CLANDESTINA E NASCOSTA: ALLA SCOPERTA DELLA VIOLENZA ECONOMICA

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di Ivana De Michele*

Come purtroppo sappiamo, esistono vari generi di violenza: verbale, psicologica, digitale, economica e fisica; queste ultime in particolar modo collegate perché la dipendenza economica è una delle leve più forti all’interno di rapporti violenti. Tante donne non riescono a lasciare un compagno violento perché non hanno un lavoro e quindi non possono mantenersi da sole.

COS’È LA VIOLENZA ECONOMICA

La definizione più utilizzata identifica la violenza economica come “l’insieme dei comportamenti volti a controllare l’abilità della donna di acquisire, utilizzare e mantenere risorse economiche”

Ecco perché dobbiamo lottare contro questo tipo di violenza, subdola e non sempre riconoscibile, perché l’empowerment femminile si ottiene anche e soprattutto grazie all’indipendenza economica. Nasciamo con tutte le carte in regola per ricoprire qualsiasi lavoro, ma ancora oggi molte ragazze vengono cresciute nella convinzione che finanza, economia, matematica e tutto ciò che ha a che fare con i numeri e le scienze cosiddette dure, siano meno confacenti ad una donna. Con il risultato che non solo le laureate in materie Stem sono una minoranza, anche se sono quelle che chiudono prima il gender gap, ma che tantissime mogli e madri non hanno accesso alle proprie finanze, che vengono amministrate da partner talvolta gelosi, manipolatori e molto spesso violenti.

Non è un caso che le donne che trovano il coraggio di denunciare le violenze subite, spesso non abbiano lavoro, né soldi, né un luogo sicuro dove andare.

La violenza economica non si riferisce solo al controllo sulle risorse finanziare, ma include anche altri aspetti, come il controllo sul lavoro svolto dalla donna, sulla casa o altre proprietà. Un vero e proprio sopruso, che utilizza il denaro per creare una relazione di dominanza, dipendenza e sottomissione ai danni delle donne. L’instaurazione di questa dinamica parte molto spesso da comportamenti che non destano sospetti, ormai sfortunatamente radicati nella nostra cultura, che vedono la donna come estranea alle decisioni e alla gestione economica della famiglia, e sfociano in una vera e propria relazione di dipendenza dalla quale è difficile uscire.

Vediamo qualche esempio: bloccare la carta di credito senza consenso, opporsi all’apertura di un conto corrente personale, utilizzare senza consenso i soldi della partner, pretendere di gestire il denaro della moglie, controllare ossessivamente gli scontrini, scoraggiare o impedire che la partner accetti un’offerta di lavoro, costringerla a rinunciare al lavoro per occuparsi della casa, pretendere la comunione dei beni, impedire la possibilità di ottenere prestiti tramite pesanti debiti congiunti, costringere a ipotecare un bene di proprietà della donna come garanzia, sono solo alcuni dei tanti comportamenti tossici che costituiscono violenza economica e che possono rappresentare l’anticamera ad altri generi di violenza.

Le donne sono spesso svantaggiate nel mercato del lavoro, con salari più bassi rispetto agli uomini per la stessa posizione, e minori opportunità di avanzamento di carriera. Inoltre, molte donne si trovano intrappolate in lavori precari o informali, che le privano di sicurezza economica e stabilità finanziaria. Questa disparità salariale e l’accesso limitato ad un lavoro dignitoso, contribuiscono a mantenere le donne in posizioni di dipendenza economica, rendendole vulnerabili agli abusi e al controllo da parte del partner.

I dati parlano chiaro: il 27% delle donne che guadagna meno del proprio coniuge ha subito almeno una violenza economica da parte del partner, rispetto al 14% delle donne con un reddito equivalente a quello del compagno.

La disparità salariale sul lavoro (oggetto di studio di Claudia Goldin, premio Nobel per l’Economia 2023) ha pesanti ripercussioni sulla vita delle donne e sulle loro relazioni.

Diffondere una cultura di genere è sicuramente la base contro tutte le violenze.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Il problema della violenza economica è più diffuso nel nostro paese rispetto agli altri stati europei, tuttavia non è distribuito uniformemente sul territorio nazionale, ma si presenta con intensità molto diverse tra regioni, territori e settori di attività economica, perché influenzato da diversi fattori:

Disparità di genere e ruoli tradizionali – In alcune regioni italiane, i ruoli di genere tradizionali possono essere più radicati rispetto ad altre. Questo può influenzare le opportunità economiche disponibili per le donne e la loro dipendenza economica dagli uomini, aumentando il rischio di violenza economica in situazioni di controllo o coercizione finanziaria da parte del partner.

