Accordo sindacale di prossimità: tra procedura di licenziamento collettivo e deroghe alla contrattazione collettiva nazionale.

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di Bernardina Calafiori e Alessandro Daverio* 

Nel 2012 una Banca avviava una riduzione del personale, con apertura di una procedura ai sensi della l. 223/1991, individuando una platea potenziale di 947 lavoratori in esubero.

L’Azienda sottoscriveva quindi a livello aziendale e con le rappresentanze sindacali delle organizzazioni comparativamente più rappresentative un Accordo con cui veniva concordato il criterio di scelta dei dipendenti con cui l’Azienda avrebbe risolto il rapporto di lavoro e cioè coloro i quali “abbiano maturato o maturano i requisiti di legge per aver diritto ai trattamenti pensionistici AGO” e prevedendo “il riconoscimento di n. 3 mensilità di indennità sostitutiva del preavviso” in deroga alle norme del Ccnl di settore.

Uno dei dipendenti con i quali l’Azienda aveva risolto il rapporto di lavoro conveniva in giudizio la Banca ritenendo che la clausola dell’accordo che riduceva l’indennità fosse illegittima e chiedeva pertanto il pagamento della differenza con la quantificazione operata dal Ccnl Credito, che corrispondeva, per il di lui inquadramento, ad un importo di sei mensilità della retribuzione globale di fatto.

Il Tribunale e la Corte d’Appello di Napoli accoglievano il ricorso del dipendente e condannavano la Banca al pagamento delle differenze retributive tra l’indennità individuata nell’accordo e quella del contratto collettivo.

L’Azienda proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza di condanna.

La Corte accoglieva il ricorso della Banca sulla base di diversi argomenti:

  • in primo luogo, il dipendente non poteva invocare la disapplicazione dell’Accordo in questione poiché ogni accordo collettivo aziendale è valido ed efficace tra tutti i dipendenti dell’Azienda, ancorché non iscritti alle organizzazioni sindacali firmatarie, fatti salvi solo i d. “diritti quesiti” o l’iscrizione del dipendente ad organizzazione sindacale non firmataria dell’accordo ed in espresso dissenso con lo stesso e nella specie nulla di tutto ciò risultava;
  • inoltre non si poteva escludere, come avevano invece sostenuto i giudici di merito, l’efficacia erga omnes della clausola che riduceva l’indennità di mancato preavviso, solo per il fatto che la previsione fosse inserita all’interno di un accordo ex l. 223/1991 ed avesse un contenuto diverso da quello degli 4, 5 e 24 della medesima legge;
  • la Banca con l’accordo sindacale aveva infatti rinunciato al proprio potere di risolvere i rapporti di lavoro secondo i criteri stabiliti dalla legge e concordato diversi criteri con le Organizzazioni Dice infatti la Corte che “emerge inconfutabilmente il collegamento funzionale fra la previsione concordata di una riduzione della indennità spettante a titolo di mancato preavviso (dalle sei previste dal CCNL alle tre mensilità oggetto di accordo) con la definizione, anch’essa concordata e non unilaterale, dell’esercizio del potere di recesso”.
  • Inoltre, l’indennità oggetto della previsione (e cioè quella di mancato preavviso) ben poteva essere oggetto di accordo e rinuncia e ciò anche nella forma di una “definizione concordata tra le parti sociali chiamate, nel contesto di una crisi aziendale a mediare per assicurare la prosecuzione dell’attività di impresa e la conservazione dei livelli di occupazione”;
  • ad avviso della Corte quindi “tutta la procedura in questione, allora, sulla base del richiamato accordo, appare perfettamente riconducibile nell’ambito della previsione di cui al L. n. 138 del 2011, art. 8, comma 2 bis conv. dalla L. n. 148 del 2011”,
  • nel caso di specie poi “l’art. 8, contemplando, fra le altre ipotesi, quella concernente la “gestione delle crisi aziendali ed occupazionali”, induce a reputare ben ammissibili “specifiche intese” con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati, ovviamente, come nella specie, solo nel rispetto delle esigenze di rappresentatività previste dalla medesima disposizione;
  • tali intese in effetti ben possono operare «anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro e, pertanto, anche in ordine alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio»

A conclusione del suo ragionamento, la Corte afferma anche che:

«l’Accordo con il quale è prevista la clausola che ha ridotto l’indennità sostitutiva del preavviso da sei a tre mensilità, a fronte di una severa e ben nota situazione di crisi aziendale ed occupazionale si mantiene in quella prospettiva di maggior tutela dei lavoratori al fine di assicurare un minor costo sociale dell’operazione e di salvaguardare la prosecuzione dell’attività d’impresa e la relativa occupazione secondo le finalità cui è diretta la stessa L. n.223 del 1991»

In conclusione, il tema delle intese ai sensi dell’art. 8 del d.l. 138/2011 (detti anche “accordi di prossimità”) soprattutto nell’ambito di crisi aziendali è senz’altro di attualità e può avere rilevanza anche nell’attuale fase di possibile superamento delle normative emergenziali (in tema di limitazioni del potere di recesso); tuttavia gli orientamenti giurisprudenziali e così quello di cui alla sentenza in commento non sono consolidati ed è necessaria la massima prudenza.

* Avvocato Studio Legale Daverio & Florio (studiolegale@daverioflorio.com)

 

 

 

 

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