LAVORO SUBORDINATO E LAVORO AUTONOMO, CRITERI DISCRETIVI: ANALISI DI UNA SENTENZA

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di Stefano Ferri*

Un tema che da sempre affatica i cultori della materia giuslavoristica è rappresentato dagli elementi che caratterizzano il lavoro dipendente, in particolare i criteri discretivi tra lavoro autonomo e subordinato: si tratta di valutazioni che possono convergere nelle varie fattispecie verso la subordinazione ovvero possono far emergere l’assenza della stessa, con tutte le conseguenze correlate anche in materia previdenziale. In questo articolo vorrei esaminare una sentenza del 19 maggio 2021 della Sezione Lavoro del Tribunale di Reggio Emilia, nella causa, iscritta al R.G. 577/2019, che conosco bene, al termine della quale, a seguito di approfondita escussione dei testi, il Giudice ha stabilito l’assenza di prova della sussistenza della subordinazione nel caso in esame.

Sì trattava di uno studio di amministrazione condominiale a carico del quale l’Inps aveva emesso avviso di addebito per recuperare i contributi quale dipendente per le prestazioni svolte dalla figlia della titolare.

I testi però hanno fornito scenario diverso: innanzitutto è emerso che la lavoratrice in questione svolgeva altre attività quale consulente, con vari mandati, in ben diverso settore non riconducibile all’amministrazione condominiale.

Altro elemento, comune a tutte le testimonianze convergenti in materia, che caratterizza la fattispecie e l’allontana dalla subordinazione è che la lavoratrice in questione non aveva alcun orario di lavoro né obbligo di presenza, poteva rimanere assente anche per più settimane senza alcuna comunicazione, anzi veniva in ufficio quando lo riteneva opportuno. Si occupava di adempimenti fiscali, in particolare della predisposizione dei modelli 770 dei condomini amministrati dallo studio, attività di sua esclusiva pertinenza e che non veniva effettuata da nessuna impiegata. Soprattutto, ed anche su questo punto convergono i testi escussi, nessuno le dava ordini né direttive, anche relativamente all’orario e al luogo di lavoro, che la lavoratrice sceglieva liberamente sulla base delle scadenze, organizzandosi in autonomia; neppure disponeva di una sua scrivania in studio ma si appoggiava a quella che trovava libera per reperire e raccogliere i documenti che occorrevano e che venivano poi elaborati nel suo ufficio a casa, senza alcun potere direttivo dell’imprenditore concernente le intrinseche modalità di svolgimento dell’attività.

A seguito di questa ricostruzione il Giudice del Lavoro non ha potuto che constatare l’assenza della subordinazione pretesa dall’Inps, annullando di conseguenza l’avviso di addebito opposto.

Sovviene nella fattispecie la successiva e recente Ordinanza n. 38182 del 30 dicembre 2022 della Corte di Cassazione:

“Quanto allo schema normativo di cui all’art. 2094 cod. civ., si è precisato che costituisce elemento essenziale, come tale indefettibile, del rapporto di lavoro subordinato, e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo, la soggezione personale del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e non già soltanto al suo risultato”; e successivamente “Tale assoggettamento non costituisce un dato di fatto elementare quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto potenzialmente desumibile da un complesso di circostanze; sicché ove esso non sia agevolmente apprezzabile, è possibile fare riferimento, ai fini qualificatori, ad altri elementi (come, ad esempio, la continuità della prestazione, il rispetto di un orario predeterminato, la percezione a cadenze fisse di un compenso prestabilito, l’assenza in capo al lavoratore di rischio e di una seppur minima struttura imprenditoriale), che hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria (cfr. Cass., n. 4500 del 2007; Cass., n. 13935 del 2006; Cass., n. 9623 del 2002; Cass. S.U., n. 379 del 1999).

Questi elementi, lungi dall’assumere valore decisivo ai fini della qualificazione giuridica del rapporto, costituiscono indizi idonei ad integrare una prova presuntiva della subordinazione, a condizione che essi siano fatti oggetto di una valutazione complessiva e globale”.

Viene quindi confermato e chiarito che è elemento essenziale del rapporto di lavoro subordinato l’assoggettamento del prestatore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro, indice primario di sussistenza dello stesso.

Il tutto in linea con quanto già stabilito dalla Suprema Corte nel 2007, con la ben nota sentenza n. 4500 del 27 febbraio 2007, che attribuiva valore alla subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro inerente alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, di elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato e criterio discretivo rispetto a quello di lavoro autonomo; viceversa hanno carattere sussidiario e funzione indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (ad esempio, la collaborazione, l’osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione lavorativa, l’inserimento della prestazione medesima nell’organizzazione aziendale e il coordinamento con l’attività imprenditoriale, l’assenza di rischio per il lavoratore e la forma della retribuzione) che non possono sostituirsi alla subordinazione e neppure assumere valore decisivo per la qualificazione del rapporto bensì possono essere valutati come indizi di subordinazione per mansioni peculiari per le quali non sia agevole apprezzare il citato assoggettamento.

*Odcec Reggio Emilia

 

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