: “La pensione Quota 100 non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.”

Non è richiesta, invece, la cessazione dell’attività di lavoro autonomo (ad esempio, cancellazione dagli elenchi dei lavoratori autonomi, dall’iscrizione camerale, dagli albi professionali, chiusura della partita IVA, etc.), stante la previsione normativa dell’incumulabilità  della  pensione con i redditi da lavoro e non anche dell’incompatibilità della stessa con lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Pertanto, in caso di svolgimento di attività di lavoro autonomo resta fermo l’obbligo del versamento della contribuzione obbligatoria presso la relativa gestione.

Decorrenza

L’assegno della pensione “Quota 100” non si percepisce dal momento della maturazione dei requisiti, ma la decorrenza della prestazione è rinviata di:

  • 3 mesi per i lavoratori dipendenti del settore privato, i lavoratori parasubordinati e i lavoratori autonomi;
  • 6 mesi per i lavoratori dipendenti del settore pubblico.

L’assegno viene erogato dal 1° giorno del mese successivo al termine della finestra trimestrale o semestrale. Regole diverse sono previste per:

  • i lavoratori iscritti alle gestioni esclusive dell’AGO quali ad esempio quelli iscritti ai Fondo Trasporti, Fondo Elettrici, Fondo Telefonici, Fondo Volo, Fondo Ferrovieri, Ipost, ex Inpdap, , per i quali la decorrenza della pensione è sempre dal giorno immediatamente successivo a quello in cui si conclude il periodo di finestra;
  • i lavoratori del comparto scolastico e Afam cui si applicano le scadenze previste dall’articolo 59, legge 449/1997, per i quali la domanda di collocamento a riposo deve essere fatta sempre entro il mese di dicembre e la decorrenza della pensione in “Quota 100” sarà dal successivo mese di settembre.

Incumulabilità reddituale

Il comma 3 dell’articolo 14 del d.l. 4/2019 recita: “La pensione Quota 100 non è cumulabile, a far data dal primo giorno di decorrenza della pensione e fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, ad eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo le, nel limite di 5.000 euro lordi annui.” 

Il divieto di cumulo si riferisce ai redditi:

  • da lavoro dipendente (ex articolo 49 del Tuir);
  • assimilati a quello da lavoro dipendente(parasubordinati o amministratori ex articolo 50 del TUIR);
  • da lavoro autonomo (ex articolo 53 del Tuir).

È ammessa la cumulabilità parziale solo con i redditi diversi, da lavoro autonomo occasionale (ex articolo 67, comma 1, lettera l. del TUIR) d’importo complessivo inferiore al limite annuale di € 5.000,00 lordi.

Il divieto di cumulo si limita all’arco temporale compreso dal momento della decorrenza della pensione in “Quota 100” (dopo la finestra di differimento) fino al compimento del requisito anagrafico della pensione di vecchiaia. È possibile, pertanto, svolgere attività lavorativa tra il momento della maturazione dei requisiti e il termine della finestra trimestrale o semestrale.

In caso di trattamento pensionistico conseguito con il cumulo dei periodi assicurativi, per stabilire il momento in cui si raggiunge il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, si deve tener conto del requisito anagrafico richiesto dalle singole gestioni interessate al cumulo, considerando la sola contribuzione versata nelle medesime gestioni.

Nell’ipotesi di maturazione dei requisiti anagrafico e contributivo, in più gestioni interessate al cumulo, si deve tener conto del requisito anagrafico meno elevato.

Qualora non risulti maturato il requisito contributivo per la pensione di vecchiaia in alcuna gestione interessata al cumulo, si deve tener conto del requisito anagrafico più elevato tra quelli previsti dalle gestioni interessate al cumulo.

Esempio 1

Assicurato con 15 anni di anzianità contributiva presso il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, 20 anni di anzianità contributiva presso il Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo (gruppo attori, conduttori, direttori d’orchestra) e 3 anni di anzianità contributiva presso la Gestione separata, titolare di “pensione quota 100” dal 1° settembre 2019. Il trattamentopensionisticoèincumulabile con il reddito da lavoro per il periodo intercorrente tra il 1° settembre 2019 fino al compimento del 65° anno di età, avendo l’assicurato maturato il requisito contributivo richiesto per la pensione di vecchiaia a carico del solo Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo.

