IL DECRETO TRASPARENZA ED I CHIARIMENTI (NECESSARI) DI ISPETTORATO E MINISTERO DEL LAVORO

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di Fabrizio De Angelis *

Con l’emanazione del Decreto Trasparenza, aziende e lavoratori hanno assistito, ancora una volta, ad un evidente appiattimento del Governo legiferante che, invece di bilanciare il recepimento della Direttiva Europea n. 1152 del 2019 con le esigenze di semplificazione del diritto (sempre più necessarie), ha finito con l’emanare un provvedimento certamente di non facile interpretazione e privo di quella funzionalità necessaria al soddisfacimento delle concrete esigenze di chiarezza di cittadini, lavoratori e datori di lavoro.

La scelta, non molto condivisibile, del legislatore è stata quella di intervenire attraverso lo strumento della novellazione di norme preesistenti, in particolare del d.lgs. n. 152 del 1997, con evidenti ricadute in termini di chiarezza ed immediata individuazione dei nuovi adempimenti evitando con ciò di creare un vero e proprio riferimento normativo, fruibile ed utile, per un momento cruciale del rapporto di lavoro rappresentato dalla fase di instaurazione dello stesso.

Proprio in ragione di tale complessità regolativa, il Decreto trasparenza, già all’indomani della sua pubblicazione, ha suscitato non poche perplessità tra gli addetti ai lavori con la conseguente necessità di un duplice intervento chiarificatore, dapprima con la circolare dell’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) n. 4 del 10 agosto 2022 e, a distanza di pochi giorni, con quella del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 19 del 20 Settembre 2022.

Prendendo le mosse da tale ultimo intervento è possibile precisare alcuni rilevanti aspetti interpretativi del d.lgs. n. 104/2022, attuativo della direttiva europea n. 1152 del 2019, riguardante la regolamentazione degli obblighi di informazione in materia di condizioni di lavoro.

Il primo chiarimento di natura generale fornito dal ministero nelle “Premesse” della circolare si è posto, sin da subito, in parziale contrasto con quanto affermato dall’Inl che nella sua nota precedente aveva affermato che “la relativa disciplina di dettaglio potrà essere comunicata attraverso il rinvio al contratto collettivo applicato”.

Tuttavia, proprio sotto l’aspetto della possibilità del mero “rinvio” alla contrattazione collettiva, la circolare ministeriale n. 19/2022 ha precisato che se, da un lato, il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore le informazionidibaserelativeaisingoliistitutimenzionati nel novellato articolo 1, decreto legislativo 152/1997, dall’altro lato, può operare “per le informazioni di maggior dettaglio” un rinvio “al contratto collettivo o ai documenti aziendali che devono essere consegnati o messi a disposizione del lavoratore secondo le prassi aziendali”. La ratio della riforma è, quindi, quella di ampliare e rafforzare gli obblighi informativi, ma tale operazione di ampliamento e di rafforzamento deve essere calata nella concretezza del rapporto di lavoro.

Secondo il Ministero del lavoro, quindi, “l’obbligo informativo non è assolto con l’astratto richiamo delle norme di legge che regolano gli istituti oggetto dell’informativa, bensì attraverso la comunicazione di come tali istituti, nel concreto, si atteggiano, nei limiti consentiti dalla legge, nel rapporto tra le parti, anche attraverso il richiamo della contrattazione collettiva applicabile al contratto di lavoro”.

Fatte le dovute premesse, prima di esaminare i singoli obblighi informativi contenuti nel Decreto trasparenza, è opportuno ricordare che la circolare ministeriale ha affermato che è possibile utilizzare diverse modalità per assolvere l’obbligo informativo, sempre nel rispetto dei termini previsti dal Decreto, tra le quali anche quella di comunicare le informazioni in modalità informatica, come già chiarito nella circolare dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Passando ad un’analisi dei singoli istituti trattati dalla circolare del ministero, emerge quanto segue.

Congedi – L’art. 4, comma 1, lett. l) del Decreto prevede che il datore di lavoro debba informare il lavoratore sulla “durata del congedo per ferie”. Pertanto, si deve sin da subito considerare quanto sin qui riportato in ordine all’esplicita indicazione contenuta nella circolare ministeriale di comunicare “come tali istituti, nel concreto, si atteggiano nel rapporto tra le parti” attraverso le indicazioni della disciplina di dettaglio rinvenibile nel contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro.

Dalla formulazione del medesimo comma 1, lett. l) del decreto si evince con sufficiente chiarezza, che non vi è obbligo di comunicazione per i congedi per i quali non è prevista la corresponsione della retribuzione. Pertanto, tenuto conto di tutte le fattispecie che prevedono diverse forme di astensione temporanea dal lavoro, quali i congedi, ma anche le assenze, i permessi, le aspettative, etc., l’obbligo di informativa sembrerebbe riservato agli istituti denominati espressamente “congedi”, quali ad esempio quelli di maternità, paternità, parentali, per assistenza a persone disabili ed invalidi etc.

Preavviso – Come noto, il preavviso connesso al recesso datoriale o alle dimissioni del lavoratore è un istituto strettamente legato all’anzianità di servizio e/o al livello di inquadramento professionale.

Per tali evidenti motivi l’obbligo di informativa previsto al comma 1, lett m) non potrà che essere individuato relativamente alla “procedura”, alla “forma”, ma, soprattutto ai “termini” previsti al momento dell’assunzione.

