DIMISSIONI PER FATTI CONCLUDENTI – PRIME INDICAZIONI OPERATIVE DELL’ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO E DEL MINISTERO DEL LAVORO

di Filippo Moschini*

Cenni introduttivi
È notorio che il bilanciamento degli interessi tra datori di lavoro e lavoratori non sia affatto cosa semplice, soprattutto in un paese come il nostro in cui spesso si eccede nella furbizia anziché nella virtù.
Un chiaro esempio di questa difficoltà è la travagliatissima regolamentazione dell’istituto delle dimissioni nel corso dell’ultimo decennio.
In origine, le dimissioni andavano presentate mediante una comunicazione scritta con la quale il lavoratore doveva manifestare inequivocabilmente la propria volontà in tal senso. In base a un orientamento giurisprudenziale consolidato, invece, se il lavoratore abbandonava il posto di lavoro, lo stesso veniva dichiarato comunque dimissionario per fatti concludenti.
Di tale modalità assai semplice e lineare, tuttavia, abusavano non pochi datori di lavoro furbetti, i quali, unitamente alla lettera di assunzione, solevano far sottoscrivere ai propri dipendenti una
lettera di dimissioni priva di data. Il dipendente non era più necessario oppure la sua prestazione era insoddisfacente? Nessun problema, lo stesso veniva “dimesso” apponendo la data alla lettera di dimissioni, con buona pace delle tutele di legge regolanti la cessazione dei rapporti di lavoro su iniziativa datoriale.
Per mettere fine a tale malcostume, il legislatore, dopo aver abbozzato un primo tentativo di regolamentazione con la Legge 92/2012, si avvaleva del processo di digitalizzazione nel frattempo
intervenuto e con l’art. 26 del D. Lgs n. 151 del 14.09.2015 sanciva che le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro dovevano essere effettuate, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Ma i furbetti non stanno solo da una parte della barricata e ad abusare di tale nuova regolamentazione iniziavano a essere i lavoratori. Ho trovato un nuovo impiego, ma non ho il tempo per rispettare il periodo di preavviso previsto per le mie dimissioni? Sono semplicemente stanco di questo lavoro e desidero godermi un po’ di dolce far nulla a spese dell’INPS?
Semplice, non mi presento più sul posto di lavoro e il mio datore dovrà necessariamente licenziarmi dandomi peraltro diritto alla NASpI, dato che in base alla nuova regolamentazione le dimissioni per fatti concludenti non sono contemplabili.
Il nostro legislatore ha impiegato quasi 10 anni ad accorgersi del fenomeno che si era generato e poi ad intervenire per porvi rimedio. E lo ha fatto con una nuova e ulteriore regolamentazione che prevede una procedura che presenta non pochi aspetti critici.

La procedura in questione è stata introdotta dall’art. 19 della Legge 203/2024, il quale ha integrato l’art. 26 del D. Lgs n. 151 del 14.09.2015, prevedendo in particolare al nuovo comma 7-bis che: “In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo. Le disposizioni del secondo periodo non si applicano se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”.
Verrebbe da dire, tutto semplice. Ma si sa che il diavolo sta nei dettagli e, come vedremo, di dettagli in questo caso ce ne sono parecchi.

La procedura di convalida delle dimissioni per fatti concludenti
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (di seguito INL), al quale la norma demanda la verifica relativa alla veridicità delle dimissioni per fatti concludenti, con nota n. 579 del 22.01.2025 ha messo a punto e pubblicato le linee guida della procedura operativa da seguire. Successivamente, con Circolare n. 6 del 27.03.2025 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito ulteriori indicazioni e chiarificazioni.
Qui di seguito si va a descrivere e commentare la procedura operativa messa a punto dall’INL alla luce delle indicazioni successivamente pervenute dal Ministero del Lavoro.

