EUROPEAN SUSTAINABILITY REPORTING STANDARDS (ESRS) IN AMBITO SOCIALE, LE TEMATICHE DEL LAVORO INTERNO E NELLA CATENA DEL VALORE

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di Marco D’Orsogna Bucci*
  1. L’introduzione degli European sustainability reporting standard (ESRS) 

Nell’aprile del 2021 la Commissione europea, attraverso la pubblicazione della proposta di Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), stabiliva che dal 2024 i modelli di reportistica non finanziaria attualmente in uso sarebbero stati sostituiti da principi standard comuni (ESRS), vincolanti per l’area UE, elaborati dall’European Financial Reporting Advisory Group (EFRAG). L’organismo di advisory della Commissione europea in materia di reporting aziendale era stato incaricato dalla Commissione stessa già dal giugno 2020 di predisporre i nuovi standard di rendicontazione di sostenibilità in area UE, che dovevano modificare ed integrare la Non-Financial Reporting Directive (Direttiva 2014/95/EU acronimo NFRD), prima direttiva a prevedere la rendicontazione delle informazioni di carattere non finanziario per aziende di grandi dimensioni, incluse banche ed assicurazioni.

Con la Direttiva n. 2022/2464, l’informativa societaria sui temi Environmental, Social and Governance (ESG) viene implementata e rafforzata rispetto alle istanze di investitori e portatori di interessi. Il nuovo report di sostenibilità prevede l’obbligo di informare nella relazione di gestione circa gli impatti dell’attività economica dell’impresa sui fattori di sostenibilità e al contempo come gli stessi fattori influenzino la strategia dell’azienda nonché i risultati finanziari.

Gli ESRS introducono il concetto di doppia materialità nel sistema di reporting, richiedendo alle aziende di rendicontare rischi ed opportunità degli aspetti ambientali, sociali e di governance sia da un punto di vista finanziario che di impatto. In sostanza il nuovo rendiconto di sostenibilità dovrà prevedere il modello e la strategia aziendale con indicazione e descrizione di:

  • gestione dei rischi e delle opportunità connessi alle questioni di sostenibilità;
  • programmi dell’azienda, finanziari e di investimento, volti a garantire la compatibilità di strategie e modelli verso la transizione ad una economia sostenibile;
  • modalità con cui il modello e la strategia definiti dall’azienda terranno conto degli interessi degli stakeholders rilevanti;
  • come attuare la strategia decisa in relazione alla sostenibilità;
  • obiettivi ESG individuati e relativi progressi;
  • ruoli della governance rispetto alle tematiche ESG;
  • politiche di sostenibilità dell’azienda;
  • procedure di due diligence di sostenibilità;
  • principali impatti negativi legati all’attività dell’impresa e alla sua catena del valore;
  • principali rischi relativamente alle questioni di sostenibilità;
  • indicatori e Key Performance Indicators (KPI) per tutte le informazioni.

Il concetto di doppia materialità, finanziaria e di impatto, impone alle aziende l’adozione di un modello di business orientato a governance, persone, ambiente e diritti umani. Rispetto a tale concetto, nella Direttiva n. 2022/2464 si legge al punto 29) delle considerazioni iniziali: “È la cosiddetta prospettiva della «doppia rilevanza», nella quale il rischio che l’impresa affronta e l’impatto da essa prodotto rappresentano ciascuno una prospettiva di rilevanza. La verifica dell’adeguatezza dell’informativa societaria indica che spesso tali due prospettive non sono comprese o applicate correttamente. È pertanto necessario chiarire che le imprese dovrebbero considerare ciascuna prospettiva di rilevanza singolarmente e comunicare sia informazioni che sono rilevanti da entrambe le prospettive sia informazioni che sono rilevanti da una sola prospettiva”. 

La struttura degli indici ESRS prevede due cross cutting standard da applicarsi in forma trasversale a tutti gli ambiti di rendicontazione.

Essi sono denominati General Requirements e General Disclosure e prevedono la diffusione di tutte le informazioni materiali riguardanti impatti, rischi e opportunità. Le informazioni sono definite materiali laddove sono significative rispetto alla sostenibilità da rendicontare, soddisfano le esigenze decisionali degli utilizzatori del report, possono essere verificate in trasparenza dagli stakeholders.

