LA CERTIFICAZIONE DELLA PARITÀ DI GENERE E LA PRASSI DI RIFERIMENTO UNI/PDR 125:2022

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di Filippo Moschini*

Introduzione
Il divario di genere, si sa, è una tematica notoriamente al centro del dibattito pubblico degli ultimi anni.
Le disparità di genere sono ritenute uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà.
Non a caso, il perseguimento della parità di genere è uno degli Obiettivi (il quinto) che nel 2015 le Nazioni Unite hanno fissato nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile.
Allo stesso modo, in ambito europeo, la direttiva 2014/95/UE (recepita in Italia con D. Lgs 254/2016) che ha introdotto i fattori ESG, ha indicato la parità di genere tra i criteri principali del fattore “S” di Social e al fine di perseguire tale scopo l’Unione Europea ha varato un apposito piano denominato “Strategia per la Parità di Genere 2020 – 2025”.
E in Italia?

La normativa italiana in materia di pari opportunità e l’istituzione della certificazione della parità di genere delle organizzazioni.
In Italia vige il codice delle pari opportunità tra uomo e donna introdotto con D. Lgs 198/2006 e successivamente emendato a più riprese nel corso degli anni successivi, il quale sancisce il divieto di discriminazione tra uomo e donna in molteplici ambiti, tra cui anche quello all’accesso al lavoro, alla progressione di carriera e al trattamento retributivo.
Alla luce dei dati esistenti in merito alla situazione del divario di genere esistente in Italia ancora oggi, in tutta franchezza, non si può certo affermare che tale impianto normativo si sia rivelato al momento particolarmente efficace.
In data 5 agosto 2021 è stata presentata in Consiglio dei Ministri la prima Strategia Nazionale per la Parità di genere, la quale ha come orizzonte temporale il quinquennio 2021 – 2026 e che, sulla scia dell’analogo piano varato a livello europeo per il 2020 – 2025, traccia un sistema di azioni politiche integrate atte a intraprendere azioni concrete, definite e misurabili.
È esattamente nell’ambito di tale ultimo piano strategico che il Governo Draghi, al fine di introdurre uno strumento proattivo atto a favorire il perseguimento della parità di genere, con Legge n. 162 del successivo 5 novembre 2021 aggiungeva l’art. 46 bis del codice delle pari opportunità, il quale istituiva la certificazione della parità di genere a partire dal successivo 01.01.2022.
L’art. 46 bis, in particolare, demandava a un successivo decreto del Presidente del consiglio dei ministri la definizione dei parametri minimi per il conseguimento della suddetta certificazione.
Il decreto attuativo in questione veniva quindi emanato in data 29.04.2022 dal Dipartimento delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri e prevedeva che i parametri minimi per il conseguimento della certificazione della parità di genere fossero quelli stabiliti dalla Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 pubblicata da UNI – Ente Italiano di Normazione il precedente il 16.03.2022.
Pare d’obbligo rammentare che UNI è un’associazione privata senza scopo di lucro nata nel 1921 e riconosciuta dallo stato italiano, nonché dall’Unione Europea, che da oltre 100 anni elabora, pubblica e diffonde gli standard delle norme tecniche a cui le imprese possono decidere di aderire volontariamente al fine di conseguire una certificazione in un determinato ambito.

Vantaggi e incentivi per le organizzazioni che si certificano
Prima di addentrarci nella descrizione del procedimento di certificazione e dei requisiti necessari al suo conseguimento, pare interessante affrontare il tema relativo agli incentivi per le organizzazioni che scelgono di certificarsi e agli ulteriori vantaggi di cui le stesse possono beneficiare sul mercato.