Ambito e limiti di applicazione della procedura di convalida delle dimissioni per fatti concludenti
Con riferimento all’ambito e ai limiti di applicazione della procedura di dimissioni per fatti concludenti il Ministero del Lavoro ha reso indicazioni di particolare rilievo.
In un contesto in cui la norma parla genericamente di “lavoratori” senza distinzione o limitazione alcuna tra le varie tipologie di rapporto di lavoro subordinato e categorie di lavoratori, il Ministero del Lavoro ha puntualizzato che la procedura non è applicabile nei casi previsti dall’art. 55 del D. Lgs 151/2001 e pertanto nei confronti di tutte le lavoratrici madri (o in stato di gravidanza) e i lavoratori padri le cui dimissioni debbono essere obbligatoriamente convalidate in sede di INL.

Il termine il cui superamento da diritto ad attivare la procedura
La norma sul punto testualmente afferma: “In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni…”.
Con riferimento alla interpretazione di tale passaggio della norma l’INL non si è espressa, ma lo ha fatto il Ministero del Lavoro, fornendo le seguenti indicazioni assai importanti:

  • Il termine di legge di 15 giorni va inteso come giorni di calendario e non lavorativi, ove non differentemente previsto dal CCNL applicato dal rapporto di lavoro;
  • Il differente termine che potrebbe essere eventualmente previsto dai CCNL non è quello già previsto da molti CCNL per l’adozione della sanzione del licenziamento disciplinare per assenza ingiustificata;
  • I CCNL dovranno, se del caso, determinare un differente specifico termine di assenza ingiustificata decorso il quale la procedura di dimissioni per fatti concludenti potrà essere attivata;
  • Tale differente termine dovrà essere tassativamente superiore a quello di 15 giorni di calendario previsto dalla legge.

Carattere obbligatorio oppure facoltativo della procedura
Con riferimento a tale primo aspetto l’INL afferma testualmente: “la comunicazione (di apertura della procedura, n.d.r.) va effettuata solo laddove il datore di lavoro intenda evidentemente far valere l’assenza ingiustificata ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro e pertanto non va effettuata sempre e in ogni caso.”. Un’identica indicazione è stata altresì resa dal Ministero del Lavoro.
In considerazione della facoltatività della procedura e delle indicazioni rese dal Ministero del Lavoro in merito al termine di legge di 15 giorni nonché al diverso termine stabilito dai CCNL è quindi possibile stabilire che, in caso di assenza ingiustificata di un proprio dipendente, la datrice di lavoro potrà avere le seguenti opzioni:

  • Attendere il decorso del numero di giorni di assenza ingiustificata previsto dal CCNL applicato ai fini della legittima adozione del provvedimento del licenziamento disciplinare e avviare poi la relativa procedura disciplinare ai sensi dell’art. 7 St. Lav.;
  • Attendere il decorso del termine di 15 giorni previsto dalla legge o del differente termine eventualmente previsto dal CCNL applicato e avviare la procedura di dimissioni per fatti concludenti;
  • Astenersi dall’adottare alcuna iniziativa, mantenendo in essere il rapporto di lavoro col dipendente assente.

Con riferimento a tale ultima ipotesi è importante notare che il Ministero del Lavoro ha precisato che il termine di legge di 15 giorni è da considerarsi come termine minimo e che nulla vieta alla datrice di lavoro di attivare la procedura di dimissioni per fatti concludenti anche in epoca successiva al superamento dello stesso.

Individuazione della sede dell’INL territorialmente competente
Le indicazioni operative dell’INL prevedono che la procedura vada attivata presso la sede della INL territorialmente competente in base al luogo di svolgimento del rapporto di lavoro. Laddove, pertanto, la datrice di lavoro avesse più unità operative, sarà competente la sede locale dell’INL del luogo ove è ubicata la specifica unità operativa presso cui è addetto il lavoratore.
Pur vivendo in un’epoca di forte delocalizzazione delle prestazioni lavorative, né l’INL e neppure il Ministero del Lavoro si sono curati di entrare nel merito dei casi in cui lo svolgimento del rapporto di lavoro avvenga in regime di telelavoro o sia connotato dalla possibilità di rendere la prestazione in smart working.
Non si ritiene che lo svolgimento di parte della prestazione lavorativa in regime di smart working possa influenzare la scelta della sede dell’INL competente, dato che lo svolgimento dell’attività all’esterno della sede aziendale dovrebbe essere meramente parziale.

