di Bernardina Calafiori e Alessandro Montagna*

La Corte di Cassazione, con la pronunzia in commento, ha dettato una serie di principi importanti in tema di azione di legittimazione all’azione di ripetizione dei contributi previdenziali versati in eccesso. Continua a leggere

di Paolo Galbusera* e Andrea Ottolina*

Conl’importante sentenzan. 26246 del 06.09.2022, la Corte di Cassazione è intervenuta prendendo posizione sul tema della decorrenza della prescrizione dei crediti da lavoro, argomento che negli anni è stato oggetto di un ampio dibattito giurisprudenziale, evolutosi di pari passo con le modifiche normative apportate alle tutele contro i licenziamenti illegittimi. Nello specifico, il tema in discussione riguarda appunto l’individuazione del dies a quo della prescrizione dei crediti di lavoro, che può essere alternativamente individuato nel momento della maturazione del diritto e, quindi, in corso di rapporto, oppure nella data di cessazione del rapporto di lavoro. Continua a leggere

di Bernardina Calafiori e Alessandro Montagna *

La Corte di Cassazione, con la pronunzia in commento, ha dettato un importante principio di diritto ai fini dell’individuazione della base imponibile per la determinazione dell’importo dovuto dal datore di lavoro a titolo di contributi previdenziali. Continua a leggere

di Bernardina Calafiori e Alessandro Montagna *

Con la pronunzia in commento, la Suprema Corte di Cassazione ha inteso dare continuità e seguito ad un orientamento già emerso in precedenti pronunzie, così da consolidare il principio di diritto in questione. Continua a leggere

di Bernardina Calafiorie Simone Brusa*

Un’azienda concludeva un contratto integrativo aziendale con le rappresentanze sindacale aziendali. Il contratto prevedeva un’inziale scadenza ma, di fatto, continuava ad essere applicato anche successivamente a tale scadenza. Continua a leggere

di Bernardina Calafiori e Michele Pellegatta*

Una lavoratrice veniva assunta “da una società a Firenze […] in seguito a contenzioso giudiziale”. Dopo circa una settimana il datore di lavoro comunicava alla dipendente il di lei “trasferimento/assegnazione” presso la diversa sede aziendale di Torino. Continua a leggere

di Bernardina Calafiori e Simone Brusa* 

Massima: la procedura di licenziamento collettivo può, in presenza di oggettive ragioni, essere rivolta a solo alcune unità produttive/sedi aziendali, delimitando così la platea dei “licenziabili”. In tal caso però le ragioni a supporto della delimitazione devono risultare dalla comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, comma 3 della Legge n. 223/1991. Continua a leggere

 

di Paolo Galbusera* e Andrea Ottolina*

Come noto, il trasferimento di sede del dipendente disposto dal datore di lavoro deve essere, ai sensi dell’art. 2103 co. 8 cod. civ., motivato da comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive, pena l’illegittimità del provvedimento e il diritto del dipendente trasferito a vedersi riassegnato alla sede di provenienza. A questo proposito, secondo l’ormai consolidata giurisprudenza di legittimità, in tema di trasferimento vige la libertà di forma e di conseguenza il provvedimento datoriale non deve necessariamente contenere l’indicazione della relativa motivazione, avendo il datore di lavoro esclusivamente l’onere di allegare e provare le fondate ragioni che lo hanno determinato solo nel caso in cui il dipendente trasferito contesti in giudizio la legittimità del trasferimento. Continua a leggere

di Bernardina Calafiori e Michele Pellegatta*

Con la sentenza n. 5814 depositata il 22 febbraio 2022 la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha riconosciuto la natura di infortunio in itinere all’infarto occorso ad un dipendente di una società, a seguito di un forte stress patito durante una trasferta di lavoro all’estero, che aveva portato al decesso del lavoratore. Continua a leggere

di Bernardina Calafiori e Simone Brusa* 

Massima: la procedura di licenziamento collettivo può, in presenza di oggettive ragioni, essere rivolta a solo alcune unità produttive/sedi aziendali, delimitando così la platea dei “licenziabili”. In tal caso però le ragioni a supporto della delimitazione devono risultare dalla comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, comma 3 della Legge n. 223/1991.

La Corte di Cassazione è recentemente tornata a pronunciarsi (sentenza n. 1242 del 17 gennaio 2022) in materia di licenziamento collettivo e sulla possibilità (o meno) di delimitare la platea dei dipendenti oggetto della procedura.

Nella pronuncia in esame la Suprema Corte – allineandosi a plurime sentenze di Cassazione, anche recenti – riconosce l’astratta possibilità che la procedura di riduzione del personale possa essere limitata “ad un determinato reparto o settore o sede territoriale, delimitando così la platea di lavoratori destinatari della procedura.

Allo stesso tempo, la Suprema Corte ha evidenziato la necessaria correlazione tra una simile scelta datoriale e le ragioni indicate dall’azienda nella comunicazione di avvio della procedura ex art. 4, comma 3 della Legge n. 223 /1991.

Secondo la Corte, infatti, la comunicazione ex art.

4 deve indicare (ed eventualmente poi provare in giudizio), “le ragioni che determinano l’esubero di personale e le unità lavorative che l’azienda intende concretamente espellere” così come “il fatto che giustifica il più ristretto ambito nel quale la scelta è stata effettuata”, oltre alle ulteriori informazioni da indicare nella comunicazione così come previsto dall’art. 4, comma 3.

Nel caso specifico affrontato dalla Suprema Corte, i Giudici, nonostante vi fossero sedi aziendali distanti centinaia di chilometri, non ritenevano legittima la delimitazione della platea operata dall’azienda. Ciò in quanto la comunicazione di apertura della procedura inviata dalla azienda alle Organizzazioni Sindacali indicava “ragioni strutturali conseguenti alla esigenza di rinnovamento delle strategie aziendali reso necessario per rimanere competitivi sul mercato” ossia esigenze di carattere “generale” – di tutto il complesso aziendale e non di singole sedi – che avrebbero dovuto comportare il coinvolgimento nella procedura dell’intero organico aziendale.

E, sempre secondo la sentenza in esame, il vizio sopra descritto avrebbe comportato non una mera violazione c.d. “procedurale” (che avrebbe comportato una indennità economica a favore dei lavoratori licenziati), ma una violazione sostanziale in merito all’applicazione dei “criteri di scelta” che sarebbero stati erroneamente riferiti “ad una platea di licenziabili illegittimamente  delimitata”,  con  conseguente applicazione dell’art. 18, 4° comma St. Lav. e la relativa tutela reintegratoria dei lavoratori interessati dal provvedimento espulsivo definito illegittimo.

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