SULLA IDONEITÀ DEL VERBALE DI ACCERTAMENTO DELL’INPS AD INTERROMPERE LA PRESCRIZIONE DEL DIRITTO ALLA RISCOSSIONE DEI CONTRIBUTI

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di Bernardina Calafiori e Alessandro Montagna*

Con Ordinanza del 5.05.2022, pubblicata, mediante deposito in Cancelleria in data 17.08.2022, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato due importanti principi di diritto in tema di diritto dell’INPS al regolare versamento dei contributi previdenziali dovuti dal datore di lavoro.

La fattispecie in commento trae origine, più precisamente, dall’opposizione promossa da un datore di lavoro avverso una cartella esattoriale notificata dall’INPS in ordine all’omesso puntuale versamento dei contributi previdenziali dovuti dall’opponente in riferimento alla posizione di un dipendente assunto con contratto di formazione e lavoro.

Al di là del caso specifico, la decisione della Suprema Corte – che ha rilevato come la notifica del verbale di accertamento relativo ad omissioni contributive valga a costituire in mora il contribuente e ad interrompere il decorso del termine di prescrizione del diritto alla riscossione delle somme dovute – merita di essere analizzata, in quanto foriera di conferma in merito a due importanti principi di diritto.

Anzitutto, la Suprema Corte ha confermato che il diritto alla riscossione dei contributi previdenziali non è qualificabile alla stregua di un diritto meramente privato, ma riveste una importanza para – pubblicistica: tanto ciò è vero che, muovendo da tale presupposto, la Suprema Corte ha ribadito che, sul piano strettamente processuale – civilistico, il regime della prescrizione è sottratto alla disponibilità delle parti, tanto da potere formare oggetto di rilevabilità ex officio da parte del Giudice.

Nel fare ciò, la Suprema Corte ha richiamato un suo precedente arresto (Cass. 4.12.2018 n. 31345), che già aveva puntualizzato che la prescrizione delle contribuzioni di previdenza ed assistenza sociale obbligatoria è rilevabile anche d’ufficio e la relativa eccezione può essere proposta per la prima volta in appello.

In secondo luogo, la Suprema Corte ha confermato il principio – cui aveva fatto riferimento in altre sue pronunzie (Cass. 2.2.2016 n. 1974 e Cass. 12.07.2004 n. 12866) – secondo cui, il verbale di accertamento dell’INPS volto ad acclarare eventuali omissioni e/o inesattezze contributive del datore di lavoro:

– vale quale atto di costituzione in mora del dipendente, ai fini di cui all’art. 1219 c.c.

– vale quale atto interruttivo della prescrizione, ai fini di cui all’art. 2943 c.c.

Entrambi tali effetti, tuttavia, sono subordinati al puntuale ricevimento del verbale di accertamento a cura del debitore, trattandosi di atto recettizio in cui la conoscenza del debitore costituisce elemento costitutivo essenziale ai fini della produzione dei gli effetti di cui sopra.

* Avvocato Studio Legale Daverio & Florio

 

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