Fattispecie ben diversa è quella relativa al telelavoro in cui rapporto di lavoro viene svolto stabilmente all’esterno della sede aziendale e per giunta in un luogo ben specifico (assai spesso il domicilio del lavoratore). In tale caso, a parere di chi scrive la sede dell’INL competente può essere alternativamente:
(i) quella del luogo in cui si trova la sede aziendale presso la quale il lavoratore è assunto; oppure (ii) quella del luogo in cui il lavoratore è autorizzato a rendere la prestazione in regime di telelavoro. Nel silenzio dell’INL e del Ministero del Lavoro non vi è certezza in merito alla risposta. Sarebbe pertanto auspicabile una indicazione di carattere operativo sul punto, soprattutto dal soggetto preposto alla gestione della procedura, ovvero l’INL.

La comunicazione di avvio della procedura: contenuti e modalità di recapito
Al fine di avviare la procedura, la datrice di lavoro dovrà trasmettere una comunicazione nella quale andranno indicate tutte le informazioni riferite al lavoratore, al rapporto di lavoro e alla situazione lavorativa che si intende segnalare.
L’INL raccomanda di indicare all’interno della comunicazione quante più informazioni possibili di modo da consentire le opportune verifiche nel corso della procedura. Al fine di coadiuvare le datrici di lavoro nella predisposizione di tale comunicazione l’INL ha messo a punto un modello di lettera, il quale è disponibile sul proprio sito. Le informazioni richieste in tale modello sono:

  • I dati della datrice di lavoro, ovvero ragione sociale, codice fiscale, sede legale e sede operativa (si ritiene quella presso la quale è assunto il lavoratore), attività esercitata e CCNL applicato;
  • I dati del lavoratore, ovvero nome, data di nascita, codice fiscale, ultimo indirizzo di residenza conosciuto, recapiti telefonici e di email conosciuti, ulteriori informazioni ritenute utili;
  • I dati del rapporto di lavoro: ovvero data di inizio del rapporto di lavoro, tipologia contrattuale (ad esempio tempo determinato o indeterminato, part-time oppure full-time), inquadramento contrattuale e l’ultimo giorno di lavoro prestato.

Come si può notare, il modello non richiede espressamente che il datore di lavoro fornisca informazioni o documenti a riprova dell’effettiva assenza del lavoratore. Si ritiene tuttavia consigliabile
inserire nella comunicazione o allegare alla stessa anche informazioni o documenti che provino la suddetta assenza, quali ad esempio: nominativi e relativi contatti telefonici e email di colleghi del lavoratore assente (che a ben vedere l’INL si riserva espressamente di contattare in sede di verifica), stampa dell’elenco delle timbrature registrate dal sistema di rilevazione delle presenze (se in uso in azienda), eventuali email o screen-shot di sistemi di messaggistica comprovanti il tentativo di contattare il lavoratore a seguito della sua assenza.
La suddetta comunicazione andrà inviata alla sede territorialmente competente dell’INL con modalità che garantiscano il possesso di una prova dell’avvenuto recapito e quindi prioritariamente a mezzo PEC o alternativamente per raccomandata con ricevuta di ritorno.
Il Ministero del Lavoro, con la propria circolare, ha reso una indicazione assai importante e in particolare ha sancito che, a differenza di quanto indicato dalla norma e confermato dall’INL, la comunicazione di apertura della procedura dovrà essere tassativamente trasmessa non solo all’INL bensì anche al lavoratore.

