PROCEDIMENTO DISCIPLINARE E TERMINI DA CONTRATTO COLLETTIVO: la Giurisprudenza interviene

di Stefano Ferri*

Una recentissima sentenza del Tribunale di Reggio Emilia in funzione di giudice del lavoro, in causa che mi ha visto quale difensore di parte datoriale, ha analizzato il procedimento disciplinare con riferimento ai termini fissati dai contratti collettivi nazionali di lavoro affermando un principio a mio parere di grande importanza e che consente riflessioni sull’operato quotidiano di studio.

La fattispecie trae le mosse dal ricorso presentato da un lavoratore che chiedeva che il Tribunale disponesse l’annullamento del licenziamento comminatogli al termine di procedimento disciplinare, dichiarando tenuta e condannando la società resistente alla riassunzione o al risarcimento del danno.

Le ragioni su cui si basava il ricorso non affondavano le loro radici nel merito, in quanto si trattava di vicenda nella quale il comportamento del dipendente giustificava la sanzione espulsiva, ma su aspetti meramente formali.

Infatti il lavoratore sosteneva che l’impresa, dopo una prima contestazione addebiti del 02 luglio 2022, fronteggiata da giustificazioni scritte del lavoratore in pari data, avrebbe tardivamente irrogato il licenziamento in quanto adottato il 18 luglio 2022 quindi, a dire del lavoratore, tardivamente.

Siamo nell’ambito di operatività del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro metalmeccanica artigianato relativamente al quale l’articolo 34 dispone che: “Le infrazioni al presente contratto e relative alle norme saranno punite:

  1. con richiamo verbale;
  2. con ammonizione scritta;
  3. con una multa fino ad un massimo di 3 ore di retribuzione;
  4. con la sospensione fino ad un massimo di 3 giorni;
  5. con il licenziamento ai sensi dell’articolo rubricato “Licenziamento per mancanze”.

I proventi delle multe e le trattenute che non rappresentino risarcimento di danno dovranno essere versati all’ INPS.

Il datore di lavoro non potrà adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Salvo che per il richiamo verbale, la contestazione dovrà essere effettuata per iscritto ed i provvedimenti disciplinari non potranno essere comminati prima che siano trascorsi 5 giorni, nel corso dei quali il lavoratore potrà presentare le sue giustificazioni. Tali giustificazioni si riterranno accolte se il provvedimento non verrà comminato entro: – 6 giorni successivi per il Settore Metalmeccanica ed Installazione di impianti; – 12 giorni successivi per il Settore Orafi, Argentieri ed Affini, Restauro Beni culturali e per il Settore Odontotecnica.”

In sostanza la parte ricorrente fa decorrere il termine di sei giorni, entro il quale irrogare il provvedimento, dal 02 luglio, data di presentazione delle giustificazioni, concludendo che il licenziamento del 18 luglio è tardivo in quanto è inutilmente spirato il termine indicato nel contratto oltre il quale le giustificazioni del lavoratore dovrebbero ritenersi accolte.

Ma il lavoratore omette un passaggio-chiave della vicenda in quanto, come da disposto letterale della previsione contrattuale, perché inizi a decorrere il citato termine è necessario che quelle prodotte dal lavoratore siano vere e proprie giustificazioni alla precedente contestazione disciplinare.

E’ quindi fondamentale effettuare un preventivo esame sullo scritto del lavoratore in quanto, per reggere la formale richiesta di annullamento del provvedimento disciplinare, deve essere qualificabile come giustificazione alla contestazione disciplinare. Nella fattispecie invece il documento è una “dichiarazione personale” in cui il ricorrente, senza fornire alcuna giustificazione, al contrario riconosce i fatti contestati, al fine di esonerare l’azienda da responsabilità nei confronti di terzi.

Stante la natura di tale documento, non si applica il citato articolo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro nel quale si stabilisce che, qualora il provvedimento non sia irrogato entro sei giorni dalle giustificazioni, le stesse si intendono accolte, sull’evidente presupposto che siano state presentate delle vere e proprie giustificazioni e non assunzioni di responsabilità.

Un altro elemento ha inciso nella fattispecie sull’applicazione dell’articolo 34 del contratto collettivo, in quanto il lavoratore ha formalizzato la comunicazione di risoluzione consensuale del contratto di lavoro annullandola il giorno stesso.

Dalla citata vicenda si possono trarre due insegnamenti per il quotidiano operare: il primo è che in sede di procedimento disciplinare si deve tenere in grande attenzione il contratto collettivo competente, verificando attentamente se vi sono termini iniziali o finali che lo caratterizzano.

Il secondo è che non tutti gli scritti che provengono dal lavoratore hanno valore di giustificazione attivando i termini contrattuali correlati, ma che è opportuno effettuare una preventiva analisi sul contenuto e sulla natura di quanto ricevuto dal dipendente destinatario di provvedimento disciplinare.

* ODCEC Reggio Emilia

 

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