L’APPRENDISTATO PER IL PRATICANTATO

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di Paolo Soro*

La novellata disciplina contrattuale dell’apprendistato per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche, di cui all’art. 32 del Ccnl 16/02/2024 studi professionali, impone un’esaustiva disamina, non solo di tipo meramente contrattuale.

Il d.lgs. 139/2005 (Costituzione dell’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili), all’art. 44 – Svolgimento del tirocinio professionale – comma 2, dispone che:

“Fatte salve le previsioni di cui all’articolo 2041 del codice civile, al tirocinante non si applicano le norme sul contratto di lavoro per i dipendenti di studi professionali”. Peraltro, appare evidente che tale previsione sia stata oggetto di una rilettura in termini di carattere generale, alla luce dell’entrata in vigore del successivo d.lgs. 81/2015 (Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni), che, al comma 1 dell’art. 45 – Apprendistato di alta formazione e di ricerca – ha stabilito:

“Possono essere assunti in tutti i settori di attività, pubblici o privati, con contratto di apprendistato … per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche, i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore o di un diploma professionale conseguito nei percorsi di istruzione e formazione professionale integrato da un certificato di specializzazione tecnica superiore o del diploma di maturità professionale all’esito del corso annuale integrativo”.

In applicazione di quest’ultimo disposto normativo, l’anzidetto Ccnl degli studi professionali, rinnovato il 16 febbraio 2024, dedica all’apprendistato l’intero titolo IX (artt. 27-34), rendendo così concretamente operative tutte le differenti fattispecie dell’istituto, relativamente agli aspetti di competenza dell’autonomia collettiva. Giova preliminarmente rappresentare che il Ccnl in parola disciplina compiutamente, oltre che – per l’appunto – l’apprendistato per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche ex art. 32, anche tutte le altre forme di apprendistato, quali: quello professionalizzante, quello per la qualifica e il diploma professionale, nonché l’apprendistato di alta formazione e di ricerca. Al riguardo, l’art. 28 dispone, senza possibilità di difformi interpretazioni, che tutte le predette forme di apprendistato sottostanno a una disciplina comune nel rispetto dei principi generali fissati dall’art. 42 del d.lgs. 81/2015. Con riferimento agli standard professionali, ad esempio, a tutti gli apprendisti (indipendentemente dal particolare tipo di apprendistato), si applicano i profili generali disciplinati dall’art. 24 del Ccnl, in funzione delle mansioni concretamente svolte.

Orbene, la possibilità di far svolgere ai tirocinanti la pratica professionale tramite un contratto di apprendistato che, evidentemente, rispetti tutti i criteri definiti per la validità del tirocinio professionale (durata minima, tipologia di attività formativa svolta, iscrizione del praticante nel Registro dei tirocinanti, etc.), viene come detto statuita in particolare dall’art. 32 del Ccnl. Con tale disposizione viene stabilito che il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche ha la funzione di consentire al praticante l’acquisizione di conoscenze culturali e professionali, nonché di apprendere i fondamenti pratici e deontologici della professione per garantire comunque la piena e corretta preparazione professionale e deontologica dell’aspirante professionista anche attraverso un’attività lavorativa all’interno dello studio professionale.

Di immediato, non può non riconoscersi come le potenzialità di questa specifica tipologia di apprendistato comportino rilevanti effetti sia per i tirocinanti che, più in generale, per gli studi professionali. La ristrutturazione pensata dal Ccnl – quanto meno in linea teorica– permette infatti di fornire una formazione di qualità adeguata alle esigenze e ai fabbisogni del Dominus dello studio e, allo stesso tempo, di anticipare l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro, senza pregiudizio delle ordinarie tutele stabilite a favore di qualunque lavoratore dipendente. Come anticipato, i requisiti soggettivi del praticante apprendista restano immutati: età compresa tra i 18 e i 29 anni, titolo di studio previsto per l’iscrizione al registro dei praticanti e l’accesso alla singola professione di interesse.

