CASSAZIONE CIVILE SEZ. LAV., 26 MAGGIO 2022 N. 17107: PRINCIPI GENERALI IN TEMA DI INDIVIDUAZIONE DELLA BASE IMPONIBILE PER CALCOLO CONTRIBUTI PREVIDENZIALI: RIFERIMENTO AL CONTRATTO COLLETTIVO NAZIONALE O, IN ASSENZA, A QUELLO DEL SETTORE AFFINE

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di Bernardina Calafiori e Alessandro Montagna *

La Corte di Cassazione, con la pronunzia in commento, ha dettato un importante principio di diritto ai fini dell’individuazione della base imponibile per la determinazione dell’importo dovuto dal datore di lavoro a titolo di contributi previdenziali.

Al fine di comprendere il senso del principio di diritto in esame, è, tuttavia, opportuna una sintetica digressione della vicenda processuale portata all’attenzione della Suprema Corte.

Una società aveva presentato opposizione al verbale di accertamento ispettivo dell’Inps – in quanto attributivo di un diverso inquadramento dell’attività svolta dalla citata società in termini di “espurgo, sfasatura e smaltimentorifiuti epulizia serbatoi” rispetto all’attività che la società stessa dichiarava di svolgere, qualificata come “autotrasporto e merci per conto terzi”– ma il primo giudice, investito del compito di valutare la fondatezza o non del ricorso della società – aveva rigettato detta opposizione, in esito all’accertamento, in fatto, sulla natura dell’attività, desunta anche dalla contrattazione collettiva di settore, dall’adesione della società alle associazioni di categoria rappresentative degli addetti alla manutenzione e spurgo reti fognarie e idriche e dall’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali Emilia Romagna, così da pervenire alla conclusione, sulla base di tali indici, che l’attività di “espurgo, sfasatura e smaltimento rifiuti e pulizia serbatoi” fosse prevalente, in concreto, rispetto all’attività di “autotrasporto e merci per conto terzi”, quale desumibile dai dati emergenti dalla documentazione contabile e dal sito web della società.

Sennonché, la Corte di Appello – investita dal compito di definire il gravame presentato dalla società – in parziale riforma della pronuncia di primo grado di rigetto dell’opposizione, dichiarava illegittimo il credito contributivo di cui al verbale di accertamento ispettivo dell’Inps. Ciò in quanto – pur essendosi accertato che l’attività prevalente della società consisteva nell’auto-spurgo” sfasatura, smaltimento rifiuti e pulizia serbatoi” e che l’attività di trasporto dei rifiuti era solo “residuale” e finalizzata allo smaltimento – il Ccnl per i dipendenti di imprese e società esercenti servizi ambientali, del 2009, e con effetto dal 1.1.2007, aveva ridotto il campo di applicabilità della relativa normazione collettiva, prevedendo che essa fosse applicabile unicamente ai dipendenti di imprese che provvedevano alla “gestione integrata dei rifiuti urbani”, per avere le parti contraenti ridefinito l’ambito di applicazione che, per converso, nel Ccnl previgente risultava più esteso e riferito agli addetti a servizi di igiene ambientale, a prescindere dalla categoria di rifiuti.

A fronte del ricorso dell’Inps, la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 17107 del 12 gennaio 2022, pubblicata, mediante deposito in cancelleria, in data 26 maggio 2022, ha enunciato, sul punto, un importante principio di diritto.

Secondo la Suprema Corte, infatti, ai fini dell’individuazione della base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali ex art. 1 del decreto legge n.338 del 9 ottobre 1989, convertito nella legge n. 389 del 7 dicembre 1989, è necessario fare riferimento alla contrattazione collettiva nazionale, che costituisce – secondo la chiara indicazione della Suprema Corte – un fonte normativa affidabile ai fini della garanzia della parità di trattamento tra lavoratori di un medesimo settore.

Nel caso in cui per uno specifico settore non risulti stipulato un contratto collettivo, legittimamente l’Istituto previdenziale può assumere – quale punto di riferimento ai fini della determinazione della base imponibile di calcolo ai fini previdenziali – la contribuzione dovuta sulla base della retribuzione prevista dalla contrattazione collettiva di un settore affine, restando a carico del datore di lavoro l’onere di dedurre l’esistenza di altro contratto affine che preveda retribuzioni tabellari inferiori rispetto a quello applicato dall’Istituto.

E, dunque, sulla base di detto principio, la Suprema Corte ha accolto il ricorso presentato dall’Inps, assumendo che l’Inps avesse correttamente definito l’importo dei contributi dovuti sulla base del CCNL del 2009 sopra indicato.

* Avvocato Studio Legale Daverio & Florio

 

 

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