CONTRIBUTI PREVIDENZIALI A CARICO DEL LAVORATORE: LA SANZIONE AMMINISTRATIVA DOPO IL DECRETO LAVORO

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di Stefano Lapponi*

In tema di sanzioni per l’omesso versamento delle ritenute previdenziali a carico del lavoratore è intervenuto il decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro”, Decreto Lavoro, con una operazione volta a “rivisitare” gli importi della sanzione amministrativa, proporzionandoli alla gravità della condotta omissiva del datore di lavoro e i tempi di notifica dei relativi provvedimenti sanzionatori.

Il quadro normativo sancito dal decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463 rileva, all’art.2 co. 1, l’obbligo di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (comprese le trattenute effettuate ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 della legge 30.4.1969 n. 153).

In sostanza ogni qualvolta il datore di lavoro eroga la retribuzione ai propri lavoratori provvede a trattenere una quota per conto del dipendente da versare insieme alla parte di contribuzione di propria competenza.

In via generale l’omissione del versamento della quota previdenziale trattenuta al lavoratore costituisce l’ipotesi di reato penale punito con la reclusione fino a tre anni e con 1.032,00 euro di sanzione.

A modificare il quadro generale è intervenuto il decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8 (art.3 co.6) depenalizzando l’omesso versamento delle ritenute per importi non superiori ad una soglia annua pari a 10.000,00 euro e sostituendo l’ipotesi di reato penale con l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria che andava da 10.000,00 a 50.000,00 euro.

Il quadro normativo descritto ha posto in essere alcune questioni giurisprudenziali in relazione al riconoscimento del momento di consumazione del reato e del superamento della soglia di punibilità.

E’ importante individuare il punto di discrimine tra fattispecie penale e amministrativa al fine di individuare in che misura e quando l’attività ispettiva potrà essere instaurata.

La Cassazione, con sentenza 28.8.2017 n. 39464, ha chiarito le intenzioni del legislatore che, “stabilendo che l’omesso versamento delle ritenute previdenziali integra reato ove l’importo sia superiore a quello di 10.000,00 euro annui, non si è limitato semplicemente ad introdurre un limite di «non punibilità» delle condotte, lasciando inalterato, per il resto, l’assetto della precedente figura normativa, ma ha configurato tale superamento, strettamente collegato al periodo temporale dell’anno, quale vero e proprio elemento caratterizzante il disvalore di offensività, che viene a segnare, tra l’altro, il momento consumativo dello stesso”.

Il superamento del limite annuale di 10.000,00 euro è l’elemento che costituisce il reato stesso nel momento in cui viene raggiunta detta soglia, a prescindere dal mese dell’anno in cui la medesima viene superata.

Qualora il reato si perfezioni, ad esempio, con la mensilità di gennaio dell’anno considerato, le ulteriori omissioni rilevate nei mesi successivi dello stesso anno sino al mese di dicembre non costituiscono un ulteriore periodo omissivo assorbendo le ulteriori omissioni in quella già in essere.

Altro rilevante elemento di distinzione tra reato penale e sanzione amministrativa è il periodo di riferimento del reato. Quali sono i periodi contributivi da considerare nell’arco temporale annuo, normativamente previsto, per determinare o meno il superamento della soglia dei 10.000,00 euro?

La prima indicazione operativa è stata fornita dal Ministero del Lavoro con la nota 6995 del 6.4.2016 che precisa che il personale ispettivo ottempererà alla comunicazione di reato (a norma dell’art. 347 c.p.c.) quando le omissioni superiori a diecimila euro avvengano in ciascun anno di versamento contributivo e quindi per le omissioni relative all’arco temporale 16/1 – 16/12 di ciascun anno. Il Ministero del Lavoro, con la circolare del 3.5.2016 n. 9099, adottando il criterio di cassa, conferma la nota sopra citata con riferimento al mese di versamento della contribuzione.

Statuiti i criteri con i quali individuare il discrimine tra reato e sanzione amministrativa, vediamo come il Decreto Lavoro è intervenuto in tema di illecito amministrativo.

Prima della modifica normativa, la sanzione amministrativa era fissata nel range compreso tra diecimila euro e cinquantamila euro. La norma era strutturata in modo che anche una omissione di scarso importo potesse far scaturire una sanzione non inferiore a diecimila euro.