Il piano formativo sarà ovviamente coerente con i rispettivi ordinamenti professionali e la contrattazione collettiva nazionale, ex art. 5, comma 9, d.l. 12/10/2015. A tal fine, il Dominus sottoscrive apposito protocollo con l’istituzione competente, tenendo presente che la durata minima della formazione teorica e pratica (interna ed esterna) non può comunque essere inferiore a 300 ore. Si ricorda che la durata del rapporto di apprendistato è pari al periodo di praticantato previsto per la singola professione ordinistica per l’ammissione all’esame di Stato e non può essere in ogni caso inferiore ai sei mesi. Il Piano Formativo Individuale viene firmato (per accettazione e ricevuta) pure dal tirocinante, contiene i nominativi del tutor formativo e del tutor aziendale, stabilisce il contenuto e la durata della formazione del percorso dell’apprendistato, la qualificazione da acquisire al termine del percorso e il livello di inquadramento contrattuale dell’apprendista. Per quanto attiene alla figura del tutor, si ricorda che, così come stabilito dall’art. 42, comma 5, lett. c), d.lgs. 81/2015, il Ccnl degli studi professionali dispone l’obbligo di nominare all’avvio dell’attività formativa un tutor interno per l’apprendistato.

La funzione del tutor può essere svolta in via alternativa:

  • dal titolare dello studio professionale
  • da altro professionista dello studio professionale
  • da persona diversa dalle prime, a tal fine delegata, che ricopra la qualifica professionale individuata nel piano formativo e che possieda competenze adeguate e un livello di inquadramento pari o superiore a quello dell’apprendista.

Il tutor ha il compito di sovraintendere alla corretta attuazione del programma formativo. A tal fine, al termine di ogni anno di apprendistato, è tenuto a incontrare l’apprendista per un colloquio volto a verificare lo sviluppo delle capacità professionali e personali del lavoratore, le difficoltà eventualmente incontrate nell’esecuzione del contratto di apprendistato e i possibili miglioramenti da adottarsi nel restante periodo di apprendistato.

Restando in tema di formazione, corre l’obbligo di dar conto che detta formazione professionale – secondo quanto previsto dal Ccnl – può essere invero erogata, oltre che dal tutor, anche da strutture esterne accreditate per la formazione continua presso la Regione o la Provincia autonoma, o riconosciute da Ebipro o da Fondoprofessioni.

Per quel che vale, il nostro giudizio in proposito è fortemente critico, posto che le mansioni del tutor sono in tutto e per tutto equivalenti all’attività di formazione teorica e pratica abitualmente svolta dal Dominus dello studio. Pertanto, ammettere differenti figure abilitate a fungere da tutor, è una scelta che lascia alquanto perplessi, posto che significa snaturare integralmente la ratio stessa del praticantato professionale.

Parlando di Fondoprofessioni, peraltro, si valuta favorevolmente la circostanza che, recependo la possibilità concessa dall’art. 42, comma 5, lett. d), d.lgs. 81/2015, il Ccnl degli studi professionali ammetta espressamente la possibilità di concorrere al finanziamento dei percorsi formativi aziendali degli apprendisti per il tramite di Fondoprofessioni.

Quanto alla forma contrattuale, la lett. A dell’art. 28 del Ccnl dispone che il contratto di apprendistato sia redatto in forma scritta. La forma scritta non è peraltro richiesta ad substantiam, ma ai soli fini probatori (comma 1, art. 42, d.lgs. 81/2015). Di tal guisa che, una sua eventuale mancanza rileva in sede giudiziale, ma non pregiudica l’efficacia giuridica del contratto. Considerata l’applicazione analogica delle disposizioni esistenti in materia, più in generale si raccomanda comunque la forma scritta ad probationem di qualunque accordo di tirocinio per motivazioni di ordine anche e soprattutto fiscale (eventuali contestazioni circa i costi direttamente detraibili).

