DAL RETRIBUTIVO AL CONTRIBUTIVO: TRENT’ANNI DOPO Effetti, criticità e distorsioni della riforma Dini
di Francesco Mengucci*
Sono trascorsi ormai trent’anni dalla riforma pensionistica Dini (Legge n. 335/1995) che ha segnato il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Una trasformazione epocale, che oggi
mostra con chiarezza i suoi effetti e le sue criticità.
Uno dei punti centrali di tale riforma riguarda il massimale contributivo, applicabile ai cosiddetti “nuovi iscritti”, ovvero quei lavoratori che sono privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995. Per il 2025, tale massimale è fissato a 120.607 Euro: oltre questa soglia non si applica la contribuzione IVS (Invalidità, Vecchiaia, Superstiti). Tuttavia, la complessità si accentua in presenza di più rapporti lavorativi o carriere discontinue.
L’INPS ha introdotto nel 2024 l’applicativo PRISMA (PRospetto Informativo Sintentico Massimale), utile per verificare l’anzianità assicurativa del lavoratore e stabilire se il massimale sia applicabile o meno. I datori di lavoro devono prestare la massima attenzione alla corretta applicazione del massimale di legge, poiché eventuali errori di calcolo possono tradursi in perdite
significative di montante contributivo o addirittura, al contrario, in versamenti non dovuti per i quali si rischia anche la prescrizione in caso di una tardiva richiesta di rimborso.
Particolarmente delicato è il caso dei rapporti di lavoro simultanei o successivi all’interno dello stesso anno:
in questi casi le retribuzioni si sommano ai fini del massimale, rendendo indispensabile la comunicazione puntuale tra lavoratori e datori di lavoro, addirittura costringendo i professionisti incaricati a complicati calcoli e ad un continuo scambio di comunicazioni.
La classificazione dei lavoratori iscritti ad una forma di previdenza obbligatoria successivamente al 1996 può addirittura variare nel corso del rapporto. Non sono rari i casi, infatti, in cui i lavoratori provvedono a riscattare periodi di contribuzioni anteriori a quella data, mutando di fatto il loro status contributivo. Non tutti i lavoratori sono consci del fatto che è necessaria un’apposita comunicazione successiva ad esempio ad un’operazione di riscatto laurea, i cui anni si collocano anteriormente al 1996 (di fatto attivando contribuzione di tipo retributivo). Eventi come questo possono significativamente cambiare anche il costo del lavoro che era stato stimato al momento dell’assunzione.
Al termine della carriera lavorativa, possono sorgere difficoltà anche nei meccanismi di calcolo della pensione, poiché ad alcuni lavoratori è consentito rinunciare agli effetti del sistema retributivo (oggi di fatto sistema misto) e questo può comportare anche anticipi pensionistici, come avviene nel caso della c.d. “pensione anticipata in computo contributivo”.
Si aprono quindi nuove sfide per i consulenti che sono tenuti a conoscere i nuovi meccanismi di determinazione delle pensioni che ormai ci obbligano ad esaminare montanti contributivi, coefficienti di trasformazione ed anche gli effetti fiscali connessi.
Alcune opzioni possono cambiare in maniera sensibile l’importo dell’assegno mensile di pensione. Siamo quindi chiamati a valutare con attenzione il costoopportunità di alcune scelte.
Il Legislatore dovrebbe poi rivedere alcuni effetti palesemente distorsivi di questo importante cambio di paradigma previdenziale. Un caso eclatante è quello ad esempio delle pensioni che vengono liquidate con la maggiorazione contributiva per inabilità. Per legge, da un lato si maggiora la contribuzione dei lavoratori inabili fino a permetter loro di avere un maggior montante figurativo corrispondente ai sessant’anni di età, dall’altra si offre agli stessi un calcolo pensionistico basato su coefficienti di trasformazione legati all’età effettiva.
Si immagini il caso di un lavoratore divenuto inabile alla giovane età di quarant’anni: se da un lato questi ottiene una maggiorazione di montante fino al raggiungimento dell’ipotetica soglia dei sessant’anni, dall’altra si vede applicare un coefficiente di trasformazione notevolmente inferiore a quello che sarebbe spettato ad un lavoratore più anziano.
Effetti di mancata armonizzazione dei sistemi di calcolo pensionistico (dal retributivo al contributivo) possono produrre significative riduzioni nell’ammontare delle pensioni, soprattutto nei casi in cui una maggior tutela era nelle intenzioni del Legislatore.
*ODCEC Civitavecchia






