LE INVENZIONI DEL LAVORATORE AUTONOMO

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di Giada Rossi*

Le invenzioni del lavoratore sono un tema di grande interesse nell’attuale contesto socio-economico, sempre più orientato alla ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie, alle quali sempre più imprese destinano investimenti.

La fattispecie delle invenzioni del dipendente è stata già approfondita in un precedente contributo di questa stessa rivista, incentrato sull’analisi dell’art. 64 del codice della proprietà industriale (decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30), riservato proprio ai lavoratori subordinati.

Merita un esame a sé la disciplina relativa alle invenzioni del lavoratore autonomo, in ragione delle peculiarità legislative che lo interessano.

La norma regolatrice della materia è l’art. 4 della legge 81/2017, il cosiddetto Jobs Act Autonomi.

Dal punto di vista soggettivo, l’art. 4 della legge 81/2017 trova applicazione in tutti i rapporti di lavoro autonomo, incluse le collaborazioni coordinate e continuative di cui all’art. 409 num. 3 cpc.

In precedenza, sotto la vigenza del d.lgs. 276/2003 (legge Biagi), la disciplina delle invenzioni del lavoro dipendente veniva estesa in via espressa ai collaboratori a progetto, in forza dell’art. 65 del citato decreto. Tuttavia, con l’abrogazione della disciplina del lavoro a progetto intervenuta nell’anno 2015, deve oggi ritenersi che l’art. 4 della legge 81/2017 abbracci tutte le ipotesi di lavoro autonomo, collaborazioni coordinate e continuative incluse.

La norma, rubricata “Apporti originali e invenzioni del lavoratore”, è di portata generale e prevede che i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e ad invenzioni, realizzati nell’esecuzione del contratto d’opera, spettino al lavoratore autonomo, secondo le

disposizioni delle leggi speciali in materia, ovverosia la legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto d’autore e il decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della Proprietà Industriale, di seguito anche CPI).

La stessa norma prevede altresì che, ove l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto e a tale scopo compensata, i diritti di utilizzazione economica spettino al committente.

La disciplina lavoristica costituisce un’eccezione alla generale regola per la quale l’inventore ha diritto ad essere riconosciuto autore della stessa e a ogni diritto relativo al suo sfruttamento economico. Nel caso di invenzioni del lavoratore si verifica infatti una scissione tra il diritto morale alla paternità dell’invenzione e i diritti patrimoniali nascenti da quest’ultima: il primo, in quanto diritto particolarissimo, è inalienabile, intrasmissibile e imprescrittibile, e spetterà dunque sempre al lavoratore; i secondi possono invece essere riconosciuti, a titolo originario o derivato, in capo a un soggetto diverso, nel caso di specie il committente – datore di lavoro.

L’espresso richiamo dell’art. 4 della legge 81/2017 alle leggi speciali conferma il diritto morale del lavoratore, anche autonomo, ad essere riconosciuto autore dell’invenzione, e ciò in ragione dell’art. 62 CPI, in forza del quale il diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione può essere fatto valere dall’inventore e, dopo la sua morte, dal coniuge e dai discendenti fino al secondo grado […], oltre che dell’art. 2590 cc, secondo il quale Il prestatore di lavoro ha diritto di essere riconosciuto autore dell’invenzione fatta nello svolgimento del rapporto di lavoro.

Nessuna eccezione, dunque, rispetto alla regola generale delle invenzioni né alla specifica disciplina delle invenzioni del lavoratore subordinato.

Per quanto attiene i diritti di sfruttamento economico, il commentato art. 4 presenta invece evidenti differenze dalla disciplina riservata al lavoratore dipendente.

Anteriormente all’entrata in vigore della legge 81/2017, la giurisprudenza soleva estendere per analogia la disciplina dell’articolo 64 CPI, dedicata al lavoratore subordinato, al lavoro autonomo,

prevedendo in generale l’acquisto a titolo originario in capo al committente dei diritti economici relativi ad un’invenzione eseguita in forza di un contratto d’opera (ex multis Tribunale Milano Sez. spec. Impresa, 27/05/2014 n. 6964, Tribunale di Bologna, sentenza n. 3683/2010; in precedenza cfr. Cass. 23 ottobre 1979,n.5527), ciò anche in ragione del cosiddetto principio dell’alienità del risultato, per cui è da ritenersi implicita la volontà delle parti di attribuire al committente i risultati dell’opera commissionata. La finalità è dunque chiara: il committente è colui che sopporta i costi e i rischi degli investimenti finalizzati allo sviluppo l’invenzione, di talché è egli stesso il soggetto che potrà godere dei risultati di tale attività.

La formulazione dell’art. 4 Jobs Act Autonomi prevede oggi espressamente che al committente spettino i diritti di utilizzazione economica dell’invenzione se l’attività inventiva sia stata prevista quale oggetto del contratto e a tale scopo remunerata.