I General Requirements rappresentano i principi generali come ad esempio la doppia materialità, ampiamente descritta in precedenza.

I General disclosures sono invece le informazioni da pubblicare a prescindere, quali ad esempio governance, ma anche:

  • Policy, intesa come strategie attuate dalle aziende sui temi della sostenibilità;
  • Actions, quali piani di azione messi in atto al fine di raggiungere gli obiettivi fissati dalla governance;
  • Metrics, quali indicatori per misurare le proprie politiche e per rendicontare gli obiettivi raggiunti;
  • Targets, per definizione intesi quali obiettivi misurabili in rapporto a impatti, rischi e opportunità sulle tematiche di sostenibilità.

Oltre ai due cross cutting standard, l’EFRAG emana 10 topical standard, di cui cinque su temi ambientali, quattro su temi sociali ed uno sul tema della governance.

  1. Realtà economiche interessate 

In un’ottica di ampliamento dell’applicazione della rendicontazione non finanziaria, nel tempo il numero di soggetti economici a cui si rivolge il CSRD si allarga.

Nello specifico sono coinvolte

  • le società che alla data di chiusura di bilancio superano due delle tre soglie di seguito indicate:
  • Attivo dello Stato Patrimoniale maggiore di 20 milioni di euro;
  • Fatturato superiore a 40 milioni di euro;
  • Numero medio di dipendenti nell’anno di bilancio superiore a 250;
  • le società quotate sui mercati regolamentati dall’unione europea (comprese le società extra-UE, le filiali di società non europee presenti sul territorio dell’unione europea).

Quanto invece alla gradualità di applicazione, è necessario fare riferimento all’ultimo documento ad oggi disponibile sul tema, i nuovi standard pubblicati in consultazione dalla Commissione Europea lo scorso 9 giugno 2023 (delegated act in consultazione per eventuali proposte di modifica fino al 7 luglio 2023). In precedenza la CSRD aveva la seguente progressione applicativa:

  • le grandi aziende già soggette alla Direttiva per la Non-Financial Reporting Directive, i gruppi con più di 500 dipendenti: raccolta dati dal 1° gennaio 2024 (report da pubblicare nel 2025);
  • le grandi aziende con 250-500 dipendenti: raccolta dati dal 1° gennaio 2025 (report da pubblicare nel 2026);
  • PMI quotate: raccolta dati dal 1° gennaio 2026 (report da pubblicare nel 2027);
  • le imprese di Paesi terzi con almeno una succursale o una filiale all’interno della UE e un fatturato netto maggiore di 150 milioni di Euro: raccolta dati dal 1° gennaio 2028 (report da pubblicare nel 2029).

La Commissione Europea, nella pubblicazione degli standards in consultazione dallo scorso 9 giugno 2023, recependo istanze provenienti da aziende ed istituzioni, si è espressa favorevolmente all’applicazione graduale dell’informativa ESG per i primi tre anni di rendicontazione nel caso in cui non siano disponibili tutte le informazioni.

Nello specifico, la Commissione consentirà alle aziende con meno di 750 dipendenti di omettere:

  • i dati sulle emissioni di gas serra, nel primo anno;
  • i requisiti di informativa di cui all’Esrs S1, “forza lavoro propria”, nel primo anno;
  • i requisiti di informativa di cui all’Esrs E4, “biodiversità ed ecosistemi” nei primi due anni;
  • tutti gli standard non relativi alla propria forza lavoro (Esrs S2, S3, S4), nei primi due anni.

Tuttavia, le aziende dovranno spiegare le motivazioni dell’indisponibilità dei dati e le azioni intraprese per il superamento di tale criticità.

Inoltre, sempre nel medesimo documento del 9 giugno 2023, la Commissione, consapevole degli sforzi dell’impresa nel reperire le informazioni, dei costi applicativi per le piccole e medie imprese facenti parte della “catena del valore”, consente a tutte le imprese particolari esenzioni valide per il primo triennio circa indicatori quantitativi.

