CASS. CIV., SEZ. LAV., 25 GENNAIO 2023, N. 2235 IL CORRETTO UTILIZZO DEI PERMESSI EX LEGGE N. 104/92 E LA POSSIBILE RILEVANZA DISCIPLINARE DELL’ABUSO
di Bernardina Calafiori e Simone Brusa*
Un lavoratore richiedeva e beneficiava dei permessi previsti dall’art. 33 della legge n. 104/1992 per l’assistenza di una “persona con disabilità in situazione di gravità, che non sia ricoverata a tempo pieno, rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un’unione civile, convivente di fatto, parente o affine entro il secondo grado”.
Il datore di lavoro, mediante l’utilizzo di una agenzia investigativa, accertava tuttavia che, in una delle giornate di permesso ex legge n. 104, il lavoratore “si era assentato dal domicilio dell’invalida cui doveva prestare assistenza dalle 9.30 alle 13.30 e poi dalle 17.00 alle 19.23”.
Alla luce di tali accertamenti, la Società contestava al lavoratore l’abuso nell’utilizzo del permesso e lo licenziava per giusta causa.
Il lavoratore impugnava il provvedimento espulsivo. Sia il Tribunale di Taranto che la Corte d’Appello di Lecce rigettavano le domande del lavoratore, confermando la legittimità del licenziamento intimato.
Veniva proposto ricorso per Cassazione con cui il lavoratore lamentava una falsa applicazione dell’art. 33 citato, valorizzando in particolare il fatto che egli, nella giornata di permesso, era stato assegnato al turno notturno (dalle ore 22 alle ore 6) e che, in tale lasso temporale, egli avrebbe effettivamente fornito l’assistenza prevista dalla norma.
La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza di appello affermando che l’allontanamento del lavoratore dal domicilio dove si trovava l’invalida da assistere non era di per sé sufficiente a dimostrare uno “sviamento della funzione assistenziale da svolgere nella giornata di permesso”.
La conclusione della Suprema Corte si è pertanto basata sulla valutazione attenta del periodo che, in assenza di permesso, avrebbe dovuto essere lavorato dal dipendente (dalle 22 alle 6) e sulla assenza di circostanze “svianti” in tale lasso temporale. La Corte ha affermato che la mera assenza dal domicilio dove il lavoratore doveva prestare assistenza in orario diverso da quello del “permesso” non costituisce di per sé “uno sviamento dalla funzione assistenziale”.
Ciò premesso la vicenda potrebbe non essere definitivamente chiusa. La Corte di Cassazione ha infatti rinviato la sentenza alla Corte d’Appello (in diversa composizione) al fine di verificare se “effettivamente, tenuto conto dei modi e dei tempi della prestazione e delle esigenze assistenziali dell’invalida, il lavoratore con la sua condotta si sia sottratto agli obblighi di assistenza”.
Tale pronuncia conferma pertanto il gravoso onere probatorio in capo al datore di lavoro che volesse contestare l’abuso dei permessi ex legge n. 104/1992. L’eventuale iter disciplinare richiede una attenzione massima ai dettagli di fatto che possano effettivamente provare l’effettivo abuso.
* Avvocato Studio Legale Daverio & Florio