La cessazione del rapporto di lavoro
Nella propria circolare l’INL ha puntualizzato che il datore di lavoro potrà procedere a cessare il rapporto di lavoro del proprio dipendente assente già subito dopo l’invio della comunicazione di apertura della procedura.
Il Ministero del Lavoro sul punto ha invece affermato che la data di invio della suddetta comunicazione rappresenta il dies a quo da cui decorrerà il termine di 5 giorni per effettuare la comunicazione di avvenuta cessazione a mezzo del modello UNILAV.
Da ciò consegue che ai fini della risoluzione del rapporto:

  • non è prevista un’autorizzazione alla cessazione da parte dell’INL all’esito delle verifiche del buon esito della procedura di cui si dirà al punto che segue;
  • la risoluzione del rapporto opera automaticamente per effetto dell’invio della comunicazione di apertura della procedura e come tale dev’essere comunicata dal datore di lavoro agli enti competenti.

A ben vedere, e questo è un ulteriore elemento saliente, le indicazioni operative dell’INL neppure prevedono che al datore di lavoro sia fatta una comunicazione con la quale viene confermata
la conclusione della procedura e si convalida l’efficacia della risoluzione del rapporto. L’unica comunicazione prevista, al contrario, è quella con la quale l’INL informa la datrice di lavoro in merito all’inefficacia della risoluzione.
Questo aspetto, come si vedrà meglio nel proseguo, rappresenta un notevole elemento di criticità della procedura in quanto priva il datore di lavoro della certezza della conclusione della procedura e del buon esito della stessa.
La verifica della veridicità della comunicazione datoriale da parte dell’INL
Una volta ricevuta la comunicazione datoriale di apertura della procedura, l’INL dovrà provvedere a verificare la veridicità della stessa.
La prima verifica, relativa alla veridicità in senso stretto del contenuto della predetta comunicazione, pertiene ovviamente all’effettiva assenza del lavoratore nel corso del lasso temporale indicato dal  datore di lavoro.
Esiste poi una seconda tipologia di verifica, la quale è di per sé estranea alla veridicità della comunicazione datoriale e pertiene invece alla situazione soggettiva del lavoratore assente. Con riferimento a quest’ultima, si ritiene che le indicazioni operative sia dell’INL non siano condivisibili nel passaggio in cui affermano che: “il legislatore pone dunque in capo al lavoratore l’onere
di provare non tanto i motivi che sono alla base dell’assenza, bensì l’impossibilità di comunicare gli stessi al datore di lavoro o comunque la circostanza di averli comunicati. Laddove il lavoratore dia effettivamente prova di quanto sopra…non può trovare applicazione l’effetto risolutivo del rapporto di lavoro di cui al secondo periodo del nuovo comma 7-bis.”.
Ebbene, premesso che il Ministero del Lavoro nella propria circolare non entra nel merito di tale specifico aspetto, si ritiene che l’impostazione adottata dall’INL sul punto sia radicalmente scorretta, poiché la norma di cui al nuovo comma 7-bis dell’art. 26 del D. Lgs 151/2015 prevede indistintamente la risoluzione del rapporto in tutti i casi di assenza ingiustificata e puntualizza poi che l’effetto risolutivo non si verifica solo “se il lavoratore dimostra l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza”.
Per quanto sopra l’esistenza o meno di un motivo che giustifica l’assenza è sempre in ogni caso un requisito imprescindibile che, come tale, va verificato dall’INL.
Solo in presenza del requisito della giustificatezza dell’assenza l’INL dovrà poi indagare in merito all’avvenuta comunicazione di tale assenza al datore di lavoro oppure in merito all’esistenza di un legittimo impedimento del lavoratore a comunicare la stessa.
Al contrario, laddove l’assenza fosse priva di legittima giustificazione, ai sensi della norma, la circostanza che il lavoratore l’abbia o meno comunicata al proprio datore di lavoro o fosse impossibilitato a farlo, dovrebbe essere del tutto irrilevante ai fini della risoluzione del rapporto di lavoro.
Tale indicazione fornita dall’INL lascia pertanto fortemente perplessi. Se fosse una impostazione effettivamente voluta, ciò significherebbe l’intenzione dell’INL di non volersi addentrare nella valutazione o meno della giustificatezza dell’assenza, tema che in effetti potrebbe essere talvolta assai delicato. Al contempo, tuttavia, sarebbe sufficiente una generica comunicazione del lavoratore al proprio datore di lavoro del tenore “da domani non vengo più al lavoro” a neutralizzare la procedura in quanto l’assenza, quand’anche clamorosamente ingiustificata, era stata “diligentemente” comunicata.

