L’offerta di conciliazione in caso di licenziamento 2015

di Fabrizio Paragallo*

L’art. 6, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23 “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” (Jobs act), individua un nuovo strumento di conciliazione, applicabile ai licenziamenti, tanto individuali quanto collettivi, delle categorie di cui all’art. 1 della stessa norma “Per i lavoratori che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri, assunti con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto (7 marzo 2015 n.d.r.), il regime di tutela nel caso di licenziamento illegittimo e’ disciplinato dalle disposizioni di cui al presente decreto (omissis)”, allo specifico fine di prevenire l’insorgenza di controversie in ambito di impugnative.Il datore di lavoro titolare di azienda avente unità dimensionale di cui all’art. 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300 Statuto dei lavoratori può, infatti, offrire entro 60 (sessanta) giorni dalla intimazione del licenziamento – quindi entro il termine utile per la relativa impugnativa da parte del lavoratore – un assegno circolare presso le sedi protette, intendendosi per esse le Direzioni Territo- riali del Lavoro, le sedi di conciliazione previste dai contratti collettivi e le Commissioni di certificazione previste dall’art. 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276, in misura pari ad una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto (TFR) per ogni anno di servizio. Tale importo non può essere inferiore a 2 (due) mensilità e non può eccedere le 18 (diciotto) mensilità. Per le piccole imprese detta somma non può essere inferiore ad una mensilità e non può eccedere le 6 (sei) mensilità.

Nell’ottica di favorire la conciliazione ed operare – contestualmente – in termini deflattivi del contenzioso, la nuova norma ha previsto il regime di totale esenzione fiscale e previdenziale dell’importo corrisposto dal datore di lavoro nei suddetti limiti, ad indubbio vantaggio del lavoratore licenziato il quale si vedrà attribuito, in tempi oltremodo ristretti, una somma netta “spendibile”, per la quale non sarà tenuto a fare alcun adempimento tributario.

E’ appena il caso di notare, inoltre, che il beneficio dell’esenzione fiscale e previdenziale è riservato ad un importo inferiore all’ammontare della indennità risarcitoria regolata dall’art. 3, primo comma, del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23 e che le eventuali altre somme corrisposte dal datore di lavoro al lavoratore, anche se previste dal medesimo verbale di conciliazione, sono soggette a contributi previdenziali ed imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) nei modi ordinari.

L’accettazione da parte del lavoratore dell’importo offertogli dal datore di lavoro comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la sostanziale acquiescenza o, comunque, la assoluta inoppugnabilità del recesso da parte del medesimo lavoratore, e ciò anche nell’ipotesi in cui l’impugnativa abbia preceduto, in ordine cronologico, la formulazione dell’offerta di conciliazione.

La disciplina in esame non trova applicazione ai dirigenti, trattandosi di categoria non ricompresa nell’art.1 del decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 23, nonché a tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, essendo precluso alla pubblica amministrazione – giusta il disposto dell’art. 97 della Costituzione – di operare un recesso senza previa valutazione della giusta causa o del giustificato motivo, nell’assoluto ed integrale rispetto delle specifiche procedure fissate dall’art. 55 bis e seguenti del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165.

Quanto alla forma ed alla procedura da seguire, pur in assenza di specifiche disposi- zioni, si ritiene che la richiesta di concilia- zione debba puntualmente modulare l’offerta in relazione all’anzianità di servizio ed all’ultima retribuzione globale di fatto percepita. L’effetto vincolante in capo al datore di lavoro, ai sensi dell’art. 1333 del Codice civile, si perfeziona allorquando l’offerta viene ad essere inoltrata ad una delle sedi protette, nonché ad essere comunicata al lavoratore entro i 60 giorni dalla intimazione del licenziamento.

Costituisce specifico onere dell’organismo di conciliazione procedere alla verifica della congruità e della rispondenza dell’offerta, avuto riguardo ai parametri previsti ex art. 6 della norma in esame, sulla base della retribuzione da assumere ad elemento di calcolo ed al periodo di attività svolta.

All’atto della convocazione dinanzi all’organismo di conciliazione il datore di lavoro è tenuto a consegnare al lavoratore l’assegno circolare.

La norma non prevede mezzi di pagamento alternativi, quali ad esempio il bonifico bancario entro un termine convenuto, intendendo prevenire ogni ipotesi di inadempimento, tale da generare l’insorgenza di contenzioso.

Pur essendo, conclusivamente, immutata ed inalterata la possibilità di formalizzare la conciliazione ai sensi degli artt. 410del Co- dice di procedura civile e dell’art. 82 del decreto legislativo n. 276/2003, l’effetto della decontribuzione fiscale e previdenziale sulle somme riconosciute a titolo di inennità risarcitoria risulta, allo stato, limi- tato al solo accesso alla procedura in oggetto. Sotto tale aspetto, pertanto, lo strumento è tale da suscitare notevoli aspettative in termini di riduzione del contenzioso.

* Avvocato giuslavorista in Roma

 

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