Artigiani e ammortizzatori sociali: un sistema da revisionare

,
di Fabiano D’Amato*

Durante la crisi pandemica sono venuti in auge, per così dire, gli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro previsti dal d.lgs. 148/2015.

In particolar modo un ruolo fondamentale lo ha giocato il Fondo di Solidarietà Bilaterale dell’Artigianato (FSBA), fondo collegato, fra l’altro, agli Enti Bilaterali di categoria.

Cos’è l’FSBA?

Il Fondo FSBA rientra tra i Fondi di Solidarietà Bilaterale alternativi. È stato istituito ai sensi della riforma Fornero (Legge 92/2012) e dell’art. 27 del d.lgs. 148/2015, in occasione del riordino degli ammortizzatori sociali.

Il Fondo si pone come riferimento per il settore dell’Artigianato per fornire prestazioni di integrazione salariale (assegno ordinario o di solidarietà) nei casi in cui l’artigiano associato si trovi nelle situazioni previste per beneficiare di tali prestazioni, quali:

  • situazione aziendale dovuta ad eventi transitori non imputabile all’impresa o ai dipendenti, ivi comprese le situazioni climatiche;
  • situazioni temporanee di mercato.

L’esistenza della causale di intervento dovrà essere attestata dalle parti nell’apposito accordo sindacale. Le imprese interessate sono in generale quelle identificate presso l’Inps con il Codice Autorizzazione “7B”.

Il finanziamento del Fondo avviene a mezzo del versamento di un contributo tramite modello F24, unitamente alla contribuzione “EBNA” da inserire nella apposita sezione Inps.

La misura del contributo è pari a:

  • euro 7,65 (mensili, per 12 mensilità) per il finanziamento della bilateralità;
  • 0,60% dell’imponibile previdenziale mensile (di cui 0,45% a carico azienda e 0,15% a carico lavoratore).

Coloro che rientrano invece nell’ambito degli altri ammortizzatori sociali previsti dal titolo primo del d.lgs. 148/2015 non beneficiando quindi, benché artigiani, delle prestazioni del Fondo, verseranno solo una quota fissa di 10,42 euro mensili, sempre per 12 mensilità, al fine del finanziamento della bilateralità. Nel Lazio è prevista anche una quota fissa regionale di 4,35 euro, dal 1/6/2021.

Le quote sono dovute per intero anche nel caso di lavoratori part time. L’impresa che voglia beneficiare delle prestazioni del Fondo, deve garantire la regolarità contributiva nei confronti dell’Ente.

L’FSBA e l’emergenza Covid – alternativa o “unica strada”?

L’esclusività del Fondo FSBA per i soggetti destinatari è collegata all’obbligo, o meno, di iscrizione e versa- mento, per il fatto di appartenere ad un determinato settore, con personale dipendente con un determi- nato inquadramento contrattuale e previdenziale. La questione è stata ed è assai dibattuta.

Nel tempo la giurisprudenza si è orientata a conside- rare queste clausole contrattuali come obbligatorie e vincolanti per le sole parti contraenti (a mero titolo di esempio, si cita la sentenza Cass. Civ. Sez. Lavoro, n. 6530/2001).

Per quanto qui di interesse il problema si è posto nel momento in cui è stato necessario, per le imprese ar- tigiane, sopperire ai problemi collegati all’emergenza sanitaria attraverso gli appositi ammortizzatori sociali con causale Covid 19.

Diverse deroghe sono state previste dalla normativa emergenziale rispetto agli ammortizzatori ordinari:

  • è stata estesa la possibilità di utilizzo del FIS (Fondo Integrazione salariale) a realtà produttive di minori dimensioni (in alcuni settori, per organici compresi tra i 5 e 15 dipendenti che, benché destinatarie dell’obbligo di versamento ridotto al FIS, non avevano diritto al relativo assegno);
  • è stato previsto l’utilizzo della Cassa Integrazione in Deroga, prima attraverso una procedura che investiva le Regioni e poi l’Inps, disciplinato da appositi “accordi quadro”, poi direttamente attraverso l’Inps.

Soprattutto nei primi giorni di applicazione del Decreto “Cura Italia” n.18/2020, si è posto

il problema riguardo tutti quei datori di lavoro, che pur essendo destinatari delle prestazioni

del fondo alternativo FSBA, non fossero iscritti ed in condizioni di regolarità contributiva.

Data la situazione emergenziale, era possibile per gli stessi richiedere in alternativa le prestazioni della CIGD (Cassa Integrazione Guadagni in Deroga)?

Nel tempo il dubbio si è risolto nel senso di non poter considerare alternative le due possibilità; coloro che erano (e sono) destinatari del Fondo Alternativo di cui trattasi, non potevano, in assenza dei requisiti per richiederlo per proprie omissioni contributive e/o di iscrizione, attingere ad altri ammortizzatori.

In tal senso, ad esempio, l’accordo quadro della Regione Lazio dove si prevede che possa essere utilizzata la CIGD in luogo dei fondi alternativi, “esclusivamente qualora tali fondi abbiano esaurito la disponibilità finanziaria e, in ogni caso, previa dimostrazione di corretta contribuzione ai fondi stessi”.

E nella stessa direzione va la Circolare Inps n. 47 del 28/03/2020, dove si fa riferimento alla circostanza che i fondi di solidarietà bilaterali alternativi sono le entità deputate ad erogare le prestazioni ai soggetti destinatari delle stesse, come nel caso di FSBA.

Nella stessa circolare Inps inoltre, il riferimento soggettivo è ai datori di lavoro cui è attribuito il codice autorizzazione “7B”, non essendo previsti altri requisiti, ad esempio numerici.