Sgravi contributivi: Il primo e forse più tangibile incentivo alle organizzazioni che conseguono la certificazione della parità di genere è lo sgravio contributivo di 1 punto % di cui le stesse possono beneficiare fino a un tetto massimo di € 50.000,00 annui. Si tratta di un incentivo concreto idoneo ad incidere direttamente sui costi del lavoro delle organizzazioni certificate, il quale, tuttavia, alla luce del carico contributivo su di esse gravante, pari a quasi il 30% della retribuzione lorda dei propri dipendenti, rischia di risultare non particolarmente allettante. Una decontribuzione di 1 punto % a fronte di un monte contributivo di quasi 30 punti %, infatti, determina una riduzione del costo contributivo a carico delle imprese di poco più del 3,3%. Al fine di rendere un ordine di grandezza, al fine di beneficiare per intero dello sgravio contributivo massimo di € 50.000,00 annui un’impresa dovrebbe avere un costo contributivo a proprio carico (esclusa quindi la quota a carico dei propri dipendenti) di oltre € 1,5 milioni.

Vantaggi ai fini del riconoscimento di fondi europei: Sempre ai sensi della legge 5 novembre 2021, n. 162, alle aziende che siano in possesso della certificazione della parità di genere è riconosciuto un punteggio premiale per la valutazione di proposte progettuali, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti.

Vantaggi nell’ambito della partecipazione a gare di appalto pubbliche: Ulteriori forme di incentivi in favore delle imprese in possesso di certificazione della parità di genere sono state introdotte anche dal nuovo Codice dei contratti pubblici introdotto con D. Lgs. 36/2023. L’art 106, comma 8, del Codice prevede una riduzione della garanzia del 20%, cumulabile con tutte le altre riduzioni previste dalla legge, in caso di possesso della certificazione della parità di genere. Inoltre, l’art. 108, comma 7, del Codice così come da ultimo modificato, dispone che le amministrazioni aggiudicatrici indichino, nei loro avvisi, un maggiore punteggio legato al possesso della certificazione della parità di genere.

La Prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 Organismo di certificazione: Al rilascio della certificazione della parità di genere alle imprese, in conformità alla UNI/PdR 125:2022, provvedono i soli organismi di certificazione accreditati ai sensi del regolamento CE 765/2008.
In Italia tali organismi sono solo quelli accreditati da Accredia, l’Ente italiano di accreditamento. Ad oggi esistono in Italia 52 organismi di certificazione accreditati per la certificazione della parità di genere. Il ruolo dell’organismo di certificazione non è quello di assistere e consigliare l’impresa nel corso della procedura di certificazione, bensì quello di verificare e attestare l’esistenza dei requisiti minimi in base a quanto previsto dalla prassi di riferimento dell’UNI. Le imprese hanno la facoltà di rivolgersi all’organismo di certificazione dalle stesse prescelto.
I parametri individuati per l’ottenimento della certificazione e il meccanismo di conteggio degli stessi

La PdR innanzitutto individua 6 specifiche Aree a ciascuna delle quali è associato uno specifico peso in percentuale, fatto 100 il peso complessivo di tutte le Aree:

1. Area cultura e strategia: peso 15%;
2. Area governance: peso 15%;
3. Area processi HR: peso 10%;
4. Area opportunità di crescita ed inclusione delle donne in azienda: peso 20%;
5. Area equità remunerativa di genere: peso 20%;
6. Area tutela della genitorialità e conciliazione vita-lavoro: peso 20%.

Per ciascuna di tali 6 Aree sono individuati degli specifici KPI (Key Performance Indicator) di tipo qualitativo e quantitativo a ciascuno dei quali è associato uno specifico punteggio. Anche in questo caso, la somma dei punteggi associati ai KPI di un’Area porta a un punteggio complessivo di 100.
Complessivamente, i KPI individuati dalla PdR sono 33.