Continuando con l’analisi degli aspetti puramente contrattuali, il comma 3, lett. A, art. 28, Ccnl, prevede che i periodi di apprendistato effettuati presso diversi datori di lavoro possano essere cumulati laddove ricorrano, congiuntamente, le seguenti condizioni:

  • medesimo profilo professionale
  • addestramento riferito alle stesse mansioni
  • interruzione in ogni caso complessivamente non superiore a 12 mesi

Il periodo di apprendistato può essere svolto anche a tempo parziale, purché la percentuale lavorativa effettiva non sia inferiore al 60% rispetto all’orario ordinario di lavoro annuale e, comunque, sempre che non vi sia alcuna diminuzione del carico formativo.

Inoltre, in ossequio al disposto dell’art. 42, comma 7, d.lgs. n. 81/2015, il numero complessivo di apprendisti che possono essere assunti dal datore di lavoro, direttamente o indirettamente per il tramite delle agenzie di somministrazione autorizzate, non potrà superare il rapporto di 3 a 2, con riferimento al personale specializzato/qualificato, impiegato con contratto di lavoro subordinato. Il predetto rapporto non potrà comunque superare il 100%, per i datori di lavoro che occupano meno di dieci dipendenti. È, poi, in ogni caso esclusa la possibilità di utilizzare apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato. Pertanto, quel dominus che non abbia alle proprie dipendenze lavoratori qualificati o specializzati, o che comunque ne abbia in numero inferiore a tre, non potrà assumere più di tre apprendisti.

Una parte rilevante della disciplina comune è dedicata dal Ccnl alla regolamentazione di periodo di prova. Come noto, il comma 1 dell’art. 2096 c.c. consente alle parti di prevedere per iscritto, anteriormente o contestualmente alla stipula del contratto di apprendistato, un periodo di prova nel corso del quale verificare la reciproca convenienza alla prosecuzione del rapporto. Durante il periodo di prova, ciascuna delle parti ha il diritto di risolvere il rapporto senza preavviso e senza giustificazione alcuna, con la corresponsione di tutti gli istituti contrattuali, compreso il trattamento di fine rapporto.

Il Ccnl precisa che la durata massima di tale periodo, per tutte le tipologie di apprendistato, deve essere determinata tenendo conto della durata del contratto, del profilo professionale e del livello di inquadramento finale e non può in ogni caso superare:

  • 60 giorni di lavoro effettivo, per i lavoratori inquadrati ai livelli IV e IV/S
  • 90 giorni di lavoro effettivo, per i restanti livelli e qualifiche

A tal proposito, è doveroso ricordare che la previsione generica del codice civile appena sopra richiamata, incontra in realtà un limite rilevante nel costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la quale considera illegittimo il comportamento del datore di lavoro che eserciti il potere di recesso prima di aver effettivamente verificato le capacità professionali del lavoratore, o qualora il periodo di prova risulti obiettivamente insufficiente a verificare le capacità del prestatore, o conseguentemente all’esito negativo della prova in relazione a mansioni diverse rispetto a quelle pattuite. Diventa, dunque, di particolare importanza – oltre al resto – verificare pure che le mansioni indicate nel patto di prova siano corrispondenti a quelle realmente svolte e comunque non recedere dal contratto prima di aver ultimato un congruo periodo di lavoro all’interno del periodo di prova concordato.

È altresì illegittimo il licenziamento intimato durante il periodo di prova, se i reali motivi sono illeciti o comunque estranei al rapporto di lavoro, spettando però in tal caso al lavoratore l’onere della prova al riguardo. Nel caso in cui il recesso risulti illegittimo, il lavoratore avrà il diritto di terminare la prova.

Compiuto il periodo di prova, l’assunzione diviene definitiva; in tal caso, detto periodo di prova si computa ai fini dell’anzianità di servizio dell’apprendista.

Per quanto concerne il recesso dal contratto di apprendistato, il Ccnl (in osservanza dell’art. 42, comma 3, d.lgs. 81/2015) vieta la risoluzione del rapporto durante il periodo di formazione in assenza di giusta causa o di giustificato motivo: in caso di recesso si applica l’art. 18, legge 300/1970 e ogni altra tutela prevista dalla vigente normativa.