Esempio 2

Assicurato con 20 anni di anzianità contributiva presso il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti e 20 anni di anzianità contributiva presso il Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo (gruppo attori, conduttori, direttori d’orchestra) e 6 mesi di anzianità contributiva presso la Gestione separata, titolare di “pensione quota 100” dal 1° settembre 2019. Il trattamento pensionistico è incumulabile con il reddito da lavoro per il periodo intercorrente tra il 1° settembre 2019 fino al compimento del 65° anno di età, avendo lo stesso maturato il requisito contributivo richiesto per la pensione di vecchiaia presso la gestione interessata al cumulo che prevede il requisito anagrafico meno elevato (Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo).

Esempio 3

Assicurato con 15 anni di anzianità contributiva presso il Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti, 15 anni di anzianità contributiva presso il Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo e 8 anni di anzianità contributiva presso la Gestione separata, titolare di “pensione quota 100” dal 1° settembre 2019. Il trattamento pensionistico è incumulabile con il reddito da lavoro per il periodo intercorrente tra il 1° settembre 2019 fino al compimento del 67° anno di età – requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia più elevato tra quelli previsti dalle gestioni interessate al cumulo (Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti e Gestione Separata) – non avendo lo stesso maturato il requisito contributivo richiesto per la pensione di vecchiaia in nessuna delle medesime gestioni. 

In base alla Circolare Inps n. 11/2019, il divieto di cumulo include tutti i redditi derivati da qualsiasi attività lavorativa svolta anche all’estero inclusi i Paesi non convenzionati con l’Italia dal punto di vista previdenziale.

Se il pensionato trasgredisce la regola dell’incumulabilità, deve restituire le rate di pensione già percepite nell’anno e perde il diritto alle successive rate spettanti per il medesimo periodo d’imposta. Riprenderà a percepire l’assegno nell’anno successivo, a condizione che venga rispettata la normativa sulla incumulabilità.

Redditi che non rilevano ai fini dell’incumulabilità della pensione

 La Circolare Inps n. 117/2019 ai fini dell’applicazione delle disposizioni normative in materia di incumulabilità della pensione “Quota 100” con i redditi da lavoro chiarisce, riportando  un  elenco  tassativo, quale tipologia  di redditi non rileva ai fini della suddetta incumulabilità:

  • indennità percepite dagli amministratori locali in applicazione dell’articolo 82 del decreto legislativo 18 agosto 2000, 267 – TUEL e, più in generale, tutte le indennità comunque connesse a cariche pubbliche elettive;
  • redditi di impresa non connessi ad attività di lavoro, nonché le partecipazioni agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione nei casi in cui l’apporto non è costituito dalla prestazione di lavoro;
  • compensi percepiti per l’esercizio della funzione sacerdotale;
  • indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice di pace;
  • indennità percepite dai giudici onorari aggregati per l’esercizio delle loro funzioni ai sensi dell’articolo 8 della legge 22 luglio 1997, 276;
  • indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice tributario a norma dell’articolo 86 della legge 21 novembre 2000, 342;
  • indennità sostitutiva del preavviso in quanto ha natura risarcitoria e non retributiva;
  • redditi derivanti da attività svolte nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani in attività socialmente utili promosse da enti locali ed altre istituzioni pubbliche e private;
  • indennità percepite per le trasferte e missioni fuori del territorio comunale, i rimborsi per spese di viaggio e di trasporto, spese di alloggio, spese di vitto che non concorrono a formare il reddito imponibile ai sensi del TUIR;
  • indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale, di cui al decreto legislativo 28 marzo 1996, 207, e ss.mm.ii.

In occasione della pandemia da COVID-19 la legge di conversione del d.l. Cura Italia (legge 27/2020) ha introdotto una norma derogatoria rispetto al divieto di cumulo, prevedendo una serie di incarichi “speciali” ottenibili dalla Pubblica Amministrazione (richiesti da Regioni e Province autonome) in relazione al contrasto dell’emergenza da COVID-19 sotto forma di contratti di lavoro autonomo di collaborazione coordinata e continuativa, per una durata massima di 6 mesi, con esaurimento entro la fine dello status di emergenza. La deroga riguarda dirigenti medici, veterinari, personale del comparto sanitario, operatori socio-sanitari titolari di pensione anticipata in Quota 100.

