QUANDO PUO’ DIRSI LEGITTIMO IL DINIEGO DELLA RICHIESTA DI FRUIZIONE DELLE FERIE AVANZATA DAL LAVORATORE PER EVITARE IL SUPERAMENTO DEL COMPORTO?
di Bernardina Calafiori e Eleonora Ilario*
Con l’ordinanza n. 26697 del 21 settembre 2023,la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in ordine alla facoltà del lavoratore di mutare il titolo della sua assenza, da malattia a ferie, quando tale richiesta sia volta ad evitare il licenziamento per scadenza del periodo di comporto.
Con il provvedimento in esame, la Corte, pur pronunciandosi per l’inammissibilità del ricorso per errata formulazione dei relativi motivi, offre degli interessanti spunti di riflessione sul tema. In particolare, nel caso sottoposto all’attenzione della Corte una lavoratrice aveva impugnato giudizialmente il licenziamento irrogatole per superamento del periodo di comporto.
I giudici di merito, sia in primo che nel secondo grado, avevano accolto la domanda della lavoratrice, ritenendo illegittimo il diniego opposto dalla Società alla di lei richiesta di poter fruire delle ferie maturate al fine di evitare, appunto, il superamento del periodo di conservazione del posto.
Nella fase di merito veniva dedotto che la lavoratrice, ben prima della scadenza del comporto, aveva inviato una missiva, con la quale chiedeva di poter di fruire delle ferie già maturate e non ancora godute. Sempre con tale missiva la lavoratrice aveva altresì anticipato al datore di lavoro la sua intenzione di richiedere, al termine della fruizione delle ferie, anche l’aspettativa non retribuita prevista dal Ccnl applicato al rapporto.
Il datore di lavoro negava la fruizione delle ferie e nel contempo comunicava di accettare la richiesta di aspettativa non retribuita, chiarendo che le ferie sarebbero state “pagate al termine del periodo di aspettativa con la cessazione del rapporto, qualora, terminato il periodo di 120 giorni, non fosse ancora in grado di riprendere l’attività lavorativa”.
Come detto, nella fase di merito il licenziamento intimato alla lavoratrice veniva dichiarato illegittimo, siccome intimato prima del superamento del periodo di comporto.
La Società impugnava la decisione avanti la Corte di Cassazione.
A riguardo, la Cassazione ha rilevato che non sussiste una incompatibilità “assoluta” tra malattia e ferie, sicché il lavoratore assente per malattia ha facoltà di domandare la fruizione delle ferie maturate e non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto. Il datore di lavoro messo di fronte di tale richiesta “è tenuto ad una considerazione e ad una valutazione adeguata” della posizione del lavoratore in quanto esposto alla perdita del posto di lavoro con la scadenza del comporto.
Allo stesso tempo però, hanno ricordato i giudici di legittimità, non sussiste un obbligo del datore di lavoro di acconsentire alla richiesta del dipendente, nel momento in cui sussistono motivi organizzativi ostativi.
Infatti, la facoltà del lavoratore di fruire delle ferie non godute al fine di evitare il comporto deve essere comunque contemperata con le esigenze “organizzative e produttive” del datore di lavoro. La Corte ha poi rilevato che non può “ragionevolmente” configurarsi un obbligo del datore di lavoro di accettare la richiesta di ferie avanzata dal lavoratore “allorquando il lavoratore abbia la possibilità di fruire e beneficiare di regolamentazioni legali o contrattuali che gli consentano di evitare la risoluzione del rapporto per superamento del periodo di comporto ed in particolare quando le parti sociali abbiano convenuto e previsto, a tal fine, il collocamento in aspettativa, pur non retribuita”.
In definitiva, secondo quanto argomentato in sentenza, il datore di lavoro nell’esercizio del suo potere discrezionale circa la collocazione temporale delle ferie deve, nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza che caratterizzano il rapporto di lavoro, valutare la richiesta di conversione del titolo dell’assenza “in un’ottica di bilanciamento degli interessi contrapposti”:
- quello del lavoratore alla conservazione del posto;
- con le esigenze dell’impresa, che però devono risultare concrete ed effettive.
Nel caso di specie, invece, a parere dei Giudici, il datore di lavoro aveva fatto un errato esercizio di tal potere avendo lo stesso negato a priori “indipendentemente dalla ricorrenza o meno di ragioni organizzative o produttive” la richiesta della lavoratrice di poter fruire delle ferie ancora non godute.
Il datore di lavoro quindi avrebbe dovuto, ove sussistenti, esporre le ragioni organizzative che al momento della presentazione della richiesta impedivano di poter accogliere la domanda della lavoratrice di poter fruire delle ferie. Lo stesso avrebbe poi dovuto verificare anche al termine del periodo di aspettativa non retribuita eventualmente fruito il persistere delle dette esigenze organizzative, poiché solo all’esito di tale ulteriore e successiva verifica il diniego avrebbe potuto ritenersi giustificato.
*Avvocati Studio Legale Daverio & Florio