Il decreto lavoro (d.l. 48/23) ha rivisitato l’impianto sanzionatorio in materia di mancato versamento dei contributi a carico del lavoratore, adottando un criterio proporzionale tra importo dell’omissione e sanzione da comminare.

Con la norma in commento, il legislatore ha stabilito che la misura delle sanzioni irrogabili possa oscillare tra un minimo di una volta e mezza ed un massimo di quattro volte l’importo omesso, stabilendo una connessione diretta tra l’entità della sanzione e il valore dell’omissione contributiva.

Al riguardo l’Inps con il messaggio n.1931 del 24.5.2023 precisa che la nuova disposizione si applica anche alle violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto-legge 48/2023, ritenendo equiparabile la sanzione amministrativa a quella penale, con conseguente applicazione del principio della retroattività. Ne consegue, sul piano pratico, che l’Istituto dovrà procedere, in autotutela, alla rideterminazione degli importi delle sanzioni già notificate ai debitori, applicando i nuovi parametri di legge (tra un minimo di una volta e mezza ed un massimo di quattro volte l’importo omesso) anche nelle ipotesi di pagamento in forma rateale.

Il Decreto Lavoro, oltre ad incidere sulla sanzione amministrativa, assegna più tempo per la contestazione delle sanzioni che di norma deve essere o contestata immediatamente o notificata entro 90 giorni ai sensi dell’art.14 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

La nuova disposizione in materia di violazioni riferite agli omessi versamenti delle ritenute previdenziali e assistenziali, per i periodi a decorrere dal 1.1.2023, in deroga all’art. 14 della legge 689/1981, dispone che la notifica della sanzione può essere emessa entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello dell’annualità oggetto di violazione. In tal senso, per i periodi contributivi fino al dicembre 2022 continuerà ad applicarsi il regime ordinario, previsto dal citato art. 14 della legge 689/1981. Diversamente il termine biennale varrà dal 1.1.2024, data a partire dalla quale sarà possibile accertare eventuali violazioni relative al periodo 1° gennaio – 31 dicembre 2023, divenendo, poi, il nuovo regime ordinario per la tipologia di irregolarità. Vale infine ricordare che, ai sensi dell’ultimo periodo del co. 1-bis dell’art.2 del d.l. 463/1983, il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Il Decreto Lavoro non ha inciso su tale aspetto, pertanto è inalterata la possibilità del datore di lavoro di evitare tanto la condanna penale quanto l’applicazione della sanzione amministrativa. Occorre specificare che tale norma non è elemento ostativo alla contestazione dell’illecito amministrativo. Detta la nota 9099/2016 del Ministero del Lavoro che “la norma, nel prevedere che il termine per versare le ritenute omesse decorre dalla notifica della contestazione o dell’accertamento dell’illecito, prefigura un effetto sospensivo dell’efficacia delle sanzioni comminate sino alla scadenza del termine di tre mesi, concesso al datore di lavoro per effettuare il versamento di quanto dovuto”. In tal senso è evidente che solo alla scadenza del termine trimestrale, senza che vi sia stato il versamento di quanto dovuto, potranno decorrere i termini previsti per il pagamento della sanzione amministrativa e il verbale di contestazione dell’illecito amministrativo dovrà riportare:

  • l’avvertenza che il versamento delle ritenute omesse nei successivi 3 mesi comporta la non punibilità dell’autore dell’illecito;
  • l’avviso che, nel caso di mancato versamento, la sanzione troverà piena applicazione e, ai fini dell’estinzione del procedimento sanzionatorio, il datore di lavoro potrà versare l’importo ridotto della sanzione nel successivo termine di 60 giorni.

In tema di non punibilità penale, tale ultimo aspetto risulta di fondamentale importanza; la possibilità, concessa al datore di lavoro di evitare l’applicazione della sanzione penale mediante il versamento delle ritenute entro il termine di 3 mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’accertamento delle violazioni, è connessa all’obbligo, secondo la formulazione dell’art. 2 comma 1-bis, da parte dell’ente previdenziale di rendere noto, nelle forme previste dalla norma, al datore di lavoro l’accertamento delle violazioni, nonché le modalità ed i termini per eliminare il contenzioso in sede penale.

*Odcec Macerata

 

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