  1. I principi di sostenibilità sociale

 I principi di sostenibilità sociale specificano i requisiti che permetteranno di rendicontare impatti, rischi ed opportunità relativamente ad aspetti sociali e del lavoro. Le informazioni che le imprese dovranno fornire rispetto ai fattori sociali comprendono necessariamente modelli e strategie rispetto a temi come:

  • le pari opportunità per tutti, comprese la parità di genere e la parità di retribuzione per uno stesso lavoro, la formazione e lo sviluppo di competenze, nonché l’occupazione e l’inclusione di persone con disabilità;
  • le condizioni di lavoro, la flessibilità dei rapporti, la congruità dei salari, il dialogo sociale e le relazioni sindacali, la contrattazione collettiva e la partecipazione dei lavoratori alle decisioni aziendali, il work-life balance anche attraverso l’implementazione dello smart working, la sicurezza e la salute sul lavoro attraverso investimenti, consapevolezza e formazione;
  • il rispetto dei diritti umani, delle libertà fondamentali, delle norme e dei principi democratici stabiliti nella Carta internazionale dei diritti dell’uomo e in altre convenzioni fondamentali delle Nazioni Unite in materia di diritti umani, nella dichiarazione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sui principi e i diritti fondamentali nel lavoro, nelle convenzioni fondamentali dell’ILO e nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Le tematiche considerate all’interno dei principi di sostenibilità sociale sono:

  • ESRS S1: Forza lavoro propria
  • ESRS S2: Lavoratori nella catena del valore
  • ESRS S3: Comunità interessate
  • ESRS S4: Consumatori/clienti e utenti finali Nel presente articolo si affrontano i primi due punti che riguardano il fenomeno della sostenibilità nell’ambito

dei processi strategici di gestione delle risorse umane. L’obiettivo di sostenibilità di imprese e istituzioni non può prescindere dagli aspetti e dalle strategie connesse alla gestione delle risorse umane.

  1. ESRS S1 Personale proprio 

Finalità del principio è quella di consentire la comprensione dell’impatto delle organizzazioni sulla propria forza lavoro in termini di condizioni di lavoro (KPI quantitativi relativi a salute e sicurezza ed equa retribuzione), pari opportunità, altri diritti connessi al lavoro (esempio KPI specifici su reclami, interruzioni di lavoro, rapporti con le organizzazioni sindacali). Gli stakeholders in tal caso sono i lavoratori, l’organizzazione dovrà rendicontare in che modo gli interessi dei lavoratori possano influenzare la strategia aziendale, specificando impatti materiali, rischi ed opportunità.

L’EFRAG rispetto al personale proprio richiede una informativa su politiche, obiettivi, azioni e processi di coinvolgimento dei lavoratori interni e dei loro rappresentanti (organizzazioni sindacali), processi per rimediare agli impatti negativi e per permettere la comunicazione di reclami e osservazioni da parte dei lavoratori.

Modelli e strategie delle risorse umane proprie dell’azienda dovranno percorrere le vie per raggiungere le performance aziendali che ogni impresa si prefigge e allo stesso tempo utilizzarne le opportunità di accrescimento del benessere complessivo della persona. Le organizzazioni, in relazione al rapido mutare di mercati e di contesti politici e sociali, hanno necessità di ampliare gli obiettivi di risultato attraverso il raggiungimento di una sostenibilità delle risorse umane che ha ricadute interne ma anche esogene all’azienda stessa. Per tale motivo la governance aziendale deve porsi almeno i seguenti obiettivi:

  • engagement, desiderio della persona a continuare a lavorare e collaborare con l’azienda;
  • mettere in condizione le persone di lavorare in salute (fisica e mentale) e sicurezza;
  • favorire un elevato work-life balance;
  • coerenza tra svolgimento del lavoro e richiesta dello stesso.

Gli strumenti attraverso i quali raggiungere tali obiettivi, aumentando l’impatto della sostenibilità sulle persone potranno essere:

  • la formazione e lo sviluppo delle competenze;
  • la pianificazione di percorsi di carriera;
  • la capacità di attrarre talenti rispetto a fenomeni contrari quali la Great resignation e la fuga dei cervelli all’estero;
  • piani di inclusione globale dell’individuo indipendentemente da sesso, etnia, orientamento sessuale, dalle disabilità;
  • politiche di compensation, premianti anche al raggiungimento di risultati di sostenibilità;
  • la turnazione, i tempi di riposo, l’attenzione alla salute fisica attraverso investimenti volti a migliorare il lavoro, l’utilizzo dello smart working;
  • una corretta gestione dell’orario di lavoro, dell’intensità del lavoro anche attraverso interventi sulle programmazioni di produzione;
  • corrette relazioni sindacali che superino il modello conflittuale di qualche decennio addietro.