I KPI di tipo qualitativo sono misurati in termini di presenza o non presenza, mentre i KPI di tipo quantitativo sono misurati in termini percentuali e in particolare sono ritenuti raggiunti laddove la percentuale misurata nell’impresa eguagli o superi quella prevista dal KPI come minima.
L’organismo di certificazione verifica il possesso da parte dell’organizzazione che richiede la certificazione dei requisiti descritti in ciascun KPI.
All’esito della verifica viene attribuito all’impresa un punteggio in ciascuna delle 6 Aree di valutazione. Ad esempio, se in una determinata Area, il cui peso è pari al 15%, l’impresa consegue un risultato di 50 su 100, il punteggio attribuito all’impresa per detta Area è del 7,5%, ovvero il 50% del 15%.
Sommando i punteggi in termini percentuali conseguiti in tutte le Aree di valutazione l’organismo di certificazione perviene alla determinazione della percentuale complessiva di rispetto dei KPI da parte dell’organizzazione.
Ai fini del conseguimento della certificazione della parità di genere, l’organizzazione deve raggiungere quantomeno una percentuale complessiva del 60%, sommando i punteggi in termini percentuali conseguiti in ciascuna delle 6 Aree di valutazione.

I criteri di proporzionalità previsti dalla PdR
In considerazione dell’elevata eterogeneità in termini dimensionali delle organizzazioni certificabili e delle marcate differenze esistenti negli organici aziendali a seconda del settore merceologico di appartenenza, la Prassi di riferimento prevede l’applicazione di due distinti criteri di proporzionalità nella valutazione dei KPI.
Criterio dimensionale: La Prassi di riferimento ha ritenuto opportuno prevedere semplificazioni del processo di certificazione in favore delle imprese di più modeste dimensioni e a tal fine ha previsto i seguenti 4 differenti cluster dimensionali:

1. Micro imprese: da 1 a 9 addetti/e;
2. Piccole imprese: da 10 a 49 addetti/e;
3. Medie imprese: da 50 a 249 addetti/e;
4. Grandi imprese: 250 e oltre addetti/e.

Sulla base di tale classificazione, la Prassi di riferimento prevede che le imprese di 3^ e 4^ fascia (medie e grandi) vengano valutate su tutti i KPI di ciascuna Area, le imprese di 1^ e 2^ fascia (micro e piccole) vengano valutate solo su alcuni KPI di ciascuna area. In taluni casi, inoltre, un determinato
KPI ha un indice di valutazione differente a seconda della fascia di appartenenza dell’impresa soggetta a certificazione.
Criterio del settore industriale di appartenenza:
È notorio che il divario di genere nell’organico aziendale sia fortemente influenzato dal settore industriale in cui l’impresa opera. Ad esempio, settori quali l’edilizia o i trasporti e la logistica hanno una fortissima connotazione maschile come diretta conseguenza della tipologia di mansioni che vengono in prevalenza svolte in detti ambiti, mentre, per la medesima ragione, settori come il commercio, la sanità, l’istruzione o la ristorazione sono maggiormente neutri con riferimento alla tematica di genere.
Ai fini del raggiungimento di taluni KPI di tipo quantitativo, pertanto, la PdR prevede che l’impresa debba avere una certa differenza positiva in termini di punti percentuali rispetto alla media percentuale registrata per il KPI in esame nel settore industriale di appartenenza e riassunti in una apposita tabella (Appendice B della PdR)

Descrizione dei KPI suddivisi per aree di valutazione e in base ai criteri di personalizzazione
È quindi sulla base di tali regole e principi che la Prassi di riferimento implementa le tabelle descrittive dei KPI previsti per ciascuna area di valutazione qui di seguito riportate (la descrizione dei KPI è sintetizzata).

