SINDROME DA BURNOUT: quando lo stress diventa troppo – strategie per riconoscerlo e prevenirlo sul posto di lavoro

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di Alice Salducco*

Durante i corsi di formazione sullo stress cito spesso una battuta di Giorgia Fumo che recita più o meno così: “andare al lavoro è diventato come andare all’asilo, piangi tutte le mattine”.
Piangere è uno dei segnali più potenti dello stress: un allarme che ci impone la necessità di prenderci cura di quello che sta succedendo. Ci indica che lo stress da positivo sta diventando negativo. Il pianto, così come altri sintomi, ci segnala che la situazione in cui ci si trova è “troppo”, ovvero che non ci sono le risorse necessarie per rispondere in modo adeguato e sostenibile per noi a quello che sta succedendo.

Quando il distress – lo stress negativo – diventa molto e si prolunga nel tempo, si può incorrere nella sindrome da burnout. Chi ne soffre? Sono maggiormente esposti al rischio di burnout coloro che si sentono sopraffatti dalla routine quotidiana o che sentono le proprie aspettative deluse. Il burnout è un fenomeno complesso che indica una situazione di malessere fisico e mentale, con punti in comune con patologie come gli stati d’ansia o gli stati depressivi.

Con il termine burnout facciamo riferimento a uno stato in cui le persone sperimentano esaurimento emotivo, depersonalizzazione e derealizzazione.

Proviamo a entrare nel significato di questi termini tecnici con delle immagini.

  • L’esaurimento è quella sensazione che proviamo quando abbiamo l’impressione di avere la nostra batteria scarica, di aver terminato le energie a disposizione per qualsiasi cosa. È diversa dalla stanchezza, perché il sonno e il riposo non sempre aiutano a contrastarla. Un’altra sensazione associata all’esaurimento è la percezione di avere esaurito lo spazio mentale a disposizione, “di essere arrivati”. Lo possiamo osservare sia su di noi, sia sugli altri. Sui colleghi, ad esempio, si osserva nella difficoltà di concentrazione, nelle dimenticanze o nei segni di stanchezza sul volto.
  • La depersonalizzazione è quella sensazione di vedersi da fuori, come se si osservasse il mondo da una telecamera che riprende anche noi nella stanza, a differenza di quello che succede normalmente (osservare il mondo dal nostro punto di vista). Si tratta di un sintomo che può essere sperimentato anche negli attacchi di panico. Questo sintomo dall’esterno è più complesso da osservare e da riconoscere.
  • La derealizzazione, invece, riguarda la sensazione di scollamento con la realtà, il percepirsi distanti da quello che sta succedendo in quel momento, e in alcuni casi anche la sensazione che ciò che si è come persona non corrisponda a ciò che si sta facendo nella vita. La derealizzazione la possiamo osservare nel modo in cui le persone intorno a noi parlano del loro lavoro, nel modo in cui si rapportano ai progetti futuri o all’aumento delle responsabilità.

Come avrete intuito leggendo, la sindrome da burnout indica che la persona si trova in una situazione di forte malessere. Questo tipo di diagnosi può essere effettuato da una figura che si occupa di salute mentale come il medico di base, lo psichiatra o lo psicologo. È qualcosa di cui di solito si accorge la persona che vive la situazione, nel momento in cui i sintomi iniziano a diventare un ostacolo per il proprio benessere fisico e psicologico.

E da fuori? Come mi posso accorgere che un collega, un collaboratore, una persona amica si trova in una situazione di burnout lavorativo? La cosa importante è osservare i cambiamenti a livello comportamentale: tutti quei comportamenti che differiscono molto dalla “normalità” della persona che avete conosciuto. Ad esempio: prima pranzava sempre, adesso salta il pasto; prima era una persona socievole e disponibile, adesso sta in disparte. Altri indicatori possono essere legati al modo in cui percepisce la responsabilità e il nuovo: l’idea di vedere aumentate le proprie responsabilità o l’essere ingaggiati in un nuovo progetto lavorativo diventano motivo di ansia, insoddisfazione e frustrazione.

A questo punto la domanda sorge quasi spontanea: e quindi cosa faccio? Cosa si può fare se sul posto di lavoro mi accorgo che qualcuno mostra segnali di difficoltà che da fuori sembrano simili al burnout? Per rispondere è necessario tenere conto che non possiamo sostituirci a chi si trova in difficoltà quando si parla di salute mentale. Una buona strategia può essere chiedere: “come posso aiutarti?”, “di che cosa hai bisogno?”. Lo stress, come abbiamo visto, è un fenomeno complesso in cui intervengono fattori individuali, fattori ambientali e fattori sociali.

A livello più globale poi, è possibile introdurre delle misure di contenimento e prevenzione sul luogo di lavoro che possono essere più focalizzate su interventi di tipo ambientale/sociale o più personali.

Strategie orientate all’ambiente:

  • Creare un ambiente di lavoro “sano”, in termini di gestione del tempo, dello stile di comunicazione, di leadership;
  • Riconoscere le prestazioni e le qualità dei lavoratori, ad esempio attraverso feedback e premi;
  • Investire sulla formazione dei manager.

Strategie orientate alla persona:

  • Ideare, pensare e offrire programmi specifici che possano accompagnare e sostenere il benessere dei gruppi più a rischio, ad esempio attraverso la formazione o il welfare;
  • Regolare il monitoraggio medico-psicologico, ad esempio attraverso il welfare con “check up a tema stress”.

*Psicologa in Magenta (MI)

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