Retribuzione – Per quanto attiene la retribuzione, il ministero ha correttamente specificato che l’obbligo informativo di cui al comma 1, lett. n), concerne le sole voci dell’emolumento la cui determinazione sia oggettivamente possibile al momento dell’assunzione. Alle predette voci retributive, in fase di informazione, devono essere aggiunte anche le indicazioni circa il “periodo” e le “modalità di pagamento”.

Orario di lavoro – Di particolare importanza, perché ha generato non pochi dubbi da parte degli operatori del diritto, sono gli obblighi di informazione relativi agli orari di lavoro di cui alle lettere o) e p) del comma 1, mediante una disciplina che risulta differenziata a seconda della prevedibilità, o imprevedibilità, dei tempi di lavoro.

Nel caso in cui l’organizzazione dell’orario di lavoro sia in tutto o in “gran parte prevedibile”, il lavoratore deve essere informato sulla programmazione dell’orario di lavoro e sulle condizioni relative al lavoro straordinario, con la relativa retribuzione. Vieppiù devono essere specificate le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, come ad esempio il termine entro il quale il lavoratore deve essere preavvertito della predetta variazione (comma 1, lett. o)).

Sul punto la circolare ministeriale ha fornito un’interpretazione secondo cui gli obblighi di informazione devono riguardare la disciplina generale applicabile in materia, ma soprattutto i riferimenti al Ccnl ed agli eventuali accordi aziendali riguardanti l’orario di lavoro.

Più in particolare il ministero ha precisato che “generalmente rientrano nella definizione del lavoro prevedibile anche le ipotesi di lavoro a turni e di lavoro multi-periodale: in tali casi sarà sufficiente indicare che il lavoratore viene inserito in detta articolazione oraria e rendere note le modalità con cui allo stesso saranno fornite informazioni in materia”.

Secondo la circolare sarebbe sufficiente indicare la tipologia di articolazione oraria applicabile al lavoratore nonché le modalità con cui tale articolazione verrà condivisa con il lavoratore.

Nel caso in cui il rapporto di lavoro sia caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili, il datore di lavoro deve informare il lavoratore della variabilità della programmazione del lavoro, indicando l’ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione spettante per le ore aggiuntive. Inoltre l’informativa deve indicare le ore e i giorni in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative, il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione, nonché, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale, il termine entro il quale il datore può annullare l’incarico (lett. p).

Utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati. Tra gli ulteriori obblighi informativi di cui all’articolo 1-bis del d.lgs. n. 152/1997 (come novellato dal Decreto trasparenza) vi sono quelli riguardanti i sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.

Più in particolare, la nuova norma prevede che “il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto ad informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori”.

Sul punto la circolare ministeriale ha specificato due distinte ipotesi:

a) la prima allorquando il datore di lavoro ricorre all’utilizzo di sistemi finalizzati a realizzare un procedimento decisionale in grado di incidere sul rapporto di lavoro.

Qui l’intervento chiarificatore del ministero si è reso più che mai necessario evidenziando il vuoto lasciato dal testo del decreto.

La circolare, infatti, ha correttamente precisato che i sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, che necessitano della specifica informativa, sono quegli strumenti che, attraverso l’attività di raccolta dati ed elaborazione degli stessi effettuata tramite algoritmo, intelligenza artificiale, etc., sono in grado di generare decisioni automatizzate.

Alcuni esempi del ministero sono risultati ancor più utili per una maggiore comprensione: assunzione o conferimento dell’incarico tramite l’utilizzo di chatbots (colloquio con entità virtuale), la profilazione automatizzata dei candidati, lo screening dei curricula, l’utilizzo di software per il riconoscimento emotivo e test psicoattitudinali, etc.; ma anche assegnazione o revoca automatizzata di compiti, mansioni o turni, definizione dell’orario di lavoro, analisi di produttività, determinazione della retribuzione, promozioni, etc., attraverso analisi statistiche, strumenti di data analytics o machine learning, rete neurali, deep-learning, etc.

b) La seconda ipotesi nel caso di sistemi automatizzati che incidono sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

Questo caso, come ha illustrato il ministero, riguarda l’obbligo di informare il lavoratore sull’utilizzo di sistemi automatizzati quali, a titolo esemplificativo, i tablet, i dispositivi digitali e wearables, i GPS e i geo localizzatori, i sistemi per il riconoscimento facciale, i sistemi di rating e ranking, etc.

Per completezza espositiva va considerato che il Decreto trasparenza non ha previsto solo gli obblighi informativi al momento dell’assunzione, ma ha introdotto alcune importanti disposizioni che incidono, in modo diretto, su alcuni istituti di diritto del lavoro, che in sintesi, vengono qui di seguito riportati:

  • Fissazione della durata massima del periodo di prova in mesi sei (art. 7 del decreto);
  • Divieto, per  il  datore  di  lavoro,  di  impedire  al lavoratore  di  svolgere contemporaneamente  un altro rapporto di lavoro se quest’ultimo ha luogo in  un  orario  al  di  fuori  della  programmazione dell’attività lavorativa concordata o di riservargli per tale motivo un trattamento meno favorevole (art. 8). Ciò a meno che non vi sia un “pregiudizio per  la  salute  e  sicurezza”;  vi  sia  la  necessità  di “garantire  l’integrità  del  servizio  pubblico”;  non sia   un’attività   “in   conflitto   di   interessi   con   la principale”.

*Avvocato in Roma

 

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