L’assetto organizzativo di cui l’organizzazione deve dotarsi ai fini dell’ottenimento e del successivo mantenimento della certificazione della parità di genere
La Prassi di riferimento non si limita a definire i parametri il cui raggiungimento è necessario ai fini del conseguimento della certificazione, ma definisce altresì in modo analitico l’assetto di cui l’organizzazione deve tassativamente dotarsi al fine di ottenere e mantenere la certificazione.
Tale assetto si basa sui seguenti elementi chiave:

– Definizione di una politica di parità di genere aziendale da parte dell’Alta Direzione (i.e. l’organo amministrativo dell’organizzazione);
– Costituzione di un Comitato Guida (che partecipa alla definizione della politica di genere);
– Realizzazione da parte del Comitato Guida di un Piano Strategico volto al raggiungimento dei KPI;
– Implementazione di un sistema di gestione idoneo a perseguire le azioni stabilite nel Piano Strategico, a monitorare il mantenimento dei risultati e a conseguire ulteriori miglioramenti.

Per ciascuno di tali ambiti la Prassi di riferimento fornisce indicazioni assai dettagliate in merito ai requisiti richiesti.

Politica di parità di genere
La stessa deve individuare e descrivere i principi e le linee guida adottati dall’impresa con riferimento ai temi relativi alla parità di genere, alla valorizzazione delle diversità e all’empowerment femminile. La Politica di parità di genere deve essere ovviamente orientata al raggiungimento dei KPI prima descritti e deve essere:

– comunicata e diffusa all’interno della organizzazione con pubblicazione sul sito internet aziendale;
– oggetto di formazione e sensibilizzazione verso il management aziendale;
– revisionata o confermata periodicamente;
– coordinata da una figura responsabile in possesso di competenze organizzative e di genere, la quale dovrà avere responsabilità, autorità e budget adeguati alla sua persecuzione.

Il Comitato guida
Tale comitato partecipa alla definizione della politica di parità di genere assieme all’Alta Direzione ed è inoltre incaricato di definire e successivamente implementare il Piano Strategico.
Il Comitato guida, in base alle dimensioni dell’impresa, deve essere composto almeno dall’amministratore delegato, o da un delegato dalla proprietà, e dal direttore del personale, o altra figura equivalente.
Il Piano Strategico
Si tratta del documento programmatico che definisce per ciascun tema individuato dalla politica di parità di genere obiettivi semplici, misurabili, raggiungibili, realistici e pianificati nel tempo.
Pur effettuando un richiamo ai temi individuati nella politica di parità di genere aziendale è poi la stessa
Prassi di riferimento a indicare espressamente i principali temi che il Piano Strategico deve trattare e i requisiti minimi per ciascun tema:

  • Selezione e assunzione: procedure di selezione e assunzione che prevengano disparità di genere, descrizione delle mansioni neutra, reclutamento rivolto a uomini e donne, nessuna domanda nei colloqui relativa a matrimonio, gravidanza e responsabilità di cura;
  • Gestione della carriera: sviluppo professionale e promozioni basate solo sulle capacità e sui livelli professionali, bilanciamento di genere nelle posizioni apicali, opportunità e piani di crescita professionale aperti a tutto l’organico aziendale, rapporto su parità di genere ex art. 46 CPO e sistema di monitoraggio, ambiente lavorativo inclusivo e che promuova il benessere, formazione in favore del genere meno rappresentato per creare migliori opportunità professionali;
  • Equità salariale: mansionari aziendali che permettano una verifica della equità salariale tra addetti alla stessa mansione, meccanismo di controllo che eviti discriminazioni su retribuzione, benefit, bonus e welfare, politiche retributive pubbliche e trasparenti, welfare impostato per ogni genere di età;
  • Genitorialità e cura: programmi per congedi parentali, piano per varie fasi della maternità, promozione dei congedi di paternità, supporto al rientro dal congedo parentale, iniziative di supporto ai genitori nel piano welfare, servizi a favore dei figli;
  • Conciliazione dei tempi vita lavoro: misure per garantire l’equilibrio vita-lavoro, favorire part-time volontario, flessibilità orario lavorativo, valutazione esigenze di flessibilità del personale, smart working o telelavoro, riunioni in orari compatibili con la vita privata, nei riguardi dei part-time e nei confronti di chi ha orario flessibile;
  • Prevenzione di abusi sul luogo di lavoro: mappare i rischi di abuso, preparare un piano di prevenzione, effettuare formazione su tolleranza zero, adottare un sistema di segnalazione anonima di abusi, effettuare verifiche coi dipendenti su abusi subiti, analizzare eventi segnalati.