A parere di chi scrive, pertanto, l’oggetto dell’indagine ai sensi della norma dovrebbe avere ad oggetto i seguenti tre distinti aspetti:

  • Se il lavoratore si è effettivamente assentato dal lavoro durante il lasso temporale indicato dal datore di lavoro nella propria comunicazione (verifica, questa, che pertiene alla veridicità in senso stresso del contenuto della comunicazione datoriale);
  • In caso di risposta affermativa al punto che precede, se il lavoratore aveva o meno una motivazione che giustificava la propria assenza;
  • In caso di risposta affermativa al punto che precede, se il lavoratore era materialmente impossibilitato a comunicare al proprio datore la propria assenza ingiustificata, oppure se l’aveva ritualmente comunicata. Per quanto sopra, l’iter dell’indagine dell’INL potrebbe essere schematizzato come segue:

Con riferimento alle verifiche sopra descritte, le indicazioni operative danno al personale dell’INL ampi poteri di indagine, i quali comprendono altresì l’audizione di colleghi del lavoratore
asseritamente assente. Proprio alla luce di tale circostanza si ribadisce il suggerimento di fornire nella comunicazione di apertura quante più informazioni possibili al fine di indirizzare sin da
subito nel migliore dei modi le attività di verifica della veridicità della comunicazione stessa.
Quanto alla tempistica per l’effettuazione delle verifiche, l’INL prescrive un termine di 30 giorni dall’avvio della procedura e quindi dalla data di recapito della comunicazione di apertura della stessa. Ci si chiede se tale termine sia da intendersi come perentorio (inderogabile) oppure meramente ordinatorio (derogabile).
Premesso che detto termine non è indicato nella norma di legge, bensì unicamente nelle istruzioni operative, si propende per la natura ordinatoria dello stesso.
La questione relativa alla probabile natura ordinatoria del suddetto termine non è affatto  di poco conto. Premesso che, come già spiegato, l’INL all’esito delle proprie verifiche comunica esclusivamente l’eventuale inefficacia della risoluzione e premesso inoltre che il datore di lavoro ha l’obbligo di cessare il rapporto immediatamente dopo l’invio della lettera di apertura della procedura, è di tutta evidenza il danno che subirebbe il datore di lavoro che ha avviato in buona fede la procedura stante l’assenza del proprio dipendente e che a distanza di anche più di 30 giorni si vede dichiarare l’inefficacia della risoluzione del rapporto che nel frattempo ha disposto.

Possibili esiti della procedura
Efficacia della risoluzione del rapporto di lavoro
Per tale eventualità, nel silenzio della norma e dell’INL, la circolare del Ministero del Lavoro ha puntualizzato che il datore di lavoro avrà il diritto di:

  • non riconoscere la retribuzione e non versare la contribuzione con riferimento ai giorni di assenza del lavoratore precedenti all’avvio della procedura di dimissioni per fatti concludenti (e pertanto fino al momento della cessazione del rapporto);
  • trattenere dalle indennità di fine rapporto del lavoratore l’indennità sostitutiva del preavviso prevista dal CCNL applicato al rapporto di lavoro per il caso di dimissioni.

Inefficacia della risoluzione del rapporto di lavoro
Laddove all’esito della procedura l’INL dichiarasse l’inefficacia della risoluzione del rapporto di lavoro, le indicazioni operative dell’INL nonché la circolare del Ministero del Lavoro puntualizzano che il datore di lavoro dovrà ricostituire lo stesso.
Nulla dicono né la norma e neppure le circolari dell’INL e del Ministero del Lavoro in merito alla retribuzione relativa al periodo intercorso tra la risoluzione del rapporto e la sua ricostituzione, ma si ritiene coerente che la stessa sarà dovuta al lavoratore.

