ASSOCIAZIONE TEMPORANEA D’IMPRESE E INTERMEDIAZIONE DI PRESTAZIONI LAVORATIVE

,
di Stefano Ferri*

Una recente sentenza del Tribunale di Reggio Emilia ha esaminato approfonditamente l’interessante e quotidiano tema dell’ipotesi di intermediazione vietata delle prestazioni lavorative nell’ambito dell’associazione temporanea d’imprese.

La pronuncia prende le mosse da un accertamento ispettivo effettuato a carico di due imprese locali che hanno costituito, insieme ad altre due, una associazione temporanea d’imprese (ATI) per l’esecuzione di attività di manutenzione del verde a favore del Comune, essendosi aggiudicata l’appalto pubblico.

Nel verbale, tra l’altro, viene contestata una presunta intermediazione vietata delle prestazioni lavorative di un dipendente di una delle partecipanti all’ATI nei confronti dell’altra. Segue ordinanza-ingiunzione che, in linea con il verbale, contesta l’intermediazione in questione ex articolo 18 comma 1 del decreto legislativo n. 276 del 10 settembre 2003, come modificato dall’articolo 1 del decreto legislativo n. 8/2016.

È bene precisare che, come emerge chiaramente dall’articolato costituente l’ATI e dall’incarico del Comune di Reggio Emilia, il committente ha affidato l’incarico al raggruppamento temporaneo d’imprese, senza specificare alcuna ripartizione di lotti e o lavori, alle imprese del gruppo per cui nulla osta a che più imprese lavorino contemporaneamente nello stesso cantiere, anzi è normale che ciò accada, e non vi è alcun obbligo di definire territori di competenza di ciascuna. Al contrario i lavori vengono decisi quotidianamente dai responsabili delle aziende che si confrontano con cadenza giornaliera e può di conseguenza verificarsi che, per esigenze di efficiente funzionamento del cantiere, lavorino operai di due aziende e questo non implica alcuna intermediazione sanzionabile.

Nella fattispecie vi era un altro elemento di cui gli ispettori non hanno tenuto conto nel corretto inquadramento giuridico: il cantiere riguardava la siepe che corre lungo una delle strade più trafficate – un’arteria importante che collega Reggio Emilia a Modena – quindi il lavoro doveva essere eseguito in tempi brevi per attenuare il più possibile i disagi per il traffico e per questo motivo si è ritenuto opportuno inviare sul cantiere tre operai di un’impresa ed uno dell’altra. Trattandosi di lavori piuttosto semplici, non era necessario che nel cantiere fosse presente con continuità il caposquadra, in quanto non si trattava di interventi tecnici complessi o pericolosi che imponessero presenza costante, ma erano sufficienti uno o due passaggi quotidiani per organizzare e verificare queste normali attività manutentive.

Il lavoratore in questione ha quindi effettuato la propria prestazione a favore del suo datore di lavoro, che ad inizio giornata gli aveva impartito le dovute disposizioni, nel pieno rispetto del perimetro della subordinazione, che si concretizza nella soggezione al potere disciplinare e direttivo del datore di lavoro e la messa a disposizione delle sue energie: antitetiche sono state invece le conclusioni degli ispettori che hanno emesso la citata ordinanza-ingiunzione.

Del caso è stato interessato il Giudice del Lavoro del Tribunale di Reggio Emilia (R.G. 327/2019) che non ha ritenuto provata l’intermediazione illecita di manodopera. Infatti, come osservato dal Magistrato, le quattro società che hanno costituito un raggruppamento temporaneo di imprese per l’esecuzione di un appalto pubblico del Comune territorialmente competente hanno, pur mantenendo una loro autonomia, un comune interesse alla corretta esecuzione dei servizi appaltati dall’ente: di conseguenza nella fattispecie si è instaurata una collaborazione fra imprese che hanno attività fra loro omogenee.

Anche osservando l’atto notarile costitutivo l’ATI, è chiara ed evidente la responsabilità solidale di ciascun soggetto giuridico partecipante nei confronti del Comune: quindi tutti hanno interesse a che i lavori siano eseguiti correttamente e tempestivamente e anche tale aspetto allontana dalla ipotesi di illecita somministrazione di manodopera.

Dalle dichiarazioni testimoniali emerge, come osservato dalla citata sentenza, che i lavori svolti al momento dell’accesso ispettivo erano semplici: tagliare e potare le siepi per rendere visibile la strada. E anche se la società alla quale gli ispettori hanno contestato di aver fruito illecitamente delle prestazioni del lavoratore era quella preponderante dal punto di vista organizzativo, le citate ragioni economiche su cui si fonda il raggruppamento di imprese non consentono di attribuirle l’attività dal lavoratore. Osserva inoltre il Giudice che – e mi pare questo punto decisivo – è verosimile che il datore di lavoro abbia mantenuto i tipici poteri datoriali e disciplinari anche perché gli ispettori non hanno fornito prova contraria.

Ad abundantiam viene messo in evidenza nella sentenza che anche dal punto di vista contabile e amministrativo il rapporto era gestito dall’impresa datrice di lavoro ed ai responsabili di questa il lavoratore doveva comunicare eventuali assenze o impedimenti.

Il ricorso è stato quindi accolto e sono state annullate le ordinanze-ingiunzioni opposte.

Ritengo che la sentenza in questione sia di particolare importanza e meriti riflessioni: in un periodo storico in cui i raggruppamenti temporanei di imprese sono sempre più frequenti e rispondono ad esigenze di associazioni tra imprese ormai indispensabili soprattutto per intersecare le esigenze del settore pubblico, porre criteri chiari e confini precisi alla fattispecie di intermediazione è fondamentale, per evitare che i datori di lavoro siano esposti continuamente a pesanti sanzioni ispettive, notevole disincentivo alla collaborazione tra imprese.

*Odcec Reggio Emilia

 

image_pdfimage_print