LAVORATORI SOMMINISTRATI: PARITÀ DI TRATTAMENTO RETRIBUTIVO E PREMI DI RISULTATO

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*di Giovanni Chiri

 

Nello svolgimento della mia attività professionale ho avuto l’occasione di patrocinare in giudizio alcuni lavoratori  somministrati  nella  rivendicazione  del diritto al pagamento dei premi di risultato erogati dall’utilizzatore ai propri dipendenti sulla base degli accordi collettivi aziendali applicati.

La causa verteva – in sostanza – sull’interpretazione dell’art. 35 del Decreto Legislativo n. 81/2015 a mente del quale:

“1. Per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore.

…3. I contratti collettivi applicati dall’utilizzatore stabiliscono modalità e criteri per la determinazione e corresponsione delle erogazioni economiche correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi concordati tra le parti o collegati all’andamento economico dell’impresa…”

Le  difese  dell’utilizzatore  e  dell’agenzia  di somministrazione adottavano una interpretazione della norma in questione per la quale la garanzia di condizioni economiche “complessivamente non inferiori” a quelle garantite ai dipendenti dell’utilizzatore non consentisse in alcun modo il riconoscimento automatico al personale somministrato di un premio di risultato.

Inoltre,  il  rinvio  operato  dal  terzo  comma  alla contrattazione collettiva, doveva essere inteso come potere riconosciuto alla contrattazione di determinare non solo modalità e criteri di erogazione di tali premi, ma anche e soprattutto il diritto o meno dei lavoratori

somministrati al riconoscimento del premio di risultato. Le parti negoziali non avevano previsto i lavoratori somministrati quali destinatari del premio di risultato e da ciò se ne doveva dedurre che questi non ne avevano diritto.

Il Tribunale di Mantova, con sentenza n. 73 del 29/03/2023, in conformità al precedente giurisprudenziale del Tribunale di Milano, sentenza n. 1871 del 14/07/2022, ha disatteso l’interpretazione fornita, accogliendo invece la tesi dei lavoratori.

La sentenza prende le mosse dalla nozione di condizioni economiche e normative “complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore”, affermando che il concetto di trattamento economico complessivo non sia limitato ai soli istituti contrattuali minimi, ma sia al contrario più ampio rispetto a quello di retribuzione proporzionata e sufficiente enunciato dall’art. 36 della Costituzione.

Inoltre, risulta più coerente al dettato normativo l’interpretazione del terzo comma dell’art. 35 del D. Lgs.

  1. 81/2015 per la quale il legislatore ha inteso attribuire all’autonomia collettiva non già il diritto o meno ai premi di risultato, ma esclusivamente la facoltà di stabilirne i criteri di erogazione. Il comma terzo ha quindi mera funzionedispecificazionedelprincipiodiparitàaffermato in via generale dal primo comma dell’art. 35 del citato decreto legislativo, in relazione alle caratteristiche del caso concreto. Interpretazione che si pone in continuità rispetto alla giurisprudenza formatasi sul previgente art. 23 quarto comma del Decreto Legislativo n. 276/2003 (Corte d’Appello di Venezia 25/03/2021 e Tribunale di Torino con sentenza n. 386/2022).

Stabilito  quanto  sopra,  la  sentenza  prosegue constatando che il diritto oggetto di causa è riconosciuto anche dal Ministero del Lavoro con propria circolare n. 13/2019, secondo la quale: “…Nel caso i contratti collettivi nazionali o aziendali prevedano la corresponsione di premi di risultato o di produttività (e simili), essi devono essere riconosciuti anche ai lavoratori somministrati secondo quanto previsto dagli stessi contratti ed erogato secondo le modalità previste dal CCNL delle agenzie di somministrazione)”.

Infatti, il CCNL Agenzie di somministrazione, art. 30, prevede espressamente che “in coerenza con il principio di parità di trattamento, i premi di produzione e risultato previsti dalla contrattazione collettiva applicata presso l’utilizzatore sono corrisposti ai lavoratori somministrati in costanza di missione e proporzionalmente al lavoro svolto, secondo tempi e modalità previsti dagli accordi stessi…”.

Dunque per diretta previsione di legge e di contrattazione collettiva nazionale il diritto dei lavoratori somministrati di ricevere il premio di risultato nelle fattispecie descritte discende dal solo fatto che i contratti collettivi aziendali dell’utilizzatore prevedano un premio di risultato.

La sentenza descritta si inserisce all’interno di un orientamento giurisprudenziale che vede i giudici di

merito sostanzialmente concordi sull’interpretazione dell’art. 35 del D. Lgs. n. 81/2015 nel senso del riconoscimento del diritto dei lavoratori somministrati a percepire anch’essi i premi di risultato riconosciuti dalla contrattazione collettiva applicata all’utilizzatore (si vedano anche Tribunale di Ancona sentenze n. 21 e 22 del 23/01/2023 e n. 177 del 05/06/2023).

Questa interpretazione, in effetti, risulta realizzare in modo più compiuto il principio di parità enunciato dall’art. 35 sopra citato, risultando anche idonea ad evitare fenomeni di distorsione della concorrenza tra imprese.

Di tale orientamento dovrà necessariamente tenere conto ogni impresa che intenda avvalersi di lavoratori in somministrazione anche considerando che questi ultimi, come accaduto nel caso descritto, hanno diritto di agire per il pagamento dei premi non corrisposti direttamente nei confronti dell’utilizzatore stesso quale responsabile in solido con l’agenzia di somministrazione secondo la previsione del comma 2 del citato art. 35 del D. Lgs. n. 81/2015.

*Avvocato in Mantova

 

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