Ad ulteriore conferma indiretta del fatto che il ricorso all’FSBA è l’unica possibile strada per le aziende destinatarie dello stesso, vi è la previsione da parte del Fondo, a determinate condizioni e per determinati periodi, della possibilità di presentare la domanda in caso di richiesta di CIGD respinta dall’Inps per i motivi anzidetti.

 

Assegno ordinario “Covid-19” e regolarità contributiva.

Un aspetto che ha creato situazioni di imbarazzo per i datori di lavoro, in special modo all’inizio della situazione pandemica, è il requisito della regolarità contributiva nei confronti del fondo FSBA per poter accedere all’assegno ordinario “Covid 19” di integrazione salariale.

Dopo il Decreto 18/2020, sulle prime l’FSBA richiedeva infatti il rispetto della regolarità come stabilito dalla propria regolamentazione, benché lo stesso decreto “Cura Italia” disponesse un ruolo ben preciso dei fondi di cui all’art. 27 d.lgs. 14/2015 con risorse a carico dello Stato, nella gestione della situazione d’integrazione emergenziale per i settori di pertinenza (quale appunto quello dell’artigianato).

Alle ditte non iscritte o non in regola con i versamenti era data la possibilità di regolarizzare la situazione prima di effettuare la richiesta dell’assegno ordinario. Questa possibilità era decisamente onerosa, in quanto le imprese si trovavano a dover far fronte ad un esborso commisurato a 36 mensilità di versamento (o meno se costituite da meno tempo). La cosa non poteva che generare problematiche.

Se infatti in condizioni ordinarie può essere quantomeno plausibile ipotizzare che un fondo non intervenga in favore di chi non ha adempiuto al suo finanziamento, quando ci si trova in “stato di emergenza” ed i fondi provengono dallo Stato, la questione comincia a presentarsi più “scivolosa”.

Successivamente le regolarizzazioni delle posizioni sono state rimandate in diverse occasioni, fino all’ultimo rinvio a gennaio 2022, da effettuarsi con istanza digitale in base a un regolamento da approvarsi appositamente.

In tutto questo contesto si è inserito il Decreto del 26/5/2020 del TAR del Lazio, n. 4047, che ha imposto al Fondo di consentire la presentazione della domanda di assegno ordinario “Covid 19” in favore di una ditta artigiana non iscritta.

Il Fondo FSBA ha provveduto per tutti gli appartenenti ai settori destinatari dei trattamenti ad erogare i medesimi, pur mantenendo il punto su:

  • obbligatorietà dell’iscrizione e di versamento della contribuzione;
  • necessità della regolarizzazione per le imprese che hanno beneficiato degli assegni ordinari emergenziali, benché rimandata a gennaio 2022.

Conclusioni.

La pandemia è stata una sorta di “stress test” per molti ammortizzatori sociali, sebbene rivisti “alla bisogna”. Il ruolo importante di FSBA nella gestione della situazione di integrazione salariale legata alla pandemia, quanto meno per il settore artigiano, è, ad avviso di chi scrive, indiscutibile. Da un punto di vista numerico, tale ruolo è rimarcato in qualche modo dall’aumento delle risorse destinate ai fondi di solidarietà bilaterale alternativi di cui all’art. 27 del d.lgs. 148/2015, passate dagli 80 milioni del d.l. 18 nella sua prima stesura, ai 1.600 milioni di limite massimo del “Decreto Agosto”, n.104/2020.

La situazione emergenziale ha portato a conoscenza di una più vasta platea di persone le dinamiche di funzionamento del Fondo.

Purtroppo, specie nelle fasi iniziali, si è generata una notevole confusione sulle possibili alternative per le imprese, poi chiarite, all’atto pratico, dalle varie voci di prassi che sono intervenute in soccorso.

Una questione ancora da definire sarà probabilmente il destino di tutti quei fruitori degli ammortizzatori sociali Covid 19, che potrebbero essere chiamati dal Fondo a regolarizzare la propria posizione dopo gli innumerevoli rinvii.

Quale obbligo d’iscrizione e contributivo verso l’FSBA incombe su tali percettori che non intendano avvalersi, in futuro, dei benefici ordinari della bilateralità?

Il problema, pur inserendosi in qualche modo nel più generale interrogativo sulla sussistenza dell’obbligo di versamento della contribuzione al Fondo ed alla bilateralità in generale, nasce dal diverso presupposto che nel caso che stiamo esaminando le prestazioni sono state richieste e fruite, circostanza di non poco conto.

D’altro canto, si può osservare che nel caso dell’emergenza sanitaria:

  • i Fondi Bilaterali Alternativi garantiscono l’erogazione dell’assegno ordinario emergenziale, come previsto dalla legge, in analogia con altri ammortizzatori “Covid-19”;
  • le risorse per far fronte a tale erogazione sono appositamente destinate dallo Stato e gravano dunque sulla fiscalità generale, non andando quindi ad intaccare la contribuzione al Fondo del singolo.

La risposta, non scontata a parere di chi scrive, arriverà probabilmente nel momento in cui i rinvii per la regolarizzazione cesseranno di avere effetto.

Si vedrà quali saranno le richieste dell’Ente, a quali meccanismi sanzionatori lo stesso potrà ricorrere in caso di inadempienza e quali saranno le interpretazioni, specie quelle giurisprudenziali, in caso di contenzioso.

Sia consentita in conclusione una riflessione: chiaro che queste sono considerazioni “di superficie”, ma dalla situazione emergenziale si può forse trarre la conclusione che i tempi sono maturi per esaminare un ulteriore riordino degli Ammortizzatori Sociali. Interessante dunque ipotizzare una revisione di un sistema così parcellizzato, che “sotto stress” può creare problemi, anche di disparità di trattamento tra i lavoratori, e conflitti.

*Odcec Roma

 

 

 

 

 

image_pdfimage_print