Inefficacia della procedura di dimissioni per fatti concludenti
Esiste in ultimo anche una ipotesi in cui la procedura di dimissioni per fatti concludenti, sebbene già avviata dal datore di lavoro, può essere neutralizzata dal lavoratore e resa inefficace.
Il Ministero del Lavoro, sul punto, nella propria circolare ha infatti previsto che la suddetta procedura diviene automaticamente inefficace nel momento in cui alla datrice di lavoro perviene la notifica telematica dell’avvenuta presentazione delle dimissioni, sia volontarie che per giusta causa, da parte del lavoratore.
Tale previsione, con ogni evidenza, pone a parere di chi scrive molteplici criticità e lascia aperti diversi quesiti in merito ai quali il sottoscritto cerca qui di seguito di ovviare al silenzio del Ministero del Lavoro:

  • la data di cessazione originariamente comunicata dal datore di lavoro col modello UNILAV inviato al momento dell’apertura della procedura andrà quindi sostituita dalla data di cessazione indicata dal lavoratore nella procedura di dimissioni telematiche? Dato che la procedura di dimissioni per fatti concludenti diviene inefficace, anche la cessazione del rapporto di lavoro dalla stessa derivante dovrebbe essere parimenti inefficace, pertanto, a parere di chi scrive la risposta parrebbe affermativa;
  • la datrice di lavoro dovrà quindi revocare la propria precedente comunicazione di cessazione e inviare un nuovo modello UNILAV con la nuova data di cessazione e relativa causale comunicata dal lavoratore? Anche in questo caso a parere di chi scrive la risposta parrebbe ragionevolmente affermativa;
  • come vanno trattati i giorni lavorativi intercorrenti tra le due date di cessazione? In caso di perdurare dell’assenza del lavoratore in tali giornate si ritiene ragionevole che gli stessi non vadano
    remunerati;
  • cosa accade se il lavoratore nella propria comunicazione opta per le dimissioni volontarie e indica una data di cessazione futura, eventualmente rispettosa del periodo di preavviso dallo stesso dovuto? E se in tal caso l’assenza dello stesso poi perdura? Di fronte a tali ultimi due quesiti il sottoscritto teme di dover alzare le mani e sperare che il Ministero del Lavoro e/o l’INL si pongano questa domanda e diano una risposta.

Conclusioni
Se la procedura prevista dal legislatore per porre rimedio alle annose vicissitudini della regolamentazione dell’istituto delle dimissioni in Italia non convince fino in fondo, le indicazioni operative fornite dall’INL con la propria nota n. 579 del 22.01.2025 convincono ancora meno. I chiarimenti successivamente pervenuti dal Ministero del Lavoro con circolare n. 6 del 27.03.2025 per un verso hanno colmato talune lacune interpretative, ma per l’altro ne hanno creato nuovi dubbi e nuove incertezze.
Svariati sono gli aspetti operativi che lasciano ancora perplessi, così come svariati sono gli ambiti che non sembrano essere stati adeguatamente regolamentati.
Non appare affatto un caso che l’INL concluda la propria nota affermando “Si fa riserva di fornire ulteriori indicazioni anche sulla base di successive valutazioni in ordine alle casistiche ed alla quantificazione delle fattispecie rilevate.”. Con questa propria affermazione l’INL sembra ammettere di essere consapevole della notevole vastità dei possibili scenari che si potrebbero venire a generare a seguito dell’introduzione di tale norma e sembra ammettere di essere di fatto impreparata a regolamentarli e quindi a gestirli adeguatamente. Da qui la riserva di “aggiustare il tiro” in futuro sulla base dei casi pratici che verranno affrontati nel primo periodo di applicazione della norma.
L’auspicio è che la finalità chiaramente deterrente della norma abbia effetto e che quantomeno il dilagante fenomeno dell’abbandono del posto di lavoro.

*Avvocato in Milano

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