I LIMITI DELLA RESPONSABILITÀ SOLIDALE DI CUI ALL’ART. 29 DEL D. LGS. 276 DEL 10.09.2003

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di Bernardina Calafiori e Alessandro Montagna*

L’articolo 29 del d.lgs. n. 276 del 10 settembre 2003 prevede espressamente che “(…) in caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento”.

La formulazione della norma, tuttavia, non appare esaustiva, in quanto non chiarisce cosa debba intendersi per “committente imprenditore o datore di lavoro” gravato dall’obbligo di responsabilità solidale ai fini di cui all’art. 29 del citato Decreto legislativo.

Un importante contributo di chiarezza, in tal senso, arriva dalla Corte di Cassazione, che, con la sentenza

  1. 19514 del 27.04.2023, pubblicata il 10.07.2023, resa in ordine ad una fattispecie relativa alla (eventuale) responsabilità solidale di un Condominio per le omissioni contributive afferenti ad alcune lavoratrici che vi avevano prestato attività di pulizia per conto di un appaltatore, ha puntualizzato, a tal fine, che:

–  è  certamente  gravato  dall’obbligo  della responsabilità solidale il committente che assuma

la veste di imprenditore, ai sensi dell’art. 2082 c.c., intesa in senso oggettivo: ossia, come attività economica  organizzata  atta  a  conseguire  la remunerazione dei fattori produttivi;

–  è,  analogamente,  tenuto  all’obbligo  di responsabilità solidale anche il committente che, pur non essendo “imprenditore”, è “datore di lavoro”: vale a dire, il committente che “… anche attraverso le prestazioni di lavoro rese dai dipendenti dell’appaltatore realizza l’oggetto della propria attività istituzionale, prendendo parte a quel processo di decentramento produttivo del servizio che costituisce il fenomeno economico a cui la norma si riferisce …”: ad esempio, nel caso di associazioni, di enti no profit, etc., nei quali si realizzano ipotesi di commistione tra le figure del datore di lavoro (appaltatore) ed il committente, fruitore della prestazione lavorativa (potenziale datore di lavoro cd. indiretto).

Ciò premesso, la Suprema Corte ha affrontato il caso di specie, valutando se il Condominio potesse essere ricondotto all’una o all’altra delle due ipotesi accennate e pervenendo ad una soluzione negativa, sul presupposto:

  • da un lato, che il Condominio, quale ente di gestione dei beni comuni, privo di personalità giuridica, non assume, soprattutto ai fini lavoristici, rilievo giuridico diverso da quello dei singoli condomini;
  • dall’altro lato, che il Condominio non svolge attività d’impresa, ai sensi dell’art. 2082 c.c., e non partecipa per propri  scopi  istituzionali  al  decentramento produttivo.

Di qui, in definitiva, la decisione della Suprema Corte tesa a sottrarre il Condominio al perimetro

applicativo di cui all’art. 29 del d.lgs. 276/2003.

 

*Avvocati Studio Legale Daverio & Florio

 

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