Il licenziamento tra autonomia imprenditoriale e controllo giudiziale

di Daniela Meo*

Il controllo giurisdizionale sul licenziamento per giustificato motivo oggettivo deve limitarsi all’accertamento dell’effettività della modifica organizzativa e del rapporto di causalità tra la stessa ed il licenziamento.

I motivi che hanno determinato la scelta dell’imprenditore di riorganizzare l’assetto aziendale e, di conseguenza, di recedere dal rapporto di lavoro non sono sindacabili, come non è configurabile, in capo al datore di lavoro, l’onere di provare i motivi a monte del progetto d’impresa.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, le ragioni economico-organizzative, che hanno causato il licenziamento, non sono sindacabili nel merito (1).

L’opzione imprenditoriale di apportare delle modifiche all’assetto organizzativo aziendale non può formare oggetto di valutazione da parte del giudice, cui è precluso approfondire l’opportunità delle motivazioni poste a base del recesso contrattuale.

Per rendere obiettivamente giustificato il licenziamento, è sufficiente verificare l’effettiva attuazione delle modifiche organizzative e la concreta sussistenza di un nesso eziologico tra le suddette ristrutturazioni ed il licenziamento. In genere, in caso di licenziamento giustificato “da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa”, al giudice è riconosciuta la possibilità di controllare la relativa legittimità, fermi re- stando dei limiti insuperabili nelle valutazioni di merito(2).

Sull’ampiezza dei vincoli, cui deve attenersi il giudice nell’espletamento delle proprie funzioni, ci sono stati dei dibattiti dottrinari e giurisprudenziali, alimentati dalla diversa accezione attribuita all’art. 41 della Costituzione (3).

In particolare, si individuano due principali posizioni di pensiero.

La prima, sulla base del primo comma dell’art. 41 della Costituzione, non ammette la sindacabilità nel merito delle scelte economico- organizzative effettuate dal datore di lavoro4. Poiché l’iniziativa economica privata è libera, il giudice non è competente a conoscere delle ragioni tecniche, che hanno indotto l’imprenditore a riorganizzare la struttura aziendale con la conseguente riduzione dei posti di lavoro. In sede giurisdizionale, è solo possibile controllare la concreta esistenza di un legame causale tra le modifiche organizzative dell’assetto societario ed il licenziamento, facendo ricorso a criteri obiettivi, che non lascino spazio ad una valutazione nel merito delle politiche decisionali intraprese dall’imprenditore.

Viene precluso, in tal modo, ogni apprezzamento discrezionale sull’opportunità del riassetto aziendale, salva restando la possibilità di dichiarare illegittimo il licenziamento, che sia dettato da ragioni personali o dal puro capriccio.

L’orientamento che attribuisce rilevanza al secondo comma dell’art. 41 della Costituzione, individua, nei limiti di ordine sociale ed umano, sanciti dalla norma de qua, delle restrizioni all’attuazione delle politiche aziendali (5).

Dal momento che la gestione dell’impresa non è liberamente effettuabile dal datore di lavoro, il giudice può sindacare anche il merito del licenziamento.

L’imprenditore incontra, quindi, dei vincoli nell’esplicazione della propria autonomia decisionale, vedendosi preclusa la possibilità di procedere al licenziamento, che sia giustificato da scelte produttive contrastanti con l’interesse dei prestatori di lavoro alla conservazione del posto.

La Dottrina fautrice di tale teoria opera un bi- lanciamento degli interessi garantiti dall’art. 41 della Costituzione, riconoscendo prevalente tutela alla conservazione del posto di lavoro come espressione dell’utilità sociale, di cui al secondo comma della norma, piuttosto che alla libertà di iniziativa economica dell’imprenditore (6).

Il giustificato motivo oggettivo non è individuabile nella mera enunciazione delle motivazioni tecnico-produttive, che portano alla riduzione dei posti di lavoro.

In simili circostanze, il giudice non deve semplicemente constatare l’esistenza di tali cause di licenziamento, poiché verrebbero sacrificati gli interessi primari dei prestatori di lavoro e delle loro famiglie.

Secondo una diversa corrente dottrinaria, l’art. 3 della legge 15 luglio 1966 n. 604 dovrebbe essere letto in modo tale da consentire al giudice di valutare la coerenza del licenziamento con le decisioni imprenditoriali, che giustificano il recesso(7).

Applicando le regole tecniche della buona organizzazione, si è in grado di giudicare la razionalità o meno del licenziamento, che abbia come presupposto una determinata scelta aziendale.