Il Piano Strategico deve essere strutturato nel rispetto delle seguenti fasi:

  • identificazione dei processi aziendali correlati ai temi relativi alla parità di genere individuati;
  • identificazione dei punti di forza e di quelli di debolezza rispetto ai temi;
  • definizione degli obiettivi;
  • definizione delle azioni decise per colmare i gap;
  • definizione, frequenza e responsabilità di monitoraggio dei KPI definiti dalla Prassi di riferimento e applicabili in base alle dimensioni dell’impresa.

Il Piano Strategico, inoltre, deve essere condiviso dalla direzione e aggiornato periodicamente.
L’impresa deve prevedere istruzioni scritte in merito alle modalità di attuazione delle azioni previste dal piano nonché dei monitoraggi ivi previsti e deve altresì assicurare una adeguata formazione in favore di tutto il personale non solo con riferimento ai contenuti e agli adempimenti del piano bensì anche e più in generale sulla politica di parità di genere adottata dall’impresa nel suo insieme.
In ultimo, è interessante ed emblematico notare come la predisposizione del piano strategico, che ha come finalità principale il raggiungimento dei KPI previsti dalla Prassi di riferimento è essa stessa uno dei KPI (qualitativo) in questione e in particolare il primo KPI della prima Area di valutazione.

Il Sistema di Gestione
Un sistema di gestione è quell’insieme di regole e procedure che una impresa si determina ad applicare allo scopo di raggiungere degli obiettivi definiti. La Prassi di riferimento delinea i principali aspetti del sistema di gestione di cui l’impresa deve dotarsi al fine di garantire il mantenimento nel tempo dei requisiti definiti dalla Prassi stessa e quindi necessari ai fini della
certificazione.
Documentazione del sistema: corretta gestione delle policy e delle procedure adottate dall’impresa sotto il profilo della loro preparazione, approvazione e modifica, dell’individuazione della versione aggiornata e della pubblicità delle stesse; corretta identificazione, aggiornamento e comunicazione dei requisiti normativi in materia di parità di genere; raccolta e analisi dei dati aziendali suddivisi per genere.
Monitoraggio degli indicatori: raccolta e analisi dei dati relativi ai KPI previsti dal Piano strategico, valutazione dell’andamento di tali KPI in base alle frequenze previste dal piano e adozione di azioni correttive a fronte di scostamenti.