Viceversa, allo scadere del periodo di apprendistato, le parti possono recedere liberamente dal contratto, con preavviso decorrente dal medesimo termine: in sostanza, il preavviso si comunica l’ultimo giorno di apprendistato e si computa a seguire da tale data, oltre la quale non è più esercitabile la facoltà di recesso. Nel corso del periodo di preavviso, continua ad applicarsi la disciplina del contratto di apprendistato. Per contro, se nessuna delle due parti recede, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Gli aspetti di maggiore importanza, peraltro, attengono di sicuro all’articolazione retributiva, di regola ancorata al presumibile grado di apprendimento dell’apprendista. Al riguardo, l’art. 42, comma 5, lett. b), d.lgs. 81/2015 attribuisce al datore di lavoro la facoltà di inquadrare il lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto a quello spettante ai dipendenti addetti a mansioni simili a quelle al cui conseguimento è finalizzato il contratto in applicazione del Ccnl, ovvero di stabilire la retribuzione in misura percentuale e proporzionata all’anzianità di servizio. Ebbene, la lett. C, art. 28, Ccnl, stabilisce che il trattamento economico degli apprendisti debba essere determinato in misura percentualizzata rispetto al livello di inquadramento, tenuto conto dell’anzianità di servizio e di particolari parametri variabili in base alla tipologia di apprendistato. Ovviamente, permane il divieto assoluto di retribuire l’apprendista a cottimo. Per quanto concerne la fattispecie per cui si scrive, occorre rilevare che l’art. 45 del d.lgs. 81/2015 ricomprende l’apprendistato per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche all’interno della macro-area dell’apprendistato di alta formazione e ricerca. Pertanto, all’apprendistato per il praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche (che talune regioni hanno già provveduto a rendere operativo) risulterà applicabile anche la medesima progressione retributiva prevista per l’apprendistato di alta formazione e ricerca.

Vale inoltre la pena ricordare che i livelli retributivi fissati dal Ccnl rappresentano uno standard minimo garantito all’apprendista; peraltro, nulla vieta al Dominus dello studio di accordare un trattamento migliorativo, in applicazione del principio del favor laboris.

La tabella retributiva applicabile agli apprendisti/ tirocinanti sarà dunque la seguente:

  • per i primi 12 mesi = 40%
  • per i mesi successivi e fino a 24 mesi = 50%
  • per gli eventuali mesi successivi e fino al termine= 60%.

A questo punto, giova però svolgere lo sguardo agli aspetti assicurativi e previdenziali.

Il contratto di apprendistato per il praticantato prevede:

  • La copertura del rischio di infortuni sul lavoro e l’iscrizione del tirocinante (apprendista) presso l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), con pagamento dei premi a carico del Dominus (datore di lavoro);
  • La copertura previdenziale obbligatoria garantita dall’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps), con le modalità stabilite per i contratti di apprendistato, con contributi a carico sia del Dominus (datore di lavoro) sia del tirocinante (apprendista).

Rimanendo su quest’ultimo punto, pare superfluo ricordare che il c.d. cuneo previdenziale afferente agli apprendisti è particolarmente ridotto rispetto a quello concernente gli altri dipendenti. Nello specifico, l’Inps (Messaggio 3618 del 17 ottobre 2023) ha avuto modo di precisare che, con riguardo agli obblighi contributivi a carico del datore di lavoro con numero di addetti pari o inferiore a 9, la complessiva aliquota del 10% a carico dei medesimi datori di lavoro è ridotta in ragione dell’anno di vigenza del contratto e limitatamente ai soli contratti di apprendistato di 8,5 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel primo anno di contratto e di 7 punti percentuali per i periodi contributivi maturati nel secondo anno di contratto, restando fermo il livello di aliquota del 10% per i periodi contributivi maturati negli anni di contratto successivi al secondo.