Un ultimo orientamento ritiene che il licenzia- mento debba essere trattato alla stessa stregua di un’extrema ratio ed, in quanto tale, possa es- sere obiettivamente giustificabile, solo quando il prestatore di lavoro, a seguito delle modifiche organizzative apportate all’assetto aziendale, non sia impiegabile all’interno dell’impresa, neanche previa riqualificazione professionale, che spetterebbe ai sensi dell’art. 13 della legge 20 maggio 1970 n. 300 (8).

E’, comunque, prevalente l’orientamento, che basa la propria tesi sull’art. 41, comma 1, della Costituzione.

Il giudice non può sostituirsi al datore di la- voro nelle decisioni che guidano la gestione aziendale, perché ciò darebbe luogo ad un’invasione della libertà riconosciuta all’imprenditore dall’art. 41, comma 1, della Costituzione D’altra parte, se così non fosse, l’autorità giudiziaria non potrebbe portare avanti delle politiche aziendali efficienti ed analizzare la convenienza o meno di affrontare ulteriori oneri sulla base della sola contabilità.

Resta, quindi, precluso il controllo giurisdizionale sull’opportunità del recesso, ma non è incompatibile con la libertà di iniziativa economica la sindacabilità delle ragioni obiettive, che hanno determinato la soppressione di posti di lavoro nonché la declaratoria di illegittimità del licenziamento dettato da motivi personali ed estranei all’attività produttiva.

La giurisprudenza riconosce al giudice il potere-dovere di constatare che le scelte tecnico- economiche prese dal datore di lavoro siano motivate dall’obiettiva necessità di realizzare una più economica gestione aziendale, piuttosto che dal perseguimento dello scopo – personalistico ed egoistico – dell’incremento del profitto.

A tal fine, il giudice deve appurare la veridicità delle decisioni imprenditoriali, considerando come presunzioni semplici la mancata assunzione di altri lavoratori, che sostituiscano quelli licenziati, e la reale riduzione del volume di affari dell’azienda.

Sotto questo aspetto, il citato arresto giurisprudenziale ha il merito di tutelare la libertà di iniziativa economica privata, escludendo l’onere dell’imprenditore di provare le motivazioni, che lo hanno indotto alla ristrutturazione aziendale.

In conseguenza di ciò, il controllo di legittimità del recesso può effettuarsi solo mediante la verifica della concretezza del riassetto tecnico – economico e dell’effettiva esistenza di un nesso eziologico tra lo stesso ed il licenziamento. L’imprenditore rimane il vero arbitro della gestione aziendale, conservando piena autonomia nel decidere il se, il quanto ed il come dell’impresa secondo delle scelte egoistiche. E’, tuttavia, necessario che il ridimensionamento aziendale non sia meramente strumentale all’incremento del profitto, ma sia associato a ragioni non transeunti e concrete di utile gestione, in modo da garantire la serietà e la non pretestuosità del licenziamento.


1 Cass. Civ., sez. lav., sent. n. 10038 del 15/05/2015; Trib. Bari, sez. Lav., sent. n. 3665 del 14/04/2014; Cass. Civ., sez. lav., sent. n. 11241 del 15/11/1993; Cass. Civ., sez. lav., sent. n. 3931 del 09/07/1979.

2 Art.3 della Legge 15 luglio 1966 n. 604.

3 In base all’art. 41, commi 2 e 3 , “L’iniziati- va economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.

4 Cass. Civ., sez. Lav., sent. n. 26/07/2006 n. 17013. 5 Natoli U., Sicurezza, libertà, dignità del lavoratore nell’impresa, in DL, I, p. 445; Luciani M., La produzione economica privata nel sistema costituzionale, Cedam, Padova, 1983, p. 73.

6 Natoli , op. cit., p. 445; Luciani M., op. cit., p. 73.

7 Questo orientamento dottrinario, definito “efficientistico”, si pone in una posizione intermedia rispetto ai due precedenti, perché tende a valutare la legittimità del licenziamento attraverso l’applicazione delle buone tecniche dell’organizzazione, Tullini M., Lunardon , Giusta causa e giustificato motivo oggettivo di licenziamento, in Carinci F., Diritto del lavoro, UTET, Torino, 1998, p. 209.

8 Cass. Civ., sez. lav., 14/09/1995 n. 9715; Pretura circondariale di Napoli, sez. dist. di Torre del Greco, 18/05/1993.

* Avvocato in Roma

 

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