GLI INFORTUNI SUL LAVORO E LE DETRAZIONI FISCALI

,
di Sergio Vianello* e Monica Bernardi**

I recenti dati dell’Istituto nazionale di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail) non lasciano spazio a interpretazioni: negli ultimi due anni in Italia sono morte sul lavoro quasi tre persone al giorno, la maggior parte delle quali impiegata nel settore edilizio. Nei primi sette mesi di quest’anno il numero di infortunati è aumentato di circa il 40% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

È evidente che l’attuale impianto normativo in materia di sicurezza sul lavoro non basti a prevenire in modo efficace le morti bianche e gli infortuni. Ci si chiede quindi quali siano le cause di questa insufficienza e quali possano essere le strategie più appropriate per porvi rimedio.

Sebbene l’edilizia non si sia mai fermata, se non per un breve periodo durante il lockdown totale della primavera 2020, grazie alle novità in materia di detrazioni fiscali e alla voglia irrefrenabile di ripresa, il settore si sta muovendo come da decenni non accadeva: a differenza dei decenni passati, il crescente utilizzo degli incentivi fiscali ha dato una svolta al settore con una stima media annua del numero di occupati di poco inferiore alle 400 mila unità.

Con l’aumento degli appalti e della mole di lavoro, sono consequenzialmente aumentati gli infortuni. Per fare fronte a ciò, lo scorso anno il governo ha emanato il decreto legge 21 ottobre 2021, n. 146, “Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili”, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2021, n. 215, che comporta un aumento degli ispettori e un inasprimento delle sanzioni.

Riteniamo, tuttavia, che questa manovra non possa essere considerata risolutiva del problema: le sanzioni sono spesso percepite non come strumenti per garantire la sicurezza sul lavoro, ma come strumento di riscossione indebita. L’imprenditore vede infatti le misure di sicurezza previste dalla normativa come inutili incombenze, introdotte al solo scopo di multare (cioè tassare) chi lavora, e fa quindi il minimo indispensabile per essere in regola in caso di ispezione.

Il problema è acuito dal fatto che, al momento, manca un lavoro di supervisione a monte del lavoro sanzionatorio: gli ispettori ASL sono a tutti gli effetti ufficiali di polizia giudiziaria e sono quindi tenuti per legge a sanzionare ogni infrazione che viene rilevata in fase di ispezione. Non possono fare prevenzione, come invecesarebberoqualificatiafare; anchesedecidessero di farlo, magari sorvolando temporaneamente su alcune inadempienze per permettere al cantiere di mettersi in regola, assumerebbero una posizione di garanzia non dovuta.

A nostro parere è necessario istituire delle strutture che abbiano funzione di consulenza per il datore di lavoro, indirizzando i lavori sulla strada della sicurezza già dall’inizio ed evidenziando le inadempienze riscontrate, magari con una diffida, affinché possa porvi rimedio nel breve periodo. Se poi l’azienda non dovesse adempiere nei termini, allora sarà corretto informare le autorità competenti, per le più opportune azioni.

Un altro aspetto significativo del problema è l’inconsapevolezza del committente in riferimento alle responsabilità che assume appaltando un lavoro. La scelta dei fornitori, nella maggior parte dei casi, viene fatta principalmente in base all’offerta economica e molto spesso il Committente, sia che sia l’imprenditore o il privato cittadino, ignora che la legge impone, prima di scegliere la propria ditta appaltatrice, di verificarne la sua idoneità tecnica professionale (cfr. art 26 e 90 decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, “Testo Unico sulla salute e sicurezza sul lavoro” e s.m.i.). Pertanto, il committente ha l’obbligo di effettuare una verifica, non solo formale, ma soprattutto sostanziale, delle competenze professionali dell’azienda appaltata o del lavoratore autonomo ingaggiato, che valuti l’esperienza maturata sul campo, le conoscenze tecniche e i requisiti documentali richiesti per il lavoro assegnato.

Spesso, nel settore edile, queste verifiche non vengono svolte neppure formalmente, specialmente in occasioni di appalti modesti come la ristrutturazione di un bagno: quanti di voi hanno chiesto la visura camerale all’elettricista o all’idraulico prima di fargli sistemare l’impianto di casa?