Dunque, la contribuzione dovuta dai datori di lavoro con un numero di addetti pari o inferiore a 9 è fissata secondo le misure crescenti dell’1,50% (nei primi 12 mesi), del 3% (dal 13° al 24° mese) e del 10% (dal 25° mese). Tuttavia, a partire dal 25° mese, l’aliquota viene ridotta al 5%, ai sensi dell’articolo 32, comma 1, lettera b), d.lgs. 150/2015. Occorre poi tener conto del fatto che le assunzioni con contratto di apprendistato, in applicazione dell’articolo 32, comma 1, lettere a) e c), stesso decreto appena sopra richiamato, non sono soggette alla disciplina del contributo di licenziamento, di cui all’articolo 2, commi 31 e 32, della legge 92/2012 (c.d. ticket di licenziamento), e sono esonerate dal versamento della contribuzione di finanziamento dell’ASpI e dal contributo integrativo di cui all’articolo 25, quarto comma, legge 845/1978 (pari complessivamente all’1,61% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali). Si ricorda, tuttavia, che i benefici contributivi predetti sono sempre riconosciuti nei limiti dello stanziamento previsto dal legislatore. Relativamente ai vari adempimenti richiesti dalla vigente normativa del lavoro, si ricordano a titolo esemplificativo:

  • applicazione della normativa in materia del lavoro, previdenziale, assicurativa;
  • costituzione del rapporto di lavoro in forma scritta contenente tutte le informazioni obbligatorie di legge;
  • piano formativo individuale;
  • iscrizioni Inps/Inail;
  • comunicazioni al centro per l’impiego (Unilav);
  • iscrizione sul Libro Unico del Lavoro (LUL);
  • elaborazione prospetto mensile della retribuzione (busta paga);
  • versamento oneri contributivi e infortunistici mediante il Modello F24;
  • gestioni eventuali stati di malattia, maternità, infortuni, congedi, aspettative, ;
  • certificazione unica annuale (parte contributiva);
  • dichiarazione datore di lavoro / Dominus quale sostituto d’imposta: Modello 770 (parte settore lavoro);
  • gestione previdenza complementare.

Pare altresì appena il caso di ricordare che, di regola, i tirocinanti viceversa non sottostanno, né all’iscrizione Inps, né all’assicurazione Inail, né – conseguentemente– a tutti i correlati adempimenti che ne derivano.

In ottica tributaria, infine, l’apprendista è un lavoratore che rientra a tutti gli effetti (di legge e di contratto) tra il personale dipendente del Dominus; ergo, un soggetto che percepisce redditi di lavoro dipendente e che, in quanto tale, subisce le trattenute previste dalla legge sulla retribuzione. Di conseguenza, non ci si trova più nell’alveo dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (art. 50, Tuir) cui sono assoggettati i compensi qualificati come borsa di studio previsti a favore dei tirocinanti, ma in quello dei redditi di lavoro dipendente sic et simpliciter (art. 49, Tuir), con tutto ciò che questo comporta anche in ottica welfare, fringe benefit, premi di produttività, rimborsi spese documentati, indennità di trasferta, fondi integrativi, trattamenti pensionistici, etc.

I compensi erogati ad apprendisti/praticanti, infatti, sono inquadrati al pari di qualunque compenso retributivo pagato dal Dominus ai lavoratori subordinati in forza. Orbene, tenuto conto che trattasi di una disciplina comune, non sembra necessario illustrare quali siano gli adempimenti fiscali connessi all’instaurazione di rapporti di lavoro dipendente all’interno dello studio; in ogni caso, se ne ricordano qui di seguito i principali, in sede di conclusioni al presente contributo:

  • modello di pagamento F24 telematico mensile per le ritenute effettuate (16 del mese successivo a quello di riferimento);
  • certificazione unica annuale (16 marzo dell’anno successivo a quello di riferimento);
  • predisposizione e trasmissione telematica del Modello 770 annuale (31 ottobre dell’anno successivo a quello di riferimento).

*Odcec Roma

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