Accesso all’istruzione e al lavoro – Le donne, in alcune regioni, possono avere maggiori opportunità di istruzione e lavoro rispetto ad altre. Le regioni del Nord, ad esempio, offrono maggiori opportunità di istruzione e una maggiore presenza di donne nel mercato del lavoro rispetto al Mezzogiorno. Queste differenze possono influenzare la capacità delle donne di essere economicamente indipendenti e il rischio di essere vittime di violenza economica.

disponibili per le donne vittime di violenza economica possono variare da regione a regione. Alcune regioni hanno una maggiore presenza di centri antiviolenza, servizi di assistenza legale e reti di supporto per le donne in situazioni di difficoltà economica, mentre altre sono carenti in questo senso.

Fattori socio-economici – Le condizioni socio- economiche e la povertà possono influenzare il rischio di violenza economica sulle donne in diverse regioni. Le regioni con tassi più alti di povertà e disuguaglianza economica possono vedere un aumento dei casi di violenza economica, poiché le donne possono essere più vulnerabili a situazioni di sfruttamento e coercizione finanziaria.

I NUMERI

Per quanto riguarda i numeri è molto difficile avere dati certi perché questo tipo di violenza non viene quasi mai denunciata sul nascere, ma solo quando sfocia in situazioni più gravi.

Secondo l’Ocse si ha una situazione di dipendenza economica quando si verificano contemporaneamente tre condizioni:

  • la prima è che la persona dipendente economicamente non sia in grado di far fronte ad un evento inatteso;
  • la seconda condizione è che deleghi culturalmente la gestione del denaro a un’altra persona;
  • la terza condizione è non sapere se il proprio nucleo familiare ha degli impegni finanziari a lungo termine.

Secondo un sondaggio condotto da Ipsos a settembre 2023 su un campione di 1200 individui rappresentativo per età e area geografica della popolazione italiana e considerando le tre condizioni OCSE, il 22% delle donne italiane è economicamente dipendente. Non è così però nel resto dell’Europa: in Germania il 5%, come pure in Austria, in Slovenia il 7%, in Polonia il 10%.

Quasi il 49% delle donne intervistate ha dichiarato di aver subito nella vita almeno un episodio di violenza economica, il 67% tra le donne separate o divorziate, una donna su 10 dichiara che il partner le ha negato di lavorare, il 28% dichiara di aver subito decisioni finanziarie prese dal suo partner senza esserne stata consultata prima.

La situazione economica si aggrava nei casi di separazione o divorzio. Dopo la separazione o il divorzio si constata che il 61% delle donne riporta un peggioramento della condizione economica.

Il 37% delle donne separate o divorziate dichiara di non ricevere per niente la somma di denaro concordata per la cura dei figli, una donna separata o divorziata su quattro avverte difficoltà a trovare un lavoro con un salario sufficiente al suo sostentamento.

Dal rapporto annuale della rete dei centri antiviolenza, emerge che quasi una donna su tre tra quelle venute in contatto con i centri (30% tra disoccupate, casalinghe e studentesse) è a reddito zero.

Soltanto il 36,7% (tra occupate e pensionate) può contare su un reddito sicuro.

Le cause di queste alte percentuali sono molte: il maggior carico di cura familiare può costituire un fattore di rischio: in Italia per le donne prendersi cura della casa, a dispetto dell’accesso nel mondo del lavoro retribuito, incrementa la probabilità di essere vittima di violenza economica del 25,3%.

E’ importante notare come l’effetto preventivo dell’educazione, sia tradizionale che finanziaria, sia significativo; infatti avere una laurea riduce per le donne il rischio di violenza economica del 31,8%.

In conclusione la violenza economica è un fenomeno complesso, ma in parte ancora troppo sconosciuto e spesso sovrapposto ad altre forme di violenza. Gli abusi economici hanno una natura trasversale, quasi democratica, ma tendono a colpire maggiormente persone che subiscono forme cumulative di discriminazione, donne molto anziane o molto giovani e dal background migratorio; ma la violenza economica, come tutti gli altri tipi di violenza, ha radici ben precise nei sistemi socio culturali maschiocentrici e patriarcali. Per questo è necessario un approccio trasversale che sappia includere tanto misure specifiche e targettizzate, quanto stimolare una presa di coscienza collettiva.

Ricordiamoci sempre che la violenza economica contro le donne non è solo un problema individuale, ma una ferita sociale che richiede un impegno collettivo per guarire.

*Odcec Milano

*Vice Presidente CPO Odcec Milano

*Componente CPO nazionale per la Lombardia

 

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