Ai fini dell’accertamento dell’incumulabilità della pensione “Quota 100” con i redditi da lavoro, i lavoratori devono inviare all’Inps un’apposita dichiarazione utilizzando i modelli AP139 e AP140 rispettivamente per i soggetti già pensionati e per i soggetti che presentano la domanda di pensione in “Quota 100”. Il modello consente di inserire le cifre che saranno percepite dopo la decorrenza del trattamento, dichiarandone il rispettivo periodo di competenza e maturazione, oltre a includere un’analitica declaratoria dei redditi incumulabili. A seguito di tale segnalazione, l’Istituto provvede alla sospensione del trattamento pensionistico e al recupero delle mensilità corrisposte con riferimento all’anno in cui sia percepito il reddito secondo i criteri sopra esposti.

In ogni caso, l’Istituto verificherà l’eventuale percezione di redditi da lavoro dipendente e/o autonomo incumulabili con la pensione “Quota 100” anche attraverso la fornitura dei dati reddituali da parte dell’Agenzia delle Entrate e verifiche effettuate attraverso l’utilizzo di tutte le banche dati disponibili.

I soggetti che hanno percepito la pensione “Quota 100” solo per una parte dell’anno, nel caso in cui abbiano conseguito redditi da lavoro saranno tenuti a presentare il modello AP140 con indicazione mensilizzata del reddito percepito, a consuntivo di anno, e dei periodi di svolgimento dell’attività cui si riferisce il reddito. Con tale modello sarà possibile indicare se i redditi percepiti in un  determinato anno  debbano  essere imputati al periodo anteriore alla decorrenza della pensione “Quota 100” o successivo al compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia.

In mancanza di tale dichiarazione da parte del pensionato, l’Istituto provvederà ad imputare all’intero anno il reddito da lavoro risultante dai moduli fiscali presenti in Anagrafe Tributaria, fatta salva la facoltà dell’interessato di dimostrare, anche mediante la produzione di idonea documentazione, l’imputabilità di tali redditi al periodo precedente la decorrenza della pensione o successivo al compimento dell’età per il pensionamento di vecchiaia.

Dopo Quota 100

A fine anno termina la sperimentazione della Quota 100, determinando uno scalone di 5 anni per potersi ritirare dal mondo del lavoro con la pensione di vecchiaia e di 4/5 anni con la pensione anticipata “ordinaria” (42 e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 e 10 mesi di contributi per le donne).

Ci sono più proposte indirizzate al Governo in merito alla riforma delle pensioni:

 

  • sindacati e Lega propongono “Quota 41” per tutti che prevede la possibilità di accedere alla pensione con 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età Misura che, secondo i calcoli fatti dall’Inps, risulta molto costosa (da 4,3 miliardi di euro nel 2022 a 9,2 miliardi a fine decennio);
  • pensione a 64 anni di età con 36 di contributi o, in alternativa, pensione con 64 anni di età, 20 anni di contributi e un assegno minimo pari a 2,8 volte l’assegno sociale (importo soglia). In entrambi i casi l’assegno è totalmente “contributivo”. Questa misura, secondo i calcoli fatti dall’Inps, è meno onerosa (da 1,2 miliardi di euro nel 2022 a 4,7 miliardi dopo 7 anni) e più equa in termini intergenerazionali oltre che più sostenibile dal 2035;
  • anticipazione della quota contributiva della pensione a 63 anni di età, 20 anni di contributi e  un  importo  minimo  dell’assegno  pari  a  1,2 volte l’assegno sociale (importo soglia). A 67 anni verrebbe corrisposta l’eventuale quota retributiva.

Secondo le stime dell’Inps quest’ipotesi è la meno onerosa (da 443 milioni nel primo anno a poco più di 2 miliardi nel decimo anno);

  • proroga dell’APE SOCIALE per almeno un anno
  • con, eventuale, ampliamento della platea dei lavoratori destinatari impegnati in attività gravose e usuranti con almeno 63 anni di età e 36 anni di contributi oltre ai lavoratori disoccupati di lungo corso, gli invalidi o i “caregivers” con almeno 63 anni di età e 30 anni di contributi;
  • Opzione Donna potrebbe diventare strutturale con la possibilità di uscire con 58 anni d’età (59 se “autonome”) e 35 anni di contribuzione, ma con il calcolo interamente contributivo;
  • Pensione di garanzia per i giovani che presentano carriere discontinue e sono totalmente “contributivi”;
  • Rilancio della previdenza complementare rendendola fiscalmente più appetibile attraverso un’azione sull’aliquota e prevedendo specifiche agevolazioni;
  • Nuova pace contributiva che consente ai lavoratori in attività iscritti dal 1996 di colmare i “buchi” contributivi riscattando massimo 5 anni di versamenti anche non consecutivi.

*Odcec Alba

 

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