In occasione di una semplice ristrutturazione di un appartamento, dovendo intervenire nell’opera più imprese, quanti hanno nominato un professionista esterno per il coordinamento, obbligatorio per legge? Siamo abituati, quando stiamo male, a rivolgerci ad un medico, cioè ad un professionista qualificato che ha delle competenze professionali certificate a cui possiamo affidare la nostra salute. Perché, allora, quando si parla di edilizia, dimentichiamo di rivolgerci ad un professionista della sicurezza?

Quando si sceglie una impresa edile, che dovrà svolgere dei lavori che per definizione sono potenzialmente pericolosi, dovremmo ricercarne una qualificata e competente che possa attuare tutte le misure di sicurezza previste.

Inoltre, per affrontare un lavoro edile non serve un’abilitazione: chiunque può fare impresa aprendo una partita IVA con l’oggetto sociale che magari preveda la costruzione di ponti, grandi strutture e centri commerciali.

Il recente boom del mattone ha causato una fioritura di imprese edili, molto spesso prive di una reale esperienza nel settore e che impiegano personale non qualificato, che lavora in condizioni di scarsa sicurezza, che non sempre parla la nostra lingua, con un conseguente maggiore rischio di infortunio.

Questa situazione colpisce anche i piccoli lavori commissionati dal privato cittadino, che più di una volta è stato chiamato in causa per un infortunio accaduto ad un lavoratore non idoneo che ha affrontato un lavoro senza le obbligatorie misure di sicurezza.

È di importanza vitale formare tutti i datori di lavoro in merito a queste tematiche, perché ci sia più attenzione in materia di sicurezza e si prenda in considerazione questo fattore in fase di appalto. Anche il privato cittadino dovrebbe essere informato, magari attraverso campagne mediatiche, delle responsabilità che si assume commissionando un lavoro anche piccolo.

Riteniamo  che  prima  di  affidare  un  appalto  edile,  il committente  debba  accertare  l’affidabilità  della  ditta appaltatrice,  non  solo  richiedendo  e  verificando  la documentazione obbligatoria di cui all’allegato XVII del d.lgs. 81/081  e s.m.i., ma anche ad esempio appurando la presenza o meno dei seguenti requisiti:

  • volume d’affari pari ad almeno 3-4 volte il valore presunto dell’appalto  (indice  di  affidabilità  e solidità  nel  poter  affrontare  un  lavoro  di  un determinato importo);
  • copertura R. C.    assicurativa    con    massimali  adeguati;
  • avere  alle   proprie   dipendenze   maestranze, come  media  annua  dell’anno  di  riferimento, con   un   numero   adeguato   all’appalto   (dato desumibile   dal   certificato   della   camera   di commercio);

avere eseguito lavori analoghi a quelli in affidamento (documentati) negli ultimi due anni di attività (almeno una per anno);

  • eventuale sistema di gestione della sicurezza certificazione OSHAS;
  • eventuali certificazioni   ISO,   SOA   a   corredo dell’offerta;
  • verificare sul  sito  internet  dell’azienda  e  sui social la storia e l’affidabilità della stessa.

Chi legge, molto probabilmente ha avuto l’occasione di dover utilizzare almeno una volta nella vita una ditta di muratura accompagnata da elettricisti, da idraulici e imbianchini; ebbene queste ditte rispecchiavano le caratteristiche sopra evidenziate?

Lascio a Voi la risposta.

*Ingegnere in Milano

**Odcec Milano

************************************************************************************

1DOCUMENTAZIONE  MINIMA  OBBLIGATORIA  DA  ESIBIRE

AL COMMITTENTE

Autodichiarazione del possesso dei requisiti di idoneità tecnica per l’attività da svolgere, completa dei seguenti allegati:

  • iscrizione alla    camera    di    commercio,    industria    ed artigianato  con  oggetto  sociale  inerente  alla  tipologia dell’appalto;
  • documento di valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a);
  • documento unico di regolarità contributiva di cui al decreto ministeriale 24 ottobre 2007
  • dichiarazione di non essere oggetto di provvedimenti di sospensione  o  interdittivi  di  cui  all’articolo  14    del

D.Lgs.81/08

 

 

image_pdfimage_print