I FURBETTI DELL’ASSENZA INGIUSTIFICATA

di Marialuisa De Cia*

Sarà il caldo, saranno le ferie, per qualcuno mai abbastanza, sarà… Non importa la motivazione, il fenomeno delle assenze ingiustificate dei lavoratori è un comportamento che si trascina da tanto, troppo tempo, con malumori e furiose rimostranze dei datori di lavoro impotenti davanti a questi non rari eventi.

Va da sé’ che noi professionisti che assistiamo le aziende anche nella gestione dei rapporti di lavoro, oltre a dover prestare la spalla sulla quale piangere, dobbiamo supportare i nostri clienti cercando da un lato di contenere la loro rabbia e frustrazione e dall’altro fornire i nostri migliori consigli per affrontare, col minor danno possibile, le sparizioni improvvise dei dipendenti.

Illuminata, si fa per dire, dalla sentenza n. 106 del 30.09.2020 del Tribunale di Udine e forte del sostegno di un arrabbiatissimo datore di lavoro, ho suggerito di recedere per giusta causa da un rapporto di lavoro con un giovane ragazzo ancora apprendista che ha deciso di assentarsi dal lavoro senza giustificazioni, prevedendo l’addebito di una penale corrispondente al contributo da versare a titolo di ticket Naspi.

I fatti. Il giovane dipendente, forse stanco di un lavoro che probabilmente non lo gratificava, chiedeva, come da (distorta) prassi, di essere licenziato. Il datore di lavoro, indignato, rifiutava di assecondare la richiesta e chiedeva al lavoratore di esperire la procedura delle dimissioni on line in quanto all’azienda la sua figura serviva e non aveva intenzione di rinunciarvi.

Il lavoratore, privo di spid e di buona volontà, si è guardato bene dal rassegnare le dimissioni volontarie e anche di presentarsi sul luogo di lavoro. Dopo ben cinque giorni di silenzio e assenza, il lavoratore si presentava, dopo l’orario di lavoro, per consegnare le chiavi aziendali. A nulla è valso l’ennesimo invito a rassegnare le dimissioni.

Come norma detta, si è proceduto a contestare l’assenza ingiustificata inviando la solita raccomandata e si è pazientemente atteso da un lato la consegna della missiva e dall’altro la ricezione di una giustificazione. Complicato anche questo passaggio. La missiva girava per gli uffici postali fino a quando, finalmente dopo ben 15 giorni, si è accomodata in attesa di essere recuperata dal lavoratore avvisato della sua giacenza.

Per sollecitare una definizione della situazione, nella pacifica continuazione dell’assenza del lavoratore, si decise di inviare copia della lettera giacente sia a mezzo email che whatsapp avvisando l’assente che le giustificazioni che avrebbe dovuto rendere dovevano pervenire all’azienda entro cinque giorni dalla consegna dell’avviso di giacenza. E finalmente lettera e lavoratore si sono ricongiunti ma di giustificazioni neppure l’ombra. E mentre si attendeva il decorso dei cinque giorni per le giustificazioni, perveniva al datore di lavoro una telefonata del lavoratore che gli chiedeva se la sua lettera di licenziamento fosse pronta perché “doveva firmare un nuovo contratto di lavoro”! Alla ennesima richiesta di dimissioni, il lavoratore ancora una volta ribadiva che non aveva lo spid.

Come lasciare impunita una simile strafottenza? Decorsi i termini per ricevere le giustificazioni, non rimaneva che il licenziamento per giusta causa con conseguente versamento del ticket Naspi di circa Euro 1.500,00 (non aveva ancora compiuto il triennio di anzianità). Ma una lezione al giovanotto andava data. E fu così che, nella lettera di licenziamento dove si invocava la giusta causa per assenza ingiustificata, si comunicava al lavoratore che, in conseguenza dei danni patiti dalla società a seguito del suo comportamento palesemente dimissionario, gli si addebitava, a titolo di risarcimento danni, l’importo che la società stessa era tenuta a versare all’INPS per il ticket Naspi e quindi l’importo di Euro 1.500,00 oltre all’importo corrispondente al mancato preavviso.

La comunicazione del provvedimento disciplinare è stata inviata, nella medesima giornata, sia per raccomandata, che per email e pure per whatsapp. Beh, inutile dire che il lavoratore non ha gradito la comunicazione, non tanto per il licenziamento che stava attendendo per voltare pagina e avventurarsi in una nuova esperienza lavorativa, ma per la penale che gli sarebbe stata addebitata sulle competenze di fine rapporto.

Alla richiesta di chiarimenti (da parte della mamma!) sulla legittimità della penale, forte della ahimè unica sentenza del Tribunale di Udine, si precisava che se il lavoratore avesse rassegnato le dimissioni, vista la volontà di non proseguire il rapporto di lavoro, la penale corrispondente al ticket Naspi non sarebbe stata applicata perché non vi sarebbero stati i presupposti.

Morale della storia: dopo un’ora dall’invio della lettera di licenziamento al lavoratore, l’azienda riceveva la pec con le dimissioni volontarie. Con o senza spid ha trovato il sistema per dimettersi!

Per la cronaca, sono seguite telefonate più o meno minacciose da parte del lavoratore che ha eccepito la legittimità della penale, con richieste di incontro “dopo l’orario di lavoro” perché impossibilitato ad altre ore ma, alla fine, non ha revocato le dimissioni che, ora, sono definitive.

Considerazioni finali. In attesa che il legislatore, sensibile alla spesa INPS, ponga un freno a questi comportamenti palesemente fraudolenti, non resterebbe che disincentivarli introducendo la prassi della richiesta di risarcimento del danno. In presenza di una tale prassi ricorrente, l’auspicio è che venga fortemente ridotto l’utilizzo delle assenze ingiustificate.

*ODCEC Milano

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