Il lavoratore autonomo, incaricato in forza di un contratto d’opera di un’attività inventiva e a tal fine remunerato, non potrà quindi pretendere altro da quanto previsto nel contratto (fatto salvo, ovviamente, il diritto ad essere riconosciuto autore del trovato inventivo).

Quanto sopra è speculare rispetto alla disciplina delle “invenzioni di servizio” del lavoratore dipendente, ovverosia quelle realizzate nell’adempimento delle mansioni lavorative, in forza di un contratto di lavoro che preveda proprio come oggetto, anche se non esclusivo, l’attività inventiva e ne preveda la remunerazione. In tali casi, al lavoratore spetterà il diritto morale ad essere riconosciuto autore dell’invenzione, ma i diritti patrimoniali relativi alla stessa saranno interamente riservati al datore di lavoro (art. 64 comma 1 CPI).

Del tutto difforme invece la disciplina relativa ad invenzioni realizzate nello svolgimento della prestazione lavorativa, quando l’attività inventiva non sia dedotta nel contratto di lavoro né a tal fine remunerata.

In caso di lavoratori subordinati, l’art. 64 comma 2 CPI prevede che per tali invenzioni, definite “invenzioni aziendali”, spettano al datore di lavoro i diritti economici derivanti dall’invenzione, mentre il lavoratore subordinato avrà diritto, oltre ovviamente ad essere riconosciuto autore dell’opera, ad un “equo premio”, il cui quantum sarà commisurato all’importanza dell’invenzione, alle mansioni svolte dal lavoratore, alla retribuzione percepita e al contributo che questi ha ricevuto dall’organizzazione del datore di lavoro.

Nel caso del lavoratore autonomo la regolamentazione della fattispecie è diametralmente opposta.

Il legislatore del 2017 pone fine ai dibattiti interpretativi statuendo che, ove venga realizzata un’invenzione nello svolgimento di un’attività ove l’inventiva non era dedotta come oggetto del contratto né specificamente remunerata, i relativi diritti patrimoniali appartengano all’autore e non al committente. Sarà dunque onere di quest’ultimo, onde cercare di superare questo automatismo, dar prova di uno stretto nesso di causalità tra l’attività autonoma e l’invenzione realizzata, dimostrando che quest’ultima fosse lo scopo o comunque la naturale conseguenza dell’attività lavorativa dedotta in contratto.

Rimane invece dibattuto in dottrina se la disciplina delle cosiddette “invenzioni occasionali”, disciplinate dall’art. 64 comma 3 CPI, possa essere estesa al lavoro autonomo. Trattasi del caso in cui il lavoratore, al di fuori dell’ambito lavorativo, realizzi scoperte tecnico scientifiche brevettabili che rientrano nel campo di attività e/o nel settore merceologico del datore di lavoro. Per tale ipotesi, il Codice della Proprietà Industriale riserva al datore di lavoro meramente il diritto di opzione per l’uso e per l’acquisto del brevetto, a fronte della corresponsione di un prezzo o un canone in favore dell’inventore.

Parte della dottrina, stante l’espresso richiamo dell’art. 4 al CPI, ritiene applicabile anche al lavoro autonomo l’articolo 64 comma 3, riservando quindi a committente un diritto di opzione in caso di invenzioni occasionali. Di contrario avviso altra parte della dottrina, che considera il comma 3 dell’art. 64 una specificazione dell’obbligo di fedeltà del lavoratore ex articolo 2105 cc, vincolo a cui non soggiace il lavoratore autonomo, così escludendo qualsiasi diritto di opzione in favore del committente. In conclusione, nei rapporti di lavoro autonomo, l’oggetto del contratto e i diritti ad esso conseguenti trovano di norma puntuale regolamentazione nel testo contrattuale.

Ove tuttavia l’accordo negoziale sia lacunoso, la scarna previsione dell’art. 4 della legge 81/2017 avrà una funzione integrativa nella disciplina del rapporto autonomo e dei diritti ad esso conseguenti.

In caso di controversia, il committente che intende far valere i propri diritti di sfruttamento economico dell’invenzione ha l’onere di provare che l’invenzione era l’oggetto del contratto o che comunque fosse così strettamente collegata all’attività lavorativa da doversi ritenere il reale obiettivo o comunque la naturale conseguenza della stessa.

Al fine di prevenire contenziosi ed evitare rischi interpretativi, sarà quindi necessario porre particolare attenzione al testo contrattuale e quindi regolamentare ex ante ed in modo dettagliato tutte le fattispecie in ambito di ricerca e sviluppo nonché i casi in cui vengano commissionati progetti in cui vi è anche solo la possibilità di addivenire al deposito di brevetti per invenzione.

In assenza di un completo testo contrattuale, il committente rischierà di veder vanificato il proprio investimento.

* Avvocato in Milano

 

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