Gestire l’emergenza è possibile anche in ambienti sospetti di inquinamento o confinati

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di Adriano Paolo Bacchetta*

 In tema di sicurezza sul lavoro, è importante il corretto inquadramento delle attività di gestione dell’emergenza e l’attribuzione dei diversi compiti operativi. In caso di appalto, è importante valutare anche quali siano le modalità di coordinamento necessarie tra il sistema di gestione dell’emergenza del committente e la procedura predisposta dall’appaltatore.

Questo è stato sottolineato dall’Interpello n.1/2018 (del 14 febbraio 2018, pubblicato il 28 febbraio 2018) che riguarda un parere di ordine generale sull’applicazione della normativa di salute e sicurezza sul lavoro.

Facendo riferimento al caso generale di un datore di lavoro che svolge le proprie attività presso unità produttive di un datore di lavoro committente, giunge alla conclusione che “la gestione delle emergenze debba essere considerata come un processo di cui tutti i datori di lavoro, committenti, appaltatori e subappaltatori, sono compartecipi, fermo restando il ruolo di promotore del committente e l’obbligo per l’appaltatore di attenersi alle procedure operative conseguenti alla predetta cooperazione”.

Quindi, considerato che – in condizioni di emergenza – l’obiettivo primario è quello di fornire soccorso e portare in salvo le persone presenti nell’ambiente sospetto di inquinamento o confinato (compresa l’eventuale estricazione di un lavoratore infortunato privo di sensi), senza porre a rischio la vita dei soccorritori nel fare ciò, le misure necessarie a perseguire tale obiettivo devono essere garantite da parte di personale specificatamente informato e formato, nonché adeguatamente addestrato ed equipaggiato.

È inoltre evidente che la “progettazione” della gestione dell’eventuale condizione di emergenza e la definizione delle operazioni di soccorso, che devono essere eseguite da persona competente, richiedono una specifica attenzione, poiché esse devono essere applicabili durante tutta la durata dei lavori e in ogni situazione ragionevolmente prevedibile.

Scopo dell’attività, quindi, è quella di predisporre, volta per volta, una procedura adeguata allo specifico ambito in cui si è chiamati a operare, poiché non è possibile predisporne una generica applicabile a tutti i diversi contesti operativi.

Infatti, la finalità del processo valutativo, relativo al lavoro che si deve eseguire, è l’individuazione di tutti i pericoli e le situazioni di rischio ragionevolmente ipotizzabili nello specifico contesto operativo, compresi il rischio evolutivo ed eventuali malfunzionamenti dei sistemi (malfunzionamenti che possono produrre gravi conseguenze indesiderate, ovvero rischiare di vanificare l’intervento di soccorso).

La conformazione strutturale di molti luoghi di lavoro e/o la presenza di altri rischi specifici, necessitano l’applicazione di adeguati metodi di analisi delle singole fasi operative, che vanno ben oltre una valutazione dei rischi standardizzata e non contestualizzata.

Ciò premesso, la definizione delle modalità operative e attrezzature utilizzabili nell’ambito delle operazioni di soccorso, non possono limitarsi alla sola riproposizione della modalità di Non-Entry Rescue, senza considerare le specifiche limitazioni che tale modalità operativa prevede. Come noto, in questo caso la gestione del soccorso consiste nell’estricazione del lavoratore presente all’interno dell’ambiente che potrebbe essere infortunato o colto da malore, mediante l’azionamento di un dispositivo (struttura con verricello a demoltiplica dello sforzo, che agisce sulla fune di collegamento che l’operatore ha assicurato all’attacco della sua imbracatura), applicabile  in contesti con accesso verticale (esistono dispositivi particolari che consentono anche l’estricazione dall’interno di apparecchiature con passo d’uomo verticale e, quindi, accesso orizzontale).

Questo sistema di salvataggio, se da una parte è particolarmente interessante in quanto non prevede l’esposizione a rischio dei componenti la squadra di salvataggio, dall’altra presenta specifiche limitazioni e/o controindicazioni, sia operative sia attuative e può essere applicato solo nel caso che il lavoratore sia rimasto costantemente connesso al sistema di sollevamento durante l’esecuzione delle attività all’interno dell’ambiente (non sempre possibile per ragioni operative). Il Non-Entry Rescue, infatti, non può essere utilizzato se si sospetta un trauma alla colonna vertebrale, se non è possibile vedere interamente la persona all’interno (potrebbe trovarsi dietro un angolo o parzialmente nascosto da eventuali ostacoli interni) e, quindi, potrebbe essere trattenuto da ostacoli e/o sporgenze (es. impigliamento dei vestiti, ecc.). Inoltre, bisogna considerare anche i problemi connessi alla gestione di un eventuale accesso multiplo (in questo caso i cavi di collegamento delle imbracature degli operatori presenti all’interno potrebbero intrecciarsi) oppure in presenza di un sistema di protezione delle vie respiratorie tipo air-line (poiché non si può trascurare la possibilità che il cavo di sollevamento s’intrecci con la linea dell’aria respirabile). Inoltre, anche in caso sia possibile attuare le operazioni di Non- Entry Rescue, bisogna che l’Attendente presti molta attenzione in caso si ravvisino problemi nel recupero e/o aumento dello sforzo di sollevamento esercitato. Condizioni che potrebbero richiedere la sospensione dell’intervento e l’attivazione di un Entry-Rescue, con tutte le implicazioni che questo comporta.

In conclusione, per affrontare correttamente il problema delle attività negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati, bisogna riuscire a non fermarsi alla categorizzazione di tali ambienti per arrivare alla creazione di una sorta di “griglia decisionale” che consenta, anche a chi non ha mai avuto modo di occuparsi di queste tipologie di attività, di poter definire in modo automatico la classificazione di un ambiente come sospetto di inquinamento o confinato (magari mettendo una crocetta in corrispondenza di  qualche casella presente  in generiche checklist preconfezionate); ciò al fine di poter applicare misure operative generiche e/o decontestualizzate. Ogni ambiente e ogni situazione sono un caso a parte, tenuto conto che nell’ambito di una corretta valutazione, non si possono considerare solo i rischi presenti (ed evidenti) in relazione al contesto, ma anche quelli potenziali (per lo più non facilmente identificabili).

Capacità di analisi ed esperienza giocano un ruolo fondamentale nella previsione dei rischi, anche potenziali, che potrebbero interessare il luogo di lavoro, definendo le misure di prevenzione e protezione necessarie per garantire un adeguato livello di sicurezza nelle attività. E questo, a maggior ragione, vale nella progettazione delle operazioni di emergenza intese come attività da porre in essere in un contesto situazionale improvviso al quale l’individuo è tenuto a rispondere prontamente, attivando una serie di competenze tecniche e di risposte efficaci (anche psicologiche) che derivano sia dalla consapevolezza delle caratteristiche dell’ambiente e dei suoi rischi, sia dalla conoscenza dei comportamenti più appropriati di prevenzione e soccorso da attuare senza esitazione.

La gestione dell’emergenza, quale che sia la sua origine, è un aspetto particolarmente importante che deve vedere uno specifico impegno da parte degli HSE manager, considerato che il Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011 n. 177 “Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti, a norma dell’articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”, richiede l’adozione ed efficace attuazione di una procedura di lavoro specificamente diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati, comprensiva dell’eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco.

*Ingegnere in Milano

 

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