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di Maurizio Centra*

Dopo essere diventati tutti virologi, da qualche mese ci siamo scoperti anche tutti strateghi militari ed esperti in geopolitica, senza trascurare l’innata attitudine per il ruolo di allenatore della nazionale di calcio. D’altronde negli anni ’30 del secolo scorso qualcuno ha definito l’Italia “un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di navigatori e di trasmigratori”. Sorvolando sulle sofferenze che le azioni dell’autore di tale frase procurarono al popolo, quello che oggi sorprende è che l’Italia, con tutte le sue straordinarie qualità, non sia mai diventato anche un popolo di economisti. In pratica, sappiamo tutto sulle varianti del Covid-19, esprimiamo pareri sulla ripresa dell’attività di medici non vaccinati, ma poi cerchiamo di evitare che curino proprio noi. Siamo consapevoli che il debito pubblico italiano sia tra i più alti al mondo, ma poi condividiamo le politiche di ulteriore indebitamento, che graverà sulle spalle delle future generazioni, che, tra l’altro, saranno sempre meno numerose. Continua a leggere

di Stefano Lapponi *

L’economia di guerra è il restringimento dell’economia di mercato sostituita da una economia pianificata a livello centrale dove viene stabilito cosa produrre. In uno stato di guerra l’economia restringe i propri spazi di mercato e questo significa che gran parte della capacità produttiva di un Paese viene destinata allo sforzo bellico. Le risorse, energia e lavoratori, vengono convogliate per allestire e finanziare la produzione militare. Si ha quindi una riconversione industriale con l’unico obiettivo di alimentare lo sforzo bellico. Continua a leggere