ILLEGITTIMO IL LICENZIAMENTO DISCIPLINARE DEL DIPENDENTE, REINTEGRATO E SUbITO TRASFERITO, CHE NON SI PRESENTA PRESSO LA NUOVA SEDE IN UN’ALTRA CITTA’

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di Bernardina Calafiori e Michele Pellegatta*

Una lavoratrice veniva assunta “da una società a Firenze […] in seguito a contenzioso giudiziale”. Dopo circa una settimana il datore di lavoro comunicava alla dipendente il di lei “trasferimento/assegnazione” presso la diversa sede aziendale di Torino.

Avverso tale provvedimento la dipendente opponeva una “eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. mettendosi comunque a disposizione della società nell’originaria sede fiorentina”.

Il datore di lavoro, a seguito della mancata presentazione della dipendente presso la nuova sede di lavoro, la licenziava all’esito di un procedimento disciplinare.

La dipendente impugnava giudizialmente il licenziamento innanzi al Tribunale di Firenze che ne confermava l’illegittimità e tanto faceva la Corte d’appello successivamente adita.

In particolare, il Collegio di appello rilevava come, da un lato, fosse “incontrovertibile l’illegittimità del mancato preavviso” per il trasferimento di cui al Ccnl applicato al rapporto di lavoro e che, dall’altro lato, il datore di lavoro non avesse reso dimostrazione del perché il posto nella nuova sede “era scoperto da oltre 12 mesi senza che alcuno fosse stato chiamato nel frattempo a ricoprirlo” e che tale era rimasto “nonostante la mancata presa di servizio” della dipendente.

La Corte d’appello confermava altresì l’assunto del Tribunale secondo cui “la lontananza della nuova sede ben giustifica, a mente del principio di buona fede, l’astensione (quanto meno temporanea) della dipendente” specialmente a fronte del “totale silenzio serbato daldatoredi lavoro sulle ragioni del così repentino imposto spostamento”. 

La società proponeva ricorso per cassazione avverso tale pronuncia.

Con la sentenza n. 13895 depositata lo scorso 3 maggio 2022 la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società.

Secondo la Suprema Corte il Collegio d’appello “ha operato la verifica richiesta dalla giurisprudenza di legittimità in ordine all’eccezione ex art. 1460 c.c.”.

La Corte di Cassazione, infatti, richiamando alcuni propri arresti (fra cui Cass. n. 11408/2018, Cass. 434/2019 e, in precedenza, Cass. 4709/2012 e Cass. 11118/2002), ha ribadito che l’inottemperanza al provvedimento di trasferimento illegittimo “deve essere valutata, sotto il profilo sanzionatorio, alla luce del disposto dell’art. 1460, comma 2, c.c.”.

Secondo tale norma, nei contratti a prestazioni corrispettive “la parte non inadempiente non può rifiutare l’esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario a buona fede”.

Elasentenzaincommentospecificachetaleverificadeve essere condotta sulla base delle “concrete circostanze […] nell’ambito delle quali si potrà tenere conto, in via esemplificativa, dell’entità dell’inadempimento datoriale in relazione al complessivo assetto di interessi regolato dal contratto, della concreta incidenza di detto inadempimento datoriale sulle fondamentali esigenze di vita e familiari del lavoratore, della puntuale, formale esplicitazione delle ragioni tecniche, organizzative e produttive alla base del provvedimento del trasferimento, della incidenza del comportamento datoriale del lavoratore sulla organizzazione datoriale e più in generale sulla realizzazione degli interessi aziendali”.

I suddetti elementi, secondo al Suprema Corte, devono essere considerati “nell’ottica del bilanciamento degli opposti interessi in gioco anche alla luce dei parametri costituzionali di cui agli artt. 35,36 e 41 Cost.” e proprio nel solco di tali principi si era fondato, nel caso di specie, il “convincimento concordemente espresso dei giudici di merito”.

* Avvocato Studio Legale Daverio & Florio

 

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