SICUREZZA E PARITA’ DI GENERE
di Florianna Golino*
Il concetto della parità di genere sui luoghi di lavoro, già affrontato in ambito sicurezza sul lavoro, con l’emanazione nel 2008 del D.Lgs. 81/08, recentemente è divenuto oggetto di particolare attenzione da parte delle organizzazioni tenendo anche conto i principi di sostenibilità “ESG”. Tra i rischi presenti sui luoghi di lavoro, infatti, da valutare ai sensi dell’art.28 del decreto e da trattare nel documento di Valutazione dei rischi (DVR), sono richiamati quelli connessi alle differenze di genere. Come per tutte le altre tipologie di rischio presenti sui luoghi di lavoro, anche questi ultimi devono essere contemplati nel DVR, documento che, come chiarito dall’art.2 del D.lgs. 81/08, deve contenere una “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”. Gli specifici aspetti da considerare nell’ambito della valutazione dei rischi sono gli effetti prodotti dalla differenza di genere sull’attività lavorativa ovvero, tenendo conto delle differenze che mediamente di fatto esistono dal punto vista “biologico” fra uomini e donne (statura, in genere inferiore nelle donne; volume polmonare, maggiore negli uomini; differenza nell’assorbimento e nella eliminazione degli agenti chimici; diverso rapporto tra esposizione al rumore di bassa intensità e danni extra uditivi; effetti degli agenti mutageni sul sistema riproduttivo femminile; vulnerabilità verso i rischi; ecc. ecc.) andrebbero adottate delle misure, per lo più organizzative, per evitare o quantomeno ridurre i possibili danni alla salute ed alla sicurezza dei lavoratori, in relazione a tali aspetti, che non siano necessariamente riconducibili all’eventuale stato di gravidanza delle lavoratrici. Questa tutela, infatti, presente nel nostro ordinamento sin dalla Costituzione e con la L. 53/2000, è stata rafforzata con il D.lgs. 151/2001 (che, in un’ottica di parità e tutela sostiene la genitorialità, garantendo anche ai padri la possibilità di dedicarsi alla cura dei figli) e successivamente è stata recepita ed estesa con il Testo Unico della sicurezza (D.lgs. 81/08), nel quale sono stati considerati, come base per la valutazione dei rischi legati al genere, anche gli aspetti “socio ambientali”. Quindi, mentre da un punto di vista normativo risulta evidente un approccio “non neutrale”, ma attento alle diversità ed alla soggettività, dal punto di vista pratico questo approccio non è supportato da un riferimento metodologico standardizzato, come invece accade per altri rischi presenti sui luoghi di lavoro, quali ad esempio i rischi legati alla movimentazione manuale dei carichi, quelli da esposizione al rumore o alle vibrazioni, i rischi chimici, biologici, quelli da stress lavoro correlato e diversi altri. Per la valutazione di tali tipologie di rischio, infatti, esistono norme tecniche che rappresentano utili riferimenti per datori di lavoro, Rspp e medici competenti, ai fini della redazione del DVR per la parte ad essi dedicati e dell’adozione delle più adeguate misure di prevenzione e protezione. A fronte, quindi, di una normativa che stabilisce la tutela della salute nei luoghi di lavoro orientata al genere, le indicazioni riportate nella stessa non sempre risultano di facile applicazione.
Un altro aspetto strettamente connesso al tema della “sicurezze e parità di genere” e rientrante in quelli che vengono definiti “rischi psico sociali”, è quello degli abusi e delle molestie sui luoghi di lavoro. Queste fattispecie di rischio, a seguito del recepimento dell’Accordo Europeo sulle molestie e violenze nei luoghi di lavoro (2007), avvenuto soltanto nel 2016, e dell’emanazione della L. 15/01/2021 n. 4 (in attuazione dell’art. 9 comma c della Convenzione 190 sull’eliminazione della Violenza e delle Molestie nel Mondo del Lavoro), devono essere oggetto di una specifica valutazione dei rischi relativi alle violenze e alle molestie, con la partecipazione dei lavoratori e dei rispettivi rappresentanti, ai fini dell’adozione di misure per prevenirli e tenerli sotto controllo.
L’ Accordo europeo, anche se recepito in modo parziale (Accordo Confindustria, Cgil, Cisl, Uil) e ridottosi ad una dichiarazione di intenti con l’indicazione dei principi ai quali ispirarsi per gestire situazioni di molestie e violenze, senza quindi specificare procedure, obblighi /doveri e relative sanzioni, ha quantomeno chiarito definitivamente come la gestione delle molestie e delle violenze sui luoghi di lavoro debba prescindere dalla sua natura specifica (fisica, psicologica e/o sessuale). In ogni caso, infatti, occorre prevenirla garantendo la migliore assistenza alle vittime degli abusi, anche attraverso l’attivazione di una funzione di ascolto, e validi strumenti di punizione dei colpevoli.
La Legge 4 del 15 gennaio, invece, ha ampliato il concetto stesso di violenza/molestie, integrandolo con lo stress lavoro correlato, dando maggior risalto rispetto al passato ai rischi psicosociali e riconoscendo che la violenza e le molestie sul lavoro possono tradursi in danni per la salute psicologica, fisica e sessuale, per lo status economico, per la dignità e l’ambiente familiare e sociale della persona, da cui la necessità di valutare i fattori di rischio ed adottare misure di tipo preventivo e correttivo, a partire dai dispositivi di risoluzione delle controversie e di denuncia, ai meccanismi di supporto, ai servizi per il ricorso e risarcimento che tengano in considerazione la prospettiva di genere e che siano sicuri ed efficaci (art.10).
Anche la recente ISO 45003: 2021 Gestione della salute e sicurezza sul lavoro — Salute psicologica e sicurezza sul lavoro — Linee guida per la gestione dei rischi psicosociali tra i fattori sociali sul lavoro da valutare inserisce i concetti di “Violenza sul lavoro” (incidenti che comportano una sfida esplicita o implicita alla salute, alla sicurezza o al benessere sul lavoro; violenza interna od esterna che si traduce in abusi, minacce, aggressioni fisiche, verbali o sessuali, violenza di genere) e “molestie” quali comportamenti indesiderati, offensivi, intimidatori, di natura sessuale o non, che si riferiscono a una o più caratteristiche specifiche dell’individuo quali identità di genere, religione o credo, orientamento sessuale, disabilità ed età.
In conclusione, in un’ottica di sostenibilità e di valori “ESG”, considerando sistemi di gestione e organizzazione di tematiche vicine come il SGSSL, o lo specifico sistema di gestione sulla Parità di genere, conformi a relative norme e prassi, l’attenzione del datore di lavoro (e di tutti gli attori della prevenzione) deve essere incentrata sul garantire parità di trattamento, condizioni di salute e sicurezza.
A prescindere dal genere quindi (considerabile solo in funzione delle differenze biologiche e delle conseguenti assegnazioni dei compiti), l’attenzione deve essere rivolta alla tutela di lavoratori e lavoratrici verso possibili violenze, molestie, abusi , compresi altri rischi psico sociali, potenzialmente presenti sui luoghi di lavoro
*ODCEC Caserta
#sicurezzasullavoro #sicurezzadeilavoratori #tuteladeilavoratori #paritadignere #differenzedigenere #violenzasullavoro #esg #gestionedelpersonale #benesseresullavoro #benesserepsicologico #psicologiadellavoro #organizzazionedellavoro #prevenzioneesicurezza #inclusione #commercialistidellavoro #commercialisti #consulenzadellavoro #lavoro #noieillavoro