Gli strumenti e gli obiettivi dovranno altresì essere misurati attraverso indicatori quantitativi o qualitativi.

  1. ESRS S2 Lavoratori della catena del valore 

Finalità del principio è la comprensione di come l’azienda influisce sui lavoratori della sua catena del valore attraverso le proprie operazioni e quelle della propria catena del valore sia a monte che a valle, relativamente a condizioni di lavoro, pari opportunità e altri diritti umani.

Lo standard ESRS S2, definisce le informazioni richieste nella reportistica di sostenibilità per consentire l’individuazione di impatti materiali provocati su tutti quei lavoratori che operano lungo le catene del valore e che contribuiscono ad alimentarle. Dovranno evidenziarsi sia gli impatti positivi quanto quelli negativi, ma soprattutto non solo quelli effettivi ma anche gli impatti potenzialmente provocabili.

La rendicontazione di impatto della strategia delle risorse umane è richiesta anche in relazione alla catena del valore, a monte e a valle, in quanto la sostenibilità passa necessariamente anche dalla misurazione di impatto, rischi e opportunità su tutta la catena della fornitura e su come questa possa influenzare la strategia aziendale. In una economia di produzione con elevati livelli di delocalizzazione e terziarizzazione di fasi no core-business, considerando le dimensioni dei soggetti destinatari della rendicontazione di sostenibilità, probabilmente il principio ESRS S2 è ancor più importante del primo (ESRS S1) in quanto impone alle aziende site nel territorio UE di rendicontare mettendo in campo una significativa due diligence sulla sub-fornitura, sugli appalti, outsourcing in genere. La crescita di fenomeni di sfruttamento della manodopera o di intermediazione illecita nella logistica nel nostro paese impongono alle grandi aziende interventi e azioni mirate ad aumentare i controlli nella catena della fornitura al fine di evitare non solo danni reputazionali, ma anche conseguenze dirette per aver “agevolato” la commissione di reati. Si ricorda in tal senso la disciplina vigente sulla responsabilità amministrativa delle imprese (d.lgs. n. 231/2001), il Codice Antimafia (d.lgs. 159/2011), la norma del codice penale che persegue i reati in materia di sfruttamento della manodopera (art. 603 bis).

La governance dell’organizzazione dovrà rendicontare sulle azioni intraprese e sui risultati raggiunti sulla responsabilità sociale nelle politiche e prassi nell’approvvigionamento; sulla qualificazione e il monitoraggio dei fornitori su aspetti non solo economici, ma anche ambientali e sociali, quali ad esempio il lavoro minorile, il rispetto dei diritti umani, il rispetto delle norme sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro. La crescita della supply-chain a livello globale pone grandi interrogativi. È indubbio che tale crescita ha migliorato le condizioni economiche e di vita di lavoratori nel mondo, ha incrementato il numero di occupati in paesi e aree del mondo ad altissimo tasso di disoccupazione. Al contempo però, rispetto a standard di responsabilità sociale si rilevano violazioni dei diritti umani, danni ambientali, sfruttamento di manodopera e aumento della corruzione. È richiesto alle organizzazioni un aumento della compliance interna ed esterna, mettendo in campo azioni miranti a ridurre le possibilità di impatti negativi in tema ESG.

Porre azioni in tal senso, richiedere rispetto di norme e soprattutto monitorare la sostenibilità della catena della fornitura, è uno degli aspetti più importanti in un’ottica ESG, ma al contempo difficile e altamente costosa che spesso pone in conflitto gli interessi di stakeholders differenti quali lavoratori e clienti/ consumatori finali. Le aziende, infatti, non possono operare rispondendo solo agli interessi di chi vi lavora (internamente o nella catena), ma necessariamente devono contemperare i legittimi interessi di questi ultimi con quelli del cliente finale, soprattutto riguardo a tempi e costi. Il legislatore europeo ha imboccato sicuramento la strada giusta per una consapevole e responsabile attività di impresa, pur essendo lunga e tortuosa, non potendosi percorrere esclusivamente predisponendo report di rendicontazione.

*Odcec Lanciano

 

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