NOZIONE DI RETRIBUZIONE UTILE AI FINI CONTRIBUTIVI

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di Bernardina Calafiori e Alessandro Montagna*

Con sentenza n. 10953 del 7.03.2023, pubblicata in data 26.04.2023, la Suprema Corte di Cassazione ha confermato il proprio orientamento in ordine alla delimitazione della nozione di retribuzione utile ai fini contributivi, assumendo che “ai fini dell’individuazione della base imponibile per il calcolo dei contributi previdenziali, occorre fare riferimento alla retribuzione “dovuta”, per legge o per contratto collettivo o individuale, e non a quella effettivamente erogata”: con la conseguenza che “salvo che la retribuzione stabilita nella contrattazione collettiva nazionale sia onnicomprensiva, se è prevista un’indennità ulteriore a livello provinciale o aziendale, per calcolare il “dovuto” è necessario interpretare il contratto ed accertare se quella voce retributiva vada inclusa negli istituti indiretti”.

Il caso traeva origine dal ricorso dell’Inps, il quale rivendicava il suo diritto alla rideterminazione della base di calcolo su cui conteggiare la misura dei contributi ad esso dovuti, assumendo, con specifico riferimento al caso di specie, il suo diritto alla computabilità, ai fini contributivi, anche della c.d. indennità di camice: vale a dire, dell’indennità prevista nell’art. 6, comma 2, titolo V°, del C.C.N.L. integrativo regionale per le farmacie rurali che espressamente indicava: “(…) a decorrere dal 2002 verrà riconosciuta ad ogni dipendente delle farmacie private della Lombardia un’indennità sostitutiva camici/lavaggio pari a lire 800mila annue, per le farmacie che forniranno i camici tale indennità sarà ridotta a lire 600mila annue, l’indennità camici/ lavaggio sarà erogata con le competenze del mese di aprile di ciascun anno”.

Così ricostruito il thema decidendum posto all’attenzione della Suprema Corte, la questione di diritto si riduceva a ciò: se, ai fini previdenziali, dovesse farsi riferimento alla retribuzione effettiva (vale a dire: alla retribuzione in concreto corrisposta e priva di riferimento alla c.d. indennità di camice) o alla retribuzione dovuta (vale a dire: alla retribuzione comprensiva anche dell’indennità di camice).

Ebbene, a fronte di tale questione, la Suprema Corte ha ritenuto di dovere confermare il suo consolidato orientamento in materia (decisamente più “sensibile” alle istanze dell’Inps),

puntualizzando, in particolare, che:

  • la retribuzione da assoggettare a contribuzione è quella “dovuta” al lavoratore, e se questa, a norma di contratto nazionale, non è onnicomprensiva, anche la base di calcolo non potrà essere onnicomprensiva, ma dovrà tenere conto delle ulteriori fonti istitutive degli emolumenti dovuti al dipendente e non prevista dalla contrattazione nazionale;
  • con la conseguenza che, se a livello di contrattazione aziendale o provinciale vengano previste indennità ulteriori rispetto a quanto previsto nel contratto nazionale, anche di tali indennità dovrà tenersi conto ai fini contributivi, perché solo così si determina il “dovuto” spettante al lavoratore e, per l’effetto, la base di calcolo dei contributi.

Di qui, dunque, la decisione assunta dalla Suprema Corte, nei termini sopra riportati.

*Avvocati Studio Legale Daverio & Florio

 

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