Comunicazione interna ed esterna: predisposizione di un piano di comunicazione relativo all’impegno dell’impresa sui temi della parità di genere e
divulgazione dello stesso; adozione di una strategia di comunicazione interna ed esterna responsabile e rispettosa verso i temi di genere, coerente con i principi e gli obiettivi della politica di parità di genere adottata dall’impresa e allineata ai valori e alla cultura aziendale; individuazione delle parti interessate con le quali instaurare una comunicazione rispetto ai temi di parità di genere soprattutto in ambito lavorativo.
Audit interni: pianificazione, attuazione e rendicontazione di un sistema di audit interni volti alla verifica della reale ed efficace applicazione della politica e delle direttive aziendali sulla parità di genere nonché sul rispetto delle istruzioni e delle procedure a tal fine definite. Organizzazione degli audit in base alle modalità definite dalla UNI EN ISO 19011 con team indipendenti rispetto alle attività verificate, adeguatamente competenti e bilanciati in termini di genere. Gli audit hanno la finalità di accertare in modo oggettivo quali delle attività verificate risultano conformi e quali risultano invece difformi.
Principali tipologie di evidenze (attività) oggetto di audit: evidenze quantitative, ovvero misurabili oggettivamente, quali esistenza del report di monitoraggio dei KPI, esistenza del budget per la
parità di genere, esistenza di report di monitoraggio delle situazioni non conformi, esistenza di programmi formativi sulla parità di genere, corretta compilazione e utilizzo delle check list, assenza/presenza di contenzioso avente ad oggetto temi di parità di genere; evidenze qualitative, ovvero oggetto di valutazione, quali corretto aggiornamento della politica di parità di genere e del Piano strategico, correttezza della comunicazione interna ed esterna, adeguato coinvolgimento delle parti interessate, adeguata diffusione della cultura di parità di genere all’interno dell’organizzazione aziendale, eventuale partecipazione ad attività esterne.
Gestione situazioni non conformi: adeguato sistema di raccolta, mappatura e gestione delle situazioni non conformi con riferimento ai KPI previsti dalla Prassi di riferimento (report riepilogativo delle deviazioni riscontrate rispetto ai requisiti individuati dalla Prassi, delle segnalazioni interne e dei reclami ricevuti e degli incidenti denunciati nonché delle azioni correttive adottate per la loro risoluzione); adozione di adeguate procedure che garantiscano sia la tempestiva segnalazione delle situazioni non conformi all’interno e se necessario all’esterno dell’impresa, sia la tempestiva attuazione di azioni volte a rimuovere le cause della situazione non conforme segnalata.
Revisione periodica: demandata all’alta direzione e al comitato guida ed effettuata su base annuale, ha ad oggetto i temi individuati nel piano strategico con riferimento ai risultati della loro attuazione, alla loro congruità nel tempo, alla necessità di ulteriori esigenze formative e alla necessità di aggiornamenti anche in base ai cambiamenti normativi.
Miglioramento: in base all’esito della revisione soprattutto con riferimento ai risultati ottenuti il piano strategico e/o gli altri documenti del sistema di gestione possono essere integrati con nuovi obiettivi sempre misurabili, specifici, raggiungibili e realistici.

Conclusioni
La certificazione della parità di genere rappresenta indubbiamente un ottimo strumento per favorire la crescita nel tessuto imprenditoriale italiano di una cultura con riferimento a tale tematica e per attenuare le disparità di genere ancora esistenti che, soprattutto in ambito lavorativo, vedono l’Italia tristemente all’ultimo posto in ambito europeo.
A fronte del notevole “commitment” richiesto alle imprese per conseguire tale certificazione dei costi ad essa connessi e delle agevolazioni, forse non particolarmente allettanti, previste in favore delle imprese che si avviano a tale percorso, si ritiene che forse nel breve termine difficilmente tale strumento riuscirà ad avere una forte penetrazione tra le imprese, soprattutto di modeste dimensioni.
A tendere, tuttavia, si ritiene che la progressiva diffusione tra le imprese di politiche di sviluppo sostenibile nello svolgimento delle proprie attività (vuoi per obblighi normativi, vuoi per ragioni di accesso al credito o di presidio del mercato) porterà a una progressiva diffusione di tale certificazione.
Esaminando la Prassi di riferimento introdotta da UNI, personalmente avrei apprezzato una maggiore presenza di KPI di tipo quantitativo e un minor ricorso a KPI di tipo qualitativo (il rapporto è infatti di circa 1 a 2).
Pur comprendendo la finalità perseguita da UNI di collocare il processo di certificazione in un percorso di presa di coscienza e di crescita della cultura di genere all’interno del contesto aziendale e pur comprendendo la necessità di richiedere alle aziende che si certificano una significativa strutturazione a livello organizzativo, di processi e di policy, vedo in tale sbilanciamento un rischio di proliferazione all’interno delle organizzazioni di dichiarazioni di intenti, buoni propositi e procedure virtuose che non sempre sono indice di un significativo miglioramento in termini rigorosamente analitici e percentuali della condizione femminile all’interno dell’organico aziendale. In altre parole, un rischio non trascurabile di “pink washing”